T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 26-07-2011, n. 6682

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente, avente sede legale in Salerno alla Via Luigi Guercio n. 182, gestisce una struttura scolastica – denominata "Istituto R. Kennedy" – già titolare di decreto di parificazione per taluni corsi scolastici.

Con istanza del 27.3.2010, parte ricorrente ha richiesto al Direttore Generale per la Campania il riconoscimento (o l’estensione) della parità anche per altro corso, in specie Istituto Professionale – Indirizzo Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera – orario pomeridiano.

Con decreto prot. 11573 del 30.6.2010 il Direttore Generale concedeva la parificazione, ma limitandola alla sola 1° classe peraltro confermata dal. successivo decreto dirigenziale n. 37/S2.

Con il ricorso in esame parte ricorrente impugna in parte qua il disposto diniego deducendo le seguenti doglianze:

I- VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 1, L. 10.3.2000, n. 62. D.M..11.07, n. 267 o Decreto Ministro dell’Istruzione n. 83 del 10.10.2008) o ECCESSO DI POTERE (abnormità. iIIogicità. perplessità. sviamento). ECCESSO DI POTERE (difetto ed erroneità della motivazione – erroneità dei presupposti carenza di istruttoria).

Relativamente agli Istituti Professionali, in applicazione del D.L. 112/08 (convertito dalla legge n. 133/08), è stato emanato il D.P.R. 15.3.2010 recante il relativo regolamento.

Gli Istituti Professionali – caratterizzati per una solida base di istruzione generale e tecnico/professionale, tale da consentire agli studenti di sviluppare, in una dimensione operativa, saperi e competenze necessari per rispondere alle esigenze formative nel settore produttivo d riferimento (art. 2) – si articolano su percorsi formativi di durata quinquennale ed agiscono nell’ambito del settore servizi (art. 3) e del settore industria ed artigianato (art. 4).

Per quello che riguarda il caso di specie trattasi del settore servizi, indirizzo per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera.

Il Decreto prevede anche un passaggio graduale al nuovo ordinamento (art. 8), con confluizione degli attuali istituti professionali in quelli previsti dal regolamento a partire dall’anno scolastico 2010/2011 e dalla prima classe; per quelle successive (2A e 3A classe) è prevista la prosecuzione dei percorsi secondo il previgente ordinamento (con progressivo assorbimento nel nuovo ordinamento).

Per le classi 4A e 5A funzionanti a partire dall’anno scolastico 2010/2011 e sino alla messa a regime dell’ordinamento di cui al citato regolamento l’area di professionalizzazione è sostituita con 132 ore di attività in alternanza scuola lavoro.

Il regolamento, dunque, ha previsto in modo puntuale e completo le modalità di passaggio tra vecchio e nuovo ordinamento, non lasciando zone d’ombra che non rendano possibile – nei prossimi cinque anni – la convivenza tra i due ordinamenti.

Appare evidente – come era logico – che l’applicazione del nuovo ordinamento è progressiva, investendo per l’anno scolastico 2010/2001 solo la prima classe, mentre per il resto – in ragione della peculiarità della formazione professionale – sono stati disposti i necessari accorgimenti per consentire la prosecuzione con il vecchio ordinamento e, nel contempo, garantire un percorso di studi quinquennali.

La disposizione, peraltro, non fa alcuna distinzione tra istituti scolastici già esistenti e quelli in via di istituzione, avendo cura ovviamente di dare preminenza all’aspetto sostanziale, ovvero che – per cinque anni – i due ordinamenti debbono necessariamente convivere.

Da ciò consegue l’abnormità dei provvedimenti adottati dalla Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, con la limitazione della parificazione alla sola 1° classe.

Tale limitazione, assolutamente priva di motivazione, non può trovar ricetto neppure nella nota (a quanto è dato comprendere, non è neppure una circolare) del Direttore Generale prot. 2025 del 16.3.2010 (e nelle successive esplicazioni della Direzione Scolastica Regionale), palesemente violative di tutte le disposizioni normative esistenti in materia di parificazione.

Come chiarito, il plesso ordinamentale di specie è costituito dalla L. 62/2QOO, dal D.M. 267/2007 e dal decreto ministeriale n. 83 del 10.10.08.

In alcuna delle tre invocate disposizioni vi è traccia di una possibile limitazione d’ufficio (e non a richiesta di parte) della parificazione alla sola prima classe.

Anzi, il sistema privilegia il contrario ed incentra – quanto al riconoscimento – l’attività di indagine (attraverso l’accertamento del possesso dei requisiti) sulle capacità dell’"Istituto" di essere paritario, ovvero di essere in grado di "contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola" (punto 2.3 linee guida).

E per tal fatta è previsto che il riconoscimento debba specificare per quale ordine e grado di scuola e per quali corsi (e non semplicemente classi) è riconosciuta la parità.

La parità assegna, dunque, una funzione all’Istituzione Scolastica privata e verifica la sussistenza di tutti i requisiti affinché essa sia in grado – nell’ambito dell’intero corso richiesto – di contribuire ad assicurare la finalità dell’istruzione.

D’altra parte, se il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria (dunque, l’intera istituzione in sé considerata) nel sistema nazionale di istruzione, salvo l’ipotesi che sia stato il gestore a richiedere per i corsi di nuova istituzione la parificazione solo a partire dalla prima classe, non può esservi dubbio che tale riconoscimento (punto 2.3 delle linee guida) debba garantire anche e completamente l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati dalle scuole statali.

E per dare concretezza a tali principi è necessario proprio il contrario rispetto a quanto fatto dalla Direzione Regionale: solo con l’estensione della parificazione all’intero corso di studi – come ordinariamente richiesto (si cfr. art. 1, comma 6, lett. f); art. 2, comma 3; art. 4, comma 1, letto d), D.M. 267/07 – punto 3.3; punto 3.4, letto f; punto 4.2; punto 4.6, decreto 83/08) – è possibile garantire tutti gli effetti della parificazione ed equiparare i diritti e i doveri degli studenti.

Se l’Istituzione è stata ritenuta idonea, non vi è ragione di limitare la parificazione ad una sola classe, non consentire l’equiparazione dei diritti e doveri anche per gli studenti che frequentano le classi superiori, non poter far sostenere a quelli dell’ultima classe l’esame di stato ovvero non poter rilasciare a costoro titoli di studio aventi gli stessi effetti legali. Se concorrono – come nella specie – le condizioni per ritenere paritario l’Istituto, la parificazione – salvo diversa istanza presentata dal gestore – si estende all’intero corso, a prescindere se lo stesso sia o meno di nuova istituzione.

Né si può ritenere che ai soprarichiamati principi – diretta conseguenza del complesso normativo in materia – si debba o si possa far deroga per effetto della sopravvenienza del nuovo ordinamento scolastico.

Il nuovo ordinamento – all’evidenza – non incide sulla parificazione, ovvero sulla capacità delle Istituzioni scolastiche private a contribuire alla realizzazione della finalità dell’istruzione, ma sulla didattica, sul piano dell’offerta formativa e sulla tipologia di insegnamento.

Tutte le organizzazioni scolastiche (sia pubbliche che private, sia già in attività o di nuova istituzione) avranno da affrontare il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento: e proprio per questo è stato previsto un regime transitorio capace -nel corso del prossimo quinquennio – di garantire la piena applicazione del nuovo ordinamento.

In tal fatta, non si è in grado di comprendere, né logicamente è spiegabile, perché il regime transitorio previsto dall’art. 8 del D.P.R. 15.3.2010 debba valere per tutti ma non per i corsi parificati di nuova istituzione.

La norma non interferisce assolutamente nei profili della parificazione: impone, come giusto e necessario che sia, che le prime classi degli istituti confluiscano nei nuovi percorsi formativi professionali, mentre per le altre (2" e 3") si prosegua ad esaurimento con i percorsi in atto, con sostituzione – nelle quarte e quinte classi e fino alla messa a regime del nuovo ordinamento – dell’area di professionalizzazione con 132 ore di alternanza scuola lavoro.

L’Istituto R. Kennedy è stato ritenuto idoneo quanto a strutture e a tutto il resto per l’intero corso: dunque, è nelle condizioni materiali e giuridiche per poter svolgere per intero il corso di studi e – al pari di tutte le altre istituzioni – sarà tenuto a svolgere attività didattica per la prima classe secondo il nuovo ordinamento, mentre per la 2" e 3" lo dovrà fare secondo il vecchio ordinamento e per la 4" e 5" secondo il regime transitorio previsto dall’art. 8, comma 3°, del D.P.R. 15.3.20\9" salvo il progressivo adeguamento al nuovo ordinamento anche per queste classi.

D’altra parte, qualora in questi anni dovesse essere istituito un nuovo istituto professionale statale (ad esempio, per ragioni demografiche) è inimmaginabile che ciò avvenga solo per le classi in cui potrà essere svolto il nuovo ordinamento; l’istituzione avverrà per il corso completo, con riferimento al nuovo e vecchio ordinamento secondo l’anno di apertura.

Si ripete, la distinzione tra nuovo e vecchio ordinamento attiene alla didattica; la parificazione, invece, alla capacità (verificata ed accertata) dell’Istituzione privata di essere idonea alla realizzazione della finalità dell’istruzione, finalità che sarà raggiunta – alla stregua di tutte le altre istituzioni – seguendo la linea di demarcazione tra nuovo e vecchio ordinamento, così come posta dall’art. 8 del D.P.R. 15.3.2010.

La limitazione imposta alla parificazione solo per la classe prima ovvero con sviluppo graduale in ragione dell’applicazione. del percorso di studi previsto dal nuovo ordinamento è del tutto illegittima, oltre che abnorme, e non trova riscontro ordinamentale nel complesso normativo disposto in materia di parificazione.

Per tal fatta, i provvedimenti del Direttore Generale per la Campania vanno, per quanto di interesse e di ragione, annullati, in uno – se necessario – alla nota/circolare del Ministero dell’Istruzione prot. 2025 del 16.3.2010 e alle susseguenti disposizioni dell’Ufficio Scolastico Regionale, che – nella gerarchia delle fonti – sono sicuramente sott’ordinate non solo alla L. 62/2000 ma anche al D.M. 267/07 e al decreto 83/08.

II. VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 1, L. 10.3.2000, n. 62- D.M. 29.11.07, n. 267 o Decreto Ministro dell’Istruzione n. 83 del 10.10.2008 o art. 41 Cost.) o ECCESSO DI POTERE (abnormità o iIIogicità o perplessità o sviamento) o ECCESSO DI POTERE (difetto ed erroneità della motivazioneo erroneità dei presupposti. carenza di istruttoria).

Ai sensi del punto 1.3 delle linee guida, le scuole paritarie possono essere gestite da persone fisiche, da enti con o senza personalità giuridica, senza fini di lucro o con fini di lucro (art. 1, comma 636, L. 27.12.2006, n. 296).

La società ricorrente – ente commerciale con fini di lucro – ha inteso quale oggetto sociale svolgere attività nel campo dell’istruzione, avendo ovviamente come obiettivo anche quello di realizzare un giusto guadagno.

In tale ambito, in ragione anche del principio costituzionale della libera iniziativa economica privata ( art. 41 Cost.), spetta al gestore stabilire le modalità di svolgimento della sua attività imprenditoriale, senza che essa possa ricevere limitazioni se non espressamente previste dalla legge.

E così, spetta al gestore stabilire se – in caso di istituzione di un nuovo corso – voglia attuarlo per intero (per tutte e cinque le classi) ovvero a partire dalla prima.

Sarà questa una sua libera scelta dettata da ragioni di strategie imprenditoriali ovvero da valutazioni economiche o di altra natura che possano incidere sulle sue determinazioni finali.

D’altra parte, agendo per fini di lucro – soprattutto laddove sia società commerciale – l’imprenditore è tenuto a rendere valutazioni anche economiche e non possono essergli "imposte" perdite di gestione, meno che meno da provvedimenti amministrativi, che peraltro – come nella specie – non hanno alcun fondamento nel plesso ordinamentale che disciplina la parificazione scolastica.

E’ di tutta evidenza infatti che – con costi di gestione fissi e non modificabili a prescindere dal numero di classi parificate – dover attendere ben cinque anni per pervenire al regime pieno, significa accumulare perdite di esercizio certe, che non trovano riscontro in alcuna logica né economica né giuridica né ordinamentale (basti considerare che per l’anno scolastico 2010/2011, la società dovrebbe far fronte agli ingenti costi solo con gli introiti degli iscritti alla prima classe). Viceversa, nel caso in parola, rese le proprie valutazioni economiche, la società ha richiesto l’attivazione dell’intero corso di studio dell’istituto professionale: la Direzione Scolastica Regionale non poteva operare sua sponte – alcuna limitazione (perché non richiesta), ma era tenuta esclusivamente a verificare la sussistenza delle condizioni previste dall’ordinamento per parificare l’Istituto anche per il corso di studi richiesto.

Le condizioni sono state verificate, ritenute esistenti e, per tal fatta, è stata attribuita la parificazione: la limitazione imposta viola, pertanto, anche la libera attività di impresa, ben potendo la società – come già ampiamente chiarito nel precedente motivo di ricorso – svolgere l’intero corso di studi secondo le regole dettate dall’art. 8 del D.P.R. 15.3.2010 per il regime transitorio.

Si costituisce in giudizio l’Amministrazione resistente che nel controdedurre alle censure di gravame, chiede la reiezione del ricorso.

Motivi della decisione

Fondato ed assorbente si rivela il primo e secondo motivo di gravame con il quale parte ricorrente lamenta la violazione dell’art.1, comma 4 L. 10.3.2000, n. 62 del D.M..11.07, n. 267 e del Decreto Ministro dell’Istruzione n. 83 del 10.10.2008 per eccesso di potere per difetto di motivazione, restando assorbite le ulteriori doglianze.

Ed invero osserva il Collegio che già questa Sezione con ordinanza n. 05486/2010 ha avuto modo di evidenziare la "carenza di adeguata motivazione dell’atto impugnato sotto il profilo del riesame…in considerazione della " non desumibilità, prima facie, dal provvedimento impugnato e dagli atti del relativo procedimento, allo stato depositati in giudizio, che le circostanze fattuali e le ragioni giuridiche indicate nei motivi di ricorso, siano state valutate dall’Amministrazione al fini dell’emanazione del provvedimento impugnato..".

A tale obbligo di riesame l’Amministrazione risulta inadempiente.

Nella specie, infatti, giustamente parte ricorrente evidenzia come l’amministrazione riconosca la parità alla sola classe prima, nulla riferendo in merito all’attivazione delle altre classi, adottando un provvedimento del tutto privo di motivazione con il quale, in risposta all’istanza presentata, offre una disciplina del tutto parziale, relativa alla sola prima classe del corso, senza alcuna statuizione in ordine alle restanti classi, con la conseguenza che sfugge l’iter logico seguito dall’Amministrazione nell’adozione del provvedimento impugnato con il quale l’amministrazione, pur in presenza di un corso completo, ha negato la parità richiesta, ciò in aperta violazione delle disposizioni di legge.

Né il mero richiamo, nelle premesse del provvedimento impugnato, della Circolare MIUR prot.n.2025 del 16/03/10, costituisce idoneo elemento di supporto motivazionale, tenuto conto delle statuizioni contenute nell’art.1/bis della L.n.27/06 e nell’art.1, comma 4, della L.n.62/2000 che così dispone:"La parità è riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti, si…..impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dai commi 2 e 3 "……f) l’organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi. tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima c1asse"; il che implica la statuizione di un principio generale della necessità per la parità scolastica di soddisfare l’esigenza della completezza dei corsi in via preminente rispetto a quella delle singole classi.(cfr. Consiglio di Stato, VI Sezione, 12/06/07,.Ordinanza n.3020; TAR Lazio, Sez. III Quater, 28/03/07, ordinanza n.1438).

Né hanno rilievo le doglianze di parte ricorrente tese a censurare l’atto impugnato per violazione di legge in quanto atto applicativo della richiamata circolare precisante che:

– " Tutte le istituzioni scolastiche di istruzione secondaria paritarie, al pariodelle istituizioni statali: a partire dall’anno scolastico 2010/11, confluiscono nel nuovo ordinamento e possono attivare solo classi prime relative ai nuovi Percorsi previsti dal nuovo ordinamento. Le classi attualmente funzionanti proseguiranno invece il percorso scolastico secondo il previgente ordinamento, fino al graduale esaurimento dei corsi’.;

– "Le scuole secondarie di II grado già funzionanti come non paritarie, o quelle che avvieranno l’attività dall’anno scolastico 2010/11, invece, potranno essere autorizzate al funzionamento della sola classe prima. a sviluppo graduale. di un percorso di studi previsto dai nuovi ordinamenti."

Devesi infatti osservare che sotto tale profilo la circolare di cui si controverte non assume veste di atto di normazione secondaria ma di mera circolare interpretativa che in quanto tale risulta inidonea a modificare le statuizioni normative contenute nelle norme di rango primario.

Ed invero osserva il Collegio che le norme sulla parità scolastica sono dettate dalla Legge 10.3.2000, n. 62 che individua i requisiti ed i criteri per ottenere il riconoscimento da parte dello Stato.

Maggiori dettagli in ordine al sistema nazionale di istruzione, alle scuole paritarie, all’istanza di riconoscimento e al mantenimento delta parità sono offerte dal D.M. 29.11.2007, n. 267 e dal decreto ministeriale n, 83 del 10.10.08, che approva le relative linee guida.

Tale ultimo decreto, in primo luogo (punto 1.1), stabilisce che "il principio costituzionale della libertà di educazione trova realizzazione attraverso le scuole statali, le scuole riconosciute paritarie, le scuole non paritarie di cui al Regolamento di cui al D.M. n. 263 del 29 novembre 2007 e le scuole straniere ".

Definisce, poi, "scuole paritarie" (punto 2.1) quelle coerenti con gli ordinamenti generali dell’istruzione e che posseggono, i requisiti fissati dalla legge 10 marzo 2000 n. 62.

Al punto 2.3 del decreto è specificamente indicato che "Il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce 1’equiparazione de diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità d. svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo d istruzione, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali ".

Sulla base di tali linee guida, non è possibile il riconoscimento di singole classi (punto 4.6), salvo che il gestore – per quelle di nuova istituzione – non faccia richiesta di partire dalla prima; infatti, il provvedimento di riconoscimento (punto 4.2) – in ogni caso – deve specificare per quale ordine e grado di scuola e per quali corsi è riconosciuta la parità ed ha effetto dall’inizio dell’anno scolastico successivo a quello in cui è stata presentata la relativa domanda.

I principi testè riportati sono coerenti al Decreto Ministeriale 29.11.2007, n. 267, contenente il regolamento per la disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento (art. 1, comma 6, lett. f).

Quanto agli Istituti Professionali (nel il caso di specie trattasi del settore servizi, indirizzo per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera)., in applicazione del D.L. 112/08 (convertito dalla legge n. 133/08), è stato emanato il D.P.R. 15.3.2010 recante il relativo regolamento il quale statuisce (art. 2) che detti istituti- si articolano su percorsi formativi di durata quinquennale ed agiscono nell’ambito del settore servizi (art. 3) e del settore industria ed artigianato (art. 4), prevedendo anche un passaggio graduale al nuovo ordinamento (art. 8), con confluizione degli attuali istituti professionali in quelli previsti dal regolamento a partire dall’anno scolastico 2010/2011 e dalla prima classe; e per quelle successive (2A e 3A classe) la prosecuzione dei percorsi secondo il previgente ordinamento (con progressivo assorbimento nel nuovo ordinamento).

Il regolamento, dunque, ha previsto in modo puntuale e completo le modalità di passaggio tra vecchio e nuovo ordinamento, non lasciando zone d’ombra che non rendano possibile – nei prossimi cinque anni – la convivenza tra i due ordinamenti (applicazione progressiva del nuovo ordinamento che investe per l’anno scolastico 2010/2001 solo la prima classe, con necessari accorgimenti per consentire la prosecuzione con il vecchio ordinamento e, nel contempo, garantire un percorso di studi quinquennali).

La disposizione transitoria, peraltro, non fa alcuna distinzione tra istituti scolastici già esistenti e quelli in via di istituzione, avendo cura ovviamente di dare preminenza all’aspetto sostanziale, ovvero che – per cinque anni – i due ordinamenti debbono necessariamente convivere.

Da ciò consegue, nella specie, l’assoluta assenza di ragioni giustificatrici rinvenibile nella limitazione della parificazione alla sola 1° classe adottata con gli atti impugnati violativi delle disposizioni normative esistenti in materia di parificazione ex L. 62/20OO, D.M. 267/2007 e D.M. n. 83 del 10.10.08, nel cui complesso normativo non è dato rinvenire una limitazione d’ufficio (e non a richiesta di parte) della parificazione alla sola prima classe, dove è invece rinvenibile il principio dell’integrale riconoscimento della parità scolastica alla la scuola paritaria che postula una completa equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati dalle scuole statali.

Solo con l’estensione della parificazione all’intero corso di studi – come ordinariamente richiesto (cfr. art. 1, comma 6, lett. f); art. 2, comma 3; art. 4, comma 1, letto d), D.M. 267/07 – punto 3.3; punto 3.4, letto f; punto 4.2; punto 4.6, decreto 83/08) – è possibile garantire tutti gli effetti della parificazione ed equiparare i diritti e i doveri degli studenti.

Da tutto ciò consegue come l’Amministrazione non abbia esplicato le ragioni né è possibile ricostruire l’iter logico per effetto del quale il regime transitorio previsto dall’art. 8 del D.P.R. 15.3.2010 debba valere per tutti ma non per i corsi parificati di nuova istituzione.

Sulla base delle suesposte considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto l’atto di diniego impugnato va annullato per violazione dell’art.1, comma 4 L. 10.3.2000, n. 62 del D.M..11.07, n. 267 e del Decreto Ministro dell’Istruzione n. 83 del 10.10.2008 per eccesso di potere per difetto di motivazione.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciandosi sul ricorso indicato in epigrafe lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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