T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 26-07-2011, n. 6691

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente, dott. A.B., espone di essere stato nominato in data 18 dicembre 2003 dal Ministero delle Attività Produttive (ora Sviluppo Economico) – unitamente al prof. E.B. ed al dott. G.T. – commissario straordinario delle società del Gruppo G. (G.S.G. S.p.A., G. Sport S.p.A., L.S. S.p.A., N.&.S. S.r.l., I.S. S.r.l., G.S. S.r.l.), dichiarate in stato di insolvenza e, poi, ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria.

1.1. La fase gestoria della procedura si protraeva fino al 24 febbraio 2005; al termine della stessa il prof. Blasio rinunciava all’incarico, vedendosi liquidato dalla P.A., nel maggio 2005, il compenso per l’attività svolta. Il Ministero provvedeva, inoltre, a sostituirlo con l’avv. O.F., tuttora in carica.

1.2. L’esponente, dal canto suo, continuava a svolgere l’incarico anche durante la fase liquidatoria, fino a quando l’art. 1, comma 498, della l. n. 296/2006 ha disposto la decadenza, in via generale, di tutti i commissari liquidatori (di tutte le procedure in essere) nominati ai sensi della l. 12 dicembre 2002, n. 273. Quindi, il dott. B. è cessato dalle funzioni di commissario straordinario a far data dal 31 marzo 2007.

1.3. L’esponente evidenzia di aver chiesto invano nel 2006 un acconto sui compensi spettantigli. In ogni caso, avendo, a seguito della cessazione dell’incarico, depositato con gli altri commissari il 21 dicembre 2007 il rendiconto della fase gestoria e di quella liquidatoria, il dott. B. – unitamente al dott. T. – chiedeva contestualmente la liquidazione del compenso dovutogli, indicando gli importi spettanti per ambedue le fasi (gestoria e liquidatoria).

1.4. Le istanze presentate rimanevano, tuttavia, prive di riscontro, così come non aveva esito alcuno il sollecito presentato dall’esponente il 20 aprile 2009.

1.5. Solamente con provvedimento n. 0127021 del 13 novembre 2009, a firma del direttore generale della D.G. per la Politica Industriale e la Competitività, il Ministero dello Sviluppo Economico ha provveduto a liquidare un acconto sui compensi dovuti ai commissari straordinari delle società del Gruppo G., in misura, però, che l’esponente ritiene assolutamente inadeguata.

1.6. In particolare – evidenzia il dott. B. – il Ministero ha applicato le aliquote minime previste dal d.m. n. 507/1992 e, in taluni casi, addirittura aliquote inferiori rispetto al minimo indicato per lo scaglione di riferimento, ed ha negato il diritto alla liquidazione delle spese generali, adducendo in proposito argomentazioni ingiustificate e contraddittorie ed ignorando del tutto la complessità delle attività svolte dai commissari.

2. Dolendosi del provvedimento di liquidazione (dell’acconto sui) compensi sopra citato, in quanto considerato ingiustamente lesivo delle proprie pretese, l’esponente l’ha impugnato con il ricorso in epigrafe, chiedendone l’annullamento, unitamente agli atti parimenti specificati in epigrafe. Ha, poi, chiesto la condanna della P.A. ad adottare gli atti necessari per una piena e completa soddisfazione del suo interesse.

2.1. A supporto del gravame, ha dedotto le censure di:

– violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 43, 47 e 75 del d.lgs. n. 270/1999, dell’art. 39 della legge fallimentare e dell’art. 150 del d.lgs. n. 5/2006, eccesso di potere per difetto e/o carenza di istruttoria e disparità di trattamento, violazione degli artt. 3, 97 e 98 Cost. nonché degli artt. 1, 3 e 6 della l. n. 241/1990, per avere la P.A. erroneamente applicato l’art. 39 della legge fallimentare, lì dove dispone che la liquidazione del compenso ai curatori avvenga al termine della procedura, salvo eventuali acconti, non potendosi applicare all’amministrazione straordinaria una norma prevista per una procedura concorsuale con finalità diverse ed essendo, comunque, la norma stessa inapplicabile al caso di specie ratione temporis (perché il testo attuale risulta dalle modifiche apportate con d.lgs. n. 5/2006). Inoltre vi sarebbe disparità di trattamento rispetto al commissario cessato in precedenza dalle funzioni (il prof. Blasio), al quale è stato liquidato l’intero compenso, e non solo un acconto, come invece all’odierno ricorrente;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 47 del d.lgs. n. 270/1999, degli artt. 97 e 98 Cost., dell’art. 1 della l. n. 241/1990 e degli artt. 1, 2, 3 e 4 del d.m. 28 luglio 1992, n. 570, difetto e/o carenza di istruttoria e di motivazione, eccesso di potere e manifesta irragionevolezza, poiché il provvedimento impugnato farebbe erronea applicazione dei presupposti di fatto e dei criteri di liquidazione previsti dal d.m. n. 570/1992. In particolare: l’attivo sarebbe inferiore al valore risultante dai rendiconti; la P.A. non avrebbe utilizzato i criteri dettati dal d.m. n. 570/1992 per le attività svolte, ma fatto solo riferimento alle attività ulteriori che oggi verrebbero ritenute necessarie; non avrebbe considerato la complessità e straordinarietà delle attività espletate, attestandosi sui minimi tariffari; in alcun casi, avrebbe calcolato il compenso in misura inferiore ai minimi previsti per lo scaglione di riferimento; non avrebbe liquidato né le spese generali, né il trattamento di missione, motivando tale illegittima omissione con la presenza di una struttura operativa presso il Gruppo G., di cui si sarebbero avvalsi i commissari.

2.2. Si è costituito in giudizio il Ministero dello Sviluppo Economico, producendo una memoria con documentazione allegata ed eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del Tribunale adito, per essere la cognizione della controversia devoluta al G.O.; sempre in via preliminare, ha poi eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, essendo, quello impugnato, un atto di natura provvisoria, recante un mero acconto sul compenso dovuto. Nel merito, ha infine contestato la fondatezza delle censure dedotte con il ricorso, concludendo per la sua reiezione.

2.3. Il ricorrente ha depositato una memoria di replicando, ribattendo, in particolare, alle eccezioni preliminari sollevate dalla difesa erariale.

2.4. All’udienza pubblica del 9 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il Collegio deve prioritariamente esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia, formulata dalla difesa erariale.

3.1. L’eccezione è fondata.

3.2. La giurisprudenza è costante nell’affermare la giurisdizione del giudice ordinario relativamente alle controversie concernenti il compenso degli organi commissariali, nelle procedure concorsuali (cfr., per la liquidazione coatta amministrativa: Cass. civ., Sez. I, 19 aprile 2001, n. 5769; id., Sez. Un., 22 febbraio 2002, n. 2627; C.d.S., Sez. VI, 17 gennaio 2005, n. 86), attesa la natura di diritto soggettivo della posizione fatta valere. La stessa regola è stata affermata anche per le controversie insorte sull’istanza di liquidazione del compenso avanzata dal curatore fallimentare, la cui pretesa, del pari, ha natura di diritto soggettivo (Cass. civ., Sez. I, 25 febbraio 2002, n. 2760). Il ricorrente si sforza di ribattere all’eccezione evidenziando le differenze che, a suo dire, rendono la procedura di amministrazione straordinaria non comparabile con le altre procedure concorsuali, con il corollario che alla prima non potrebbero estendersi le regole ed i principi applicabili alle seconde. È, però, lo stesso ricorrente ad osservare, nella memoria conclusiva, come la normativa di riferimento (art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 270/1999) sia chiara nel disporre che il Ministero dello Sviluppo Economico autorizza il deposito del bilancio finale della procedura (con il conto della gestione e la relazione del comitato di sorveglianza) presso la cancelleria del Tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza "e liquida il compenso al commissario". La dizione della norma è, quindi, identica a quella prevista per il commissario liquidatore nella liquidazione coatta amministrativa (cfr. art. 213, primo comma, della legge fallimentare), con il corollario di rendere estensibili al caso di specie le riflessioni che la giurisprudenza poc’anzi riportata ha formulato con riguardo al compenso del suddetto commissario liquidatore.

3.3. Ed invero, il tenore testuale della norma rende palese che la liquidazione del compenso non ha natura discrezionale: il compenso è dovuto al commissario, il quale vanta, perciò, a tal riguardo una situazione giuridica direttamente prevista e tutelata dalla legge, cioè un diritto soggettivo. A diverse conclusioni non può indurre la circostanza che, nella fattispecie, la determinazione del compenso si effettui con atto amministrativo, avente carattere autoritativo e discrezionale, come dimostrerebbe il fatto che la legge non definirebbe puntualmente i criteri per l’indicata determinazione (rimessi alla P.A., tramite apposito decreto ministeriale). In contrario è, tuttavia, agevole replicare che, ai fini del riparto della giurisdizione non conta il margine di valutazione di cui la P.A. godrebbe nello stabilire un maggiore o minore compenso: per il discrimine tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa, ciò che rileva, secondo la giurisprudenza costante (cfr., ex plurimis, Cass. civ., Sez. Un., n. 2627/2002, cit.; id., 27 luglio 1999, n. 509), è il criterio del petitum sostanziale, determinato dalla relazione tra petitum e causa petendi. Tale criterio impone di identificare il giudice provvisto di giurisdizione in ragione dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, individuata in relazione alla protezione sostanziale accordata a quest’ultima dal diritto positivo. E vista la formulazione, più sopra riportata, dell’art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 270/1999, per cui il Ministero "liquida" – non già "può liquidare" – il compenso al commissario, il carattere dovuto del compenso rende evidente che anche la controversia avente ad oggetto la pretesa ad un maggior compenso inerente l’attività svolta (com’è nella fattispecie ora in esame) investe una posizione di diritto soggettivo, la cui tutela risulta devoluta al giudice ordinario, sebbene formalmente la contestazione riguardi l’atto amministrativo di determinazione.

4. Alla luce di quanto si è finora detto, ai sensi degli artt. 9, 11 e 35, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 104/2010, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per il difetto di giurisdizione di questo giudice amministrativo a conoscere della suddetta controversia.

4.1. In applicazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 104/2010, va inoltre indicato il giudice ordinario quale giudice nazionale fornito di giurisdizione per la medesima controversia, davanti al quale il processo potrà essere riproposto nel termine perentorio previsto dall’art. 11 cit., comma 2, con salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda – ferme rimanendo le preclusioni e le decadenze già intervenute.

5. Sussistono comunque giusti motivi per disporre la compensazione delle spese, tenuto conto della peculiarità delle questioni affrontate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Terza Ter, così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.

Ai sensi dell’art. 11, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 104/2010 indica, quale giudice nazionale fornito di giurisdizione sulla controversia in esame, il giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere riproposto nel termine perentorio di cui all’art. 11, comma 2, cit., con salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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