Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-07-2011) 20-07-2011, n. 28888

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 22/2/2011, il Tribunale per il riesame di Bologna, respingeva l’appello proposto nell’interesse di E.S. A., indagato per il reato di estorsione, avverso l’ordinanza 10/1/2011 del Gip di Bologna con la quale era stata respinta la sua richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura gradata degli arresti domiciliari.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato personalmente deducendo errata applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione.

Al riguardo eccepisce che appare illegittimo ed incomprensibile il rigetto della richiesta di sostituzione della misura cautelare, tenendo presente che il luogo indicato (l’abitazione del fratello sita in (OMISSIS)) si trova a ben 400 Km di distanza dal luogo dove si sono svolti i fatti incriminati. Si duole inoltre che la revoca degli arresti domiciliari precedentemente concessi all’indagato sia stata disposta sulla base di un fatto non provato (una presunta telefonata minatoria effettuata alla persona offesa).

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Per quanto riguarda la censura circa l’assenza di prove delle circostanze che hanno determinato l’aggravamento della misura cautelare con la revoca degli arresti domiciliari in precedenza concessi, la questione è inammissibile in quanto – come ha rilevato il Tribunale per il riesame, sull’ordinanza che all’epoca dispose l’aggravamento è calato il giudicato cautelare, a seguito della declaratoria di inammissibilità del gravame avverso di essa proposto.

Le ulteriori osservazioni del ricorrente circa l’idoneità della misura gradata a soddisfare le esigenze cautelari, attengono a profili fattuali e di merito e postulano un inammissibile intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dal Tribunale per il riesame.

Nella fattispecie le valutazioni del Tribunale del riesame fondate su una motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00). Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà della ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagata trovasi ristretta perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende. Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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