T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 26-07-2011, n. 1185 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugna il provvedimento del 4 maggio.12.2010 della Provincia di Cremona con cui gli è stata negata la conversione del permesso di soggiorno da motivi di minore età a motivi di lavoro subordinato.

L’amministrazione ha motivato la decisione impugnata sostenendo che la normativa introdotta con la L. 94/2009 precludeva al ricorrente di ottenere il permesso di soggiorno ex art. 32 d.lgs. 286/98, in quanto questi, minore non accompagnato ed affidato ex art.2 L.184/983, presso la "nota" Casa di Accoglienza di Cremona da parte del Servizio Minori del settore Servizi Sociali del Comune di Brescia in data 3.2.2009, non possedeva il requisito legalmente richiesto di aver seguito per due anni un corso d’integrazione sociale e civile. Inoltre l’interessato al compimento della maggiore età si trovava sul territorio nazionale da meno di tre anni.

A sostegno del gravame il ricorrente deduce:

Violazione di legge, in relazione agli artt. 5,31,32 del T.U.286/98 in quanto l’amministrazione, non distinguendo tra minori affidati, sottoposti a tutela o non accompagnati, affermerebbe che le modifiche normative della legge 94/2009 si applicherebbero indistintamente anche ai minori già presenti sul territorio prima dell’entrata in vigore delle disposizioni medesime nonchè ai minori che, in ragione dell’età al momento dell’ingresso in Italia, comunque non avrebbero la possibilità di maturare sul territorio italiano requisiti richiesti dalla norma.

Il ricorrente ritiene che tale interpretazione non sarebbe legittima alla luce dei principi generali di diritto.

Ad avviso del collegio tale assunto non sarebbe fondato.

E’ noto che la novella è stata dettata al fine di arginare il fenomeno degli extracomunitari che entrano in Italia al compimento ravvicinato del 18° anno di età, subito sottoposti a generico ed il più delle volte ad incontrollato affidamento, presso associazioni, istituzioni o centri di accoglienza benevolmente dediti a tale finalità, nonchè accreditati di un provvisorio permesso di soggiorno per minore età in quanto non espellibili e che subito dopo, al compimento della maggiore età, invocano un permesso di lavoro per conversione, eludendo in tal modo il sistema dei flussi.

Nel caso di specie appare seriamente difficile condividere l’assunto invocato dal ricorrente secondo cui la novella non avrebbe mutato alcunchè rispetto alla interpretazione giurisprudenziale della norma originaria ex art.32 del DPR 286/98. Se così fosse saremmo di fronte ad una sorta di ultrattività della norma più favorevole alle varie situazioni, ultrattività, che, però, non trova alcuna base né nella novella né nella costituzione. Né la circostanza che il ricorrente fosse stato affidato temporaneamente in custodia dalla stessa Questura di Brescia ad un certo sig. P.A., non meglio qualificato, può mutare la sua situazione, atteso che non ricorrono gli altri due requisiti richiesti dalla norma: a) presenza del minore sul territorio italiano per almeno tre anni con affidamento dello stesso ai sensi dell’art.2 della legge 4.5.1983, n.184; b) inserimento in apposito progetto di integrazione sociale e civile gestito dagli enti previsti dalla legge per un periodo non inferiore a due anni.

Peraltro, come risulta dagli atti del ricorso (cfr. la nota 21.10.2010 del settore servizi sociali del Comune di Brescia) in favore del ricorrente non risulta neppure essere stata mai aperta dall’Autorità giudiziaria alcuna tutela o affidamento per la nomina di un effettivo rappresentante legale.

Di qui la impossibilità di applicare al caso di specie l’interpretazione giurisprudenziale della novella in argomento che ritiene sufficiente, per i minorenni entrati in Italia prima della entrata in vigore della novella medesima, dimostrare di essere stati iscritti ad un programma biennale di integrazione sociale e civile anche se non completato prima del raggiungimento della maggiore età.

Alla stessa stregua non pare neppure applicabile, in assenza del conferimento della tutela giudiziaria, la benevola interpretazione giurisprudenziale (cfr. in arg.Cons. St., Sez.III, sent. N.3987 del 4.7.23011) con cui si afferma la non necessità della permanenza almeno triennale nel territorio nazionale per i minori sottoposti a tutela entrati in Italia prima della riforma del 2009.

Del tutto irrilevante, poi, appare nel caso di specie, invocare la questione di legittimità costituzionale dell’art.32 c.1 e 1 bis per contrasto con l’art.3, 30 e 92 della Cost., in ragione della paventata differenziazione tra minori accompagnati e minori non accompagnati anche se sottoposti a tutela od affidamento, atteso che, come si è detto sopra, il ricorrente non risulta destinatario di alcun provvedimento giudiziario né di tutela né di affidamento.

Il ricorso conseguentemente deve essere rigettato.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese del giudizio tra le part

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo respinge

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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