Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-07-2011) 20-07-2011, n. 28883 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 4/4/2011, il Tribunale di Sanremo, a seguito di istanze di riesame avanzata nell’interesse di D.G.R. e D.G.M., dirigenti della "Sanremese Calcio", indagati per il reato di estorsione e tentata estorsione nei confronti dei giocatori P.T., Pe. e S., confermava l’ordinanza del Gip di Sanremo, emessa in data 9/3/2011, con la quale era stata applicata ai predetti la misura cautelare della custodia in carcere. Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato sulle dichiarazioni delle persone offesa e sugli altri elementi emersi dalle indagini di P.G. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, per cui la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura adeguata.

Avverso tale ordinanza propongono separati ed analoghi ricorsi entrambi gli indagati, per mezzo del comune difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame.

Con il primo motivo deducono mancanza e manifesta illogicità della motivazione per quanto riguarda la fondatezza del quadro indiziario, anche sotto il profilo del travisamento della prova. Con riferimento all’episodio di intimidazione del calciatore S.R.C., i ricorrenti si dolgono che il Tribunale del riesame avrebbe travisato le dichiarazioni di quest’ultimo, non rilevando che questi aveva taciuto al P.M. l’invito ricevuto da D.G.M. a denunziare il fatto alla polizia. Addirittura il Tribunale per il riesame avrebbe attribuito al S. l’intento di lasciare immediatamente l’Italia per effetto della minaccia ricevuta, mentre costui aveva soltanto dichiarato di non essersi più recato agli allenamenti perchè dopo tre giorni sarebbe dovuto comunque partire per le ferie.

Con riferimento all’accordo economico, con cui le parti dichiaravano risolto il contratto d’ingaggio del calciatore. Il Tribunale avrebbe compiuto un ulteriore travisamento della prova, reputando che il S. fu costretto a firmare il fax di rescissione mentre si trovava in (OMISSIS), mentre dalle indagini difensive emerge che fu lo stesso S., trovando conveniente l’accordo, a sollecitare la formalizzazione dell’accordo entro il 31/12/2010. Il provvedimento del riesame, inoltre, svilupperebbe considerazioni illogiche in ordine ad una telefonata che D.G.R. avrebbe effettuato al S. il 17/12/2010 traendone ingiustificatamente conclusioni indizianti. Ugualmente illogiche sarebbero le conclusioni in ordine ai rapporti fra D.G.M. e V.D., soggetto coimputato nel medesimo procedimento. Con riferimento alle minacce rivolte ai calciatori P. e Pe. i ricorrenti si dolgono che il Tribunale abbia escluso che il fatto di minaccia possa essere stato frutto di una iniziativa autonoma di T.N. (autore della minaccia con pistola ai danni di S.) e di V. D.. In particolare eccepiscono che per D.G.R. non vi è prova di contatti fra il ricorrente e gli autori materiali della minaccia, mentre per D.G.M., le intercettazioni telefoniche intercorse nel pomeriggio del 19/10/2010 con il V., dimostravano soltanto che quest’ultimo aveva avvicinato i due calciatori, insieme con il T., non istigato e non richiesto.

Con il secondo motivo deducono carenza e manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova, con riferimento alle esigenze di natura cautelare ed alla scelta della misura. Quanto a D.G. R. la difesa osserva che trattasi di persona in età avanzata (attualmente ultrasettantenne), soggetto incensurato che non ha mai dimostrato propensione criminale e privo di interesse ad inquinare le prove. Quanto a D.G.M. la difesa ricorrente deduce il travisamento della prova per non avere il Tribunale preso in considerazione il comportamento del ricorrente che ha denunziato una condotta estorsiva di cui è stato vittima, da parte del V., del fratello di T.N. e di tal R., dimostrando, così, il suo distacco da logiche estorsive e dai suoi presunti complici.

Motivi della decisione

Entrambi i ricorsi sono inammissibili in quanto basati su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

E’ anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, "l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità:

1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento".

(Cass. Sez. 6A sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).

Inoltre "Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.

Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto". (Cass. Sez. 1A sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

Tanto premesso, il ricorso per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, in punto di gravità del quadro indiziario, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale delle risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè tantomeno di operare diverse scelte di fatto. Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, al di là dei vizi formalmente denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento del quadro indiziario, considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito. In particolare risultano manifestamente infondate le censure in punto di travisamento della prova.

Al riguardo occorre rilevare che: "In tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, mentre non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è, invece, consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 39048 del 25/09/2007 Ud. (dep. 23/10/2007) Rv.

238215).

E tuttavia per integrare il vizio di travisamento della prova non è sufficiente la pretermissione o l’erronea lettura di un dato processuale, se tale dato non svolge un ruolo decisivo nel percorso argomentativo seguito dal giudice di merito.

Infatti, secondo l’insegnamento di questa Corte:

"Le modifiche apportate dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 non hanno mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un giudizio di legittimità. Ne consegue che gli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" menzionati ora dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 35683 del 10/07/2007 Ud. (dep. 28/09/2007) Rv. 237652).

Nel caso di specie le censure dei ricorrenti tendono proprio a reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione e per giunta si riferiscono ad elementi che non concernono fatti decisivi (come la circostanza che il Tribunale non avrebbe rilevato che il S., non ha riferito al P.M. di essere stato invitato da D.G.M. a sporgere denuncia). Pertanto le relative censure sono inammissibili.

Ugualmente inammissibili risultano le censure in punto di fondatezza delle esigenze cautelari, essendo le relative valutazioni del Tribunale del riesame fondate su una motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede. In particolare il Tribunale ha specificamente e dettagliatamente motivato, sia sul pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove, sia sulla non idoneità di misure cautelari meno gravose.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, chi lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00) ciascuno. Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dei ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui gli indagati si trovano ristretti perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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