T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 26-07-2011, n. 1182 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 1 giugno 2010, la E. conveniva avanti questo Tribunale il Comune di Sorisole. In tale ricorso, asseriva in fatto di essere proprietaria per acquisto all’esito di una espropriazione forzata, di un compendio immobiliare sito in Sorisole, alla via S. Francesco di Assisi 31, distinto al catasto di quel Comune al foglio 11 mappali 2478 e 2479; asseriva ancora che per tale area il proprio dante causa, certo G.S., estraneo al presente giudizio, aveva a suo tempo, in data 1 marzo 1995" presentato domanda di condono edilizio ai sensi della l. 28 febbraio 1985 n°47 e successive modifiche, per abusi descritti come trasformazione di area agricola in area ad uso deposito rottami e formazione di opere varie non quantificabili; affermava poi che a fronte di tale domanda, G.S. era stato richiesto in data 21 marzo 1996 di presentare documentazione integrativa, il successivo 25 novembre 1996 aveva fatto pervenire al Comune una risposta e nel marzo del 1999 aveva ricevuto un parere sospensivo. La ricorrente affermava di seguito che, acquistato il compendio, aveva chiesto con lettera del 26 luglio 2004 la definizione della pratica di condono; che nelle more aveva locato l’area in questione a terzi per un canone annuo di Euro 24.000 sotto condizione risolutiva del rigetto dell’istanza di condono, che con provvedimento prot. n°18103 del 6 dicembre 2006 l’istanza di condono era stata effettivamente respinta; che ciò l’aveva indotta da un lato a "regolare consensualmente gli effetti dell’avveramento della condizione risolutiva con la restituzione dell’area alla proprietaria ed il pagamento della penale di Euro 24.000" (ricorso, p. 5 Par. 12) e dall’altro ad impugnare il predetto diniego con ricorso giurisdizionale avanti questo Tribunale, ricorso che veniva accolto in parte con sentenza n°2222/2009, seguendone il rilascio del permesso di costruire in sanatoria limitatamente alle opere finalizzate alla trasformazione del piazzale. Ciò premesso, la ricorrente deduceva in diritto che la condotta del Comune doveva qualificarsi come produttiva di ingiusto danno risarcibile nei suoi confronti, e concludeva chiedendo la condanna dell’amministrazione, da ultimo così come in epigrafe, in misura corrispondente agli utili che essa avrebbe conseguito se non avesse subito l’asserita risoluzione del contratto di locazione dell’area di cui si è detto.

Compariva e si costituiva con memoria formale del 16 luglio 2010 il Comune di Sorisole, che concludeva con la reiezione del ricorso; con successiva memoria 10 giugno 2011 evidenziava come nella condotta dell’amministrazione non si potessero rintracciare gli estremi del fatto produttivo di danno, atteso che né la ricorrente né il citato Scalzo avevano ritenuto di dar seguito ai rilievi formulati sulla pratica; deduceva ancora che per tali ragioni non si poteva ritenere formato alcun silenzio assenso e che comunque la ricorrente, avendo esercitato di propria volontà il recesso dal contratto di locazione citato, non poteva in ordine a ciò pretendere risarcimento alcuno.

Con memorie 10 e 21 giugno 2011, la ricorrente ha insistito nelle proprie tesi, sostenendo da un lato il carattere tardivo delle difese del Comune, in quanto avanzate solo nella memoria successiva, dall’altro l’effettività del pregiudizio subito, essendosi inutilmente attivata per locare l’area a terzi.

La Sezione all’udienza del giorno 13 luglio 2011 tratteneva da ultimo il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.

1. In via preliminare, va chiarito che l’eccezione di tardività delle difese del Comune dedotta dalla ricorrente nella propria replica 21 giugno 2011 di cui in premesse, nel caso di specie non rileva. La ricorrente, come si è accennato, sostiene in sintesi estrema che anche nel presente processo amministrativo, per lo meno ove, come si è detto accadere nella specie, la giurisdizione sia estesa a diritti soggettivi, dovrebbe applicarsi il disposto dell’art. 167 c.p.c., secondo il quale il convenuto ha l’onere, nel primo proprio atto difensivo, di "proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione…".

2. Sempre secondo la tesi della ricorrente, tale norma esprimerebbe un generale principio di non contestazione, valido in tutte le forme di processo civile, e quindi, secondo logica, anche nel processo amministrativo, in forza del richiamo dell’art. 39 comma 1 c.p.a.; comporterebbe quindi che, ove la contestazione fosse mancata, i fatti affermati dal ricorrente nell’atto introduttivo dovrebbero senz’altro ritenersi ammessi. Nel caso di specie, prosegue poi sempre la difesa della ricorrente, ciò si sarebbe verificato, dato che il Comune si è costituito il 16 luglio 2010 con semplice "memoria formale" nella quale si limita ad asserire la infondatezza delle domande avversarie; ha invece sviluppato una compiuta difesa solo in seguito, producendo il 1 giugno 2011 documentazione e depositando il 10 giugno 2011 una articolata memoria.

3. In proposito, il Collegio osserva anzitutto che tanto l’effettiva vigenza nel generale ordinamento processuale del preteso principio di non contestazione, quanto i suoi effettivi contorni sono tutt’altro che pacifici, al di là di quanto prevedono normative certamente di massimo rilievo, ma pur sempre settoriali, come quella del contenzioso lavoristico. A mero titolo di esempio, si è espressa a favore, se pure solo in via di obiter, Cass. civ. S.U. 23 gennaio 2002 n°761, mentre sono espressamente contrarie molte sentenze successive, da ultimo Cass. sez. II 29 aprile 2010 n°10285, in termini generali, se pure pronunciata con riguardo a controversia sorta anteriormente alla entrata in vigore del d.l. 14 marzo 2005 n°35 convertito nella l. 14 maggio 2005 n°80, che ha introdotto il testo dell’art. 167 c.p.c. sopra citato. Si deve poi pur sempre ricordare che nel presente processo amministrativo permane, ai sensi dell’art. 64 comma 3, un potere istruttorio officioso del giudice nei confronti della p.a., concettualmente analogo a quello di cui all’art. 421 c.p.c. Ciò posto, comunque, l’eccezione nel caso concreto non rileva, dato che, come si dirà in prosieguo, la decisione della causa prescinde dai contenuti difensivi prospettati dal Comune con la citata memoria 10 giugno 2011.

4. Ciò posto, i fatti di causa vanno ricostruiti così come segue. Le prime circostanze allegate dalla ricorrente sono in sostanza pacifiche in causa perché non contestate: essa è proprietaria dell’area sita in Sorisole, via S. Francesco di Assisi 31, foglio 11 mappali 2478 e 2479 del locale catasto; tale area è stata abusivamente trasformata da terreno agricolo a deposito rottami dal precedente proprietario, tale Scalzo, il quale per detto abuso ha presentato al Comune domanda di condono edilizio in data 1 marzo 1995 ai sensi della l. 28 febbraio 1985 n°47; a tale ultimo proposito, si veda anche la copia della domanda, prodotta dalla ricorrente come doc. 1.

5. Devono poi ritenersi provati, o comunque non contestati come fatti storici, i successivi sviluppi del rapporto della ricorrente con il Comune intimato in seguito all’acquisto della area medesima da parte della prima. La E. infatti, dopo essere divenuta proprietaria dell’area in questione, sollecitò il Comune, con lettera 26 luglio 2004 (doc. 11 ricorrente, copia di essa) a definire la pratica di condono; ottenne un primo provvedimento di contenuto negativo, prot. n°18103 del 6 dicembre 2006 (doc. 14 ricorrente, sentenza TAR Brescia 2222/2009 di cui appresso, che ne riporta gli estremi nell’epigrafe), provvide ad impugnarlo davanti a questo Giudice e ne ottenne, con la sentenza sez. I 19 novembre 2009 n°2222 (doc. 14 ricorrente, cit.) l’annullamento parziale.

6. Detto annullamento, come da dispositivo, aveva efficacia "nella sola parte in cui (il provvedimento) nega la condonabilità in astratto della realizzazione del piazzale per la raccolta di rottami"; in motivazione, la sentenza stessa ebbe sul punto specifico ad osservare che "il Comune non avrebbe dovuto limitarsi a sostenere la non rilevanza dell’opera, ma avrebbe dovuto giudicare della sua compatibilità con gli altri vincoli esistenti in zona, ed in genere con i limiti previsti dalla normativa sul condono" (ancora doc. 14 ricorrente, cit; v. p. 12 per il dispositivo e p. 8 per il passo citato dalla motivazione).

7. E’parimenti accettato che solo in esito a tale sentenza, la E. ottenne, come comunicatole in data 8 gennaio 2010 (doc. 15 ricorrente, copia comunicazione relativa), il permesso di costruire in sanatoria "limitatamente ai lavori di realizzazione di area adibita a deposito rottami".

8. Le deduzioni della ricorrente sono peraltro smentite dalle prove documentali da essa prodotte con riguardo ai rapporti intrattenuti con i terzi ai quali ha nelle more locato l’area di cui sopra, ovvero con la Maddalena Investimenti S.r.l., rapporti sui quali la ricorrente stessa fonda la propria domanda risarcitoria. Come detto in narrativa, è senz’altro vero che in data 15 luglio 2006 la E. ebbe a concludere un contratto di locazione con la Maddalena Investimenti per l’area citata; il tenore letterale del contratto, peraltro, non è quello preteso dalla ricorrente nel proprio atto introduttivo.

9. Esaminando il testo del contratto in parola, prodotto dalla ricorrente come doc. 16, risulta infatti che oggetto della locazione è l’area sita in Sorisole, via S. Francesco d’Assisi 31 più volte citata, e che il corrispettivo della locazione è di 24 mila euro l’anno per sei anni decorrenti dal 12 novembre 2006; vanno però considerate nel loro inequivoco tenore le clausole di cui ai punti 5 e 7 b. Secondo il punto 5, "il conduttore è a conoscenza che l’area locata è interessata dalla domanda di condono edilizio del 1 marzo 1995 presentata dal sig. Scalzo Giuseppe. La pratica si presume che non abbia ancora avuto definizione o sia intervenuto il silenzio assenso; i contenuti dell’istanza sono noti ed accettati dal conduttore". Secondo infine il punto 7 b, "costituirà facoltà di recesso fra le parti anche l’ipotesi che l’istanza di condono presentata venisse rigettata dalle competenti autorità. In tale verificarsi di ipotesi il conduttore avrà diritto ad avere in restituzione i canoni di locazione versati nell’ultimo anno nonché di esigere Euro 24.000, sempre a titolo di penale" (v. doc. 16 ricorrente, cit.).

10. I dati appena descritti impongono anzitutto una conclusione di segno positivo: la vicenda della domanda di condono allora pendente era ben nota alle parti del contratto, che, nel libero esercizio dell’autonomia loro riconosciuta dalla legge, hanno ritenuto di riconnettervi un effetto particolare, la previsione di una facoltà di recesso del locatore. La vicenda in questione, pertanto, non può in alcun modo riguardarsi come sopravvenienza contrattuale, che si sia sovrapposta come elemento estraneo al volere delle parti. Gli stessi dati impongono anche una conclusione di segno negativo: non è vero quanto asserisce la ricorrente, ovvero che la locazione si fosse pattuita sotto la "condizione risolutiva" della reiezione della domanda (cfr. ricorso, p. 4 Par. 9 quinto rigo), atteso che, come evidente, altro è la condizione, che opera in via automatica a prescindere da una richiesta di parte, altro è un diritto di recesso, che è il classico esempio di diritto potestativo attribuito ad una delle parti, la quale, ove se ne verifichi il presupposto, lo esercita solo per sua scelta.

11. Ciò posto, nemmeno risponde a verità che, intervenuto il diniego di condono edilizio di cui al provvedimento prot. n°18103 del 6 dicembre 2006, le parti della locazione, ovvero la E. e la Maddalena, abbiano "convenuto" di "regolare consensualmente gli effetti dell’avveramento della condizione risolutiva con la restituzione dell’area alla proprietaria ed il pagamento della penale di Euro 24.000" (v. ricorso, p. 5 Par. 12, già citato in premesse). In realtà, la locazione in parola si è estinta per effetto del volontario recesso da parte della E., di cui alla lettera 21 dicembre 2006 prodotta come doc. 17 ricorrente.

12. A mutare la natura di atto unilaterale potestativo del recesso in parola, infatti, non vale certo la circostanza che la controparte contrattuale, ovvero la Maddalena, abbia provveduto a restituirne alla mittente una copia per accettazione: il tenore inequivoco del contratto originario non lascia adito a dubbi in proposito sul fatto che appunto di recesso si trattasse, e quindi di atto unilaterale (sul principio della irrilevanza dell’accettazione di un recesso, v. Cass. civ. sez. lavoro 25 marzo 1987 n°2913).

13. Può senz’altro essere oggetto di speculazione stabilire quale sarebbe potuta essere la sorte del contratto per cui è causa in mancanza di tale recesso e in presenza del diniego di condono poi impugnato e annullato; si tratta però di speculazione non rilevante ai fini del decidere, dato che la vicenda si è svolta per intero secondo quanto le parti avevano previsto, senza che si possano valorizzare cause alternative ipotetiche di estinzione del contratto in parola.

14. Tutto ciò premesso, la domanda risarcitoria della E. va senz’altro respinta. Essa, in sintesi estrema, si fonda sull’asserita lesione da parte del Comune del diritto di credito che la stessa E. aveva nei confronti della Maddalena, ma tale assunto, per quanto sin qui dimostrato non risponde a verità. Il diritto di credito in questione ha infatti cessato di esistere non per il fatto di un terzo, il Comune, ma come conseguenza immediata e diretta del volontario esercizio del recesso da parte della E.: il pregiudizio che il danneggiato si sia arrecato da solo non dà all’evidenza diritto a risarcimento alcuno, ed anzi, a ben guardare, non integra nemmeno un danno in senso giuridico.

15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenuto conto del valore di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la E. S.r.l. a rifondere al Comune di Sorisole le spese di giudizio, spese che liquida in Euro 2.500 (duemilacinquecento/00) oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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