Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-07-2011) 20-07-2011, n. 28882 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 21/3/2011, il Tribunale per il riesame di Bari, respingeva l’appello proposto nell’interesse di B.A., indagato per i reati di falso, resistenza a p.u. porto e detenzione di pistola, avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari, emessa in data 17/12/2010, con la quale era stata respinta la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Il Tribunale riteneva che la condizione di padre di una bambina minore di tre anni, non giustificava la sostituzione della misura, rilevando che l’attività lavorativa svolta dalla madre non costituiva assoluta impossibilità a dare assistenza alla prole.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione, con riferimento all’art. 275 c.p.p., comma 4 e art. 299 c.p.p..

Al riguardo eccepisce che la norma in questione è posta a tutela dei minori di tre anni ed è volta a garantire l’assistenza da parte di almeno un genitore per cui il divieto di custodia cautelare in carcere opera anche nel caso in cui i minori possano essere affidati a congiunti disponibili o a strutture pubbliche. Rileva poi che, nel caso di specie, la peculiarità dell’orario di lavoro svolto dalla madre (dalle h. 19 alle 3,00) non consente di far ricorso ad un asilo materno o a strutture similari.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

In punto di diritto, non v’è dubbio che:

"In tema di misure cautelari personali, il divieto della custodia cautelare in carcere ( art. 275 c.p.p., comma 4) nei confronti dell’imputato, padre di prole di età inferiore a tre anni, quando la madre sia assolutamente impossibilitata ad assisterla, opera anche nel caso in cui i minori possono essere affidati a congiunti disponibili o a strutture pubbliche" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 47473 del 11/11/2004 Cc. (dep. 07/12/2004) Rv. 230802). (La Corte ha precisato che in tali casi non viene comunque meno, infatti, l’assolutezza dell’impedimento materno).

La giurisprudenza di questa Corte ha ulteriormente ribadito che:

"In tema di misure cautelari personali, il mantenimento della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’indagato padre di prole infratreenne, sussistendo l’impossibilità della madre di prestare assistenza al minore per impedimento dovuto alle proprie condizioni di salute, non può essere giustificato avendo riguardo alla presenza di altri familiari o di strutture assistenziali, in quanto ad essi il legislatore non riconosce alcuna funzione sostitutiva, considerato che la formazione del bambino può essere gravemente pregiudicata dall’assenza di una figura genitoriale, la cui infungibilità deve, pertanto, fin dove è possibile, essere assicurata, trovando fondamento nella garanzia che l’art. 31 Cost. accorda all’infanzia. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 41626 del 09/11/2007 Cc. (dep. 13/11/2007) Rv. 238209).

Tanto premesso, deve escludersi che il fatto che la madre debba prestare attività lavorativa comporti l’impossibilità assoluta di prestare assistenza alla minore, o che ciò comporti l’assenza della figura genitoriale nella formazione del bambino.

Ha osservato, al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte che:

"In tema di misure cautelari personali – ai fini dell’operatività del divieto di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’imputato padre di prole infratreenne – non è censurabile, in sede di legittimità, la decisione con cui il giudice di appello escluda, con motivazione idonea e pertinente, la gravità dell’impedimento richiesto dall’art. 275 c.p.p., comma 4, considerato che l’attività di lavoro svolta dalla madre non costituisce di per sè ostacolo tale da impedirle di attendere alla cura del minore, anche con l’eventuale aiuto di familiari disponibili o con il ricorso a strutture pubbliche abilitate" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27000 del 28/05/2009 Cc. (dep. 02/07/2009) Rv. 244485).

Nel caso di specie, il Tribunale per il riesame ha ritenuto, con motivazione congrua, che l’attività lavorativa prestata dalla madre non costituisce impedimento assoluto a dare assistenza alla bambina.

Nè la peculiarità dell’orario di lavoro (dalle h.19 alle h. 3) impedisce alla madre di assicurare quella presenza della figura genitoriale indispensabile per la formazione della minore.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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