Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-07-2011) 20-07-2011, n. 28865

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 13/12/2010, la Corte di appello di Venezia, pur qualificando come furto l’imputazione di ricettazione di una autovettura di cui al capo c), quanto a F.F., confermava la condanna ad anni due e mesi quattro di reclusione inflitta dal Gip di Padova, con sentenza del 31/3/2010, per il reato di tentativo di rapina aggravata, in concorso, e reati satelliti.

La Corte territoriale, in particolare, respingeva le censure mosse dagli appellanti, in punto di insussistenza degli estremi del tentativo punibile e di desistenza volontaria dall’azione criminosa.

Avverso tale sentenza propone ricorso F.F. per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando sei motivi di gravame con il quali deduce:

1) Inosservanza o erronea applicazione delle legge penale in relazione agli artt. 56 e 628 c.p. nonchè vizio della motivazione sul punto.

Al riguardo, premessa una trattazione sui limiti della punibilità del tentativo, si duole che la Corte territoriale abbia riconosciuto i requisiti del tentativo punibile pur in presenza di una condotta che si era risolta in atti meramente preparatori, non idonei a varcare la soglia della punibilità;

2) Violazione dell’art. 56 c.p.p., comma 3, e vizio della motivazione sul punto.

In proposito si duole che la Corte non abbia riconosciuto al F. l’esimente della desistenza volontaria in quanto costui aveva abbandonato il progetto criminoso condiviso con gli altri complici e ne aveva reso impossibile il perfezionamento, allontanandosi a piedi dall’autovettura che, secondo l’ipotesi accusatoria avrebbe dovuto essere utilizzata per garantire la fuga agli altri correi;

3) Inosservanza o erronea applicazione delle legge penale in relazione alla L. n. 110 del 1975, art. 61, nn. 2 e 4, art. 61 c.p., n. 2 e art. 648 c.p. nonchè vizio della motivazione sul punto del concorso dell’imputato nei reati sub B) e C).

In proposito si duole che la Corte territoriale avrebbe omesso ogni motivazione per giustificare il concorso del F. nei reati satelliti, limitandosi genericamente a richiamare quanto osservato con riferimento alla posizione del coimputato G.;

4) Inosservanza o erronea applicazione delle legge penale in relazione agli artt. 110 e 56 c.p. e art. 628 c.p., comma 3, n. 1) nonchè vizio della motivazione sul punto.

Al riguardo si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente l’aggravante di cui al comma 3, n. 1) c.p. sebbene nè il F., nè gli altri coimputati avessero posto in essere condotte di violenza o di minaccia;

5) mancata motivazione in ordine al diniego di concessione delle attenuanti generiche;

6) Violazione di legge per mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. e vizio della motivazione sul punto.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

In punto di diritto, è pacifico, secondo l’insegnamento di questa Corte che:

"Ai fini della ravvisabilità del tentativo, i requisiti della idoneità e della univocità degli atti devono potersi rilevare obiettivamente dalla condotta degli agenti e dalle modalità degli atti da loro posti in essere, senza che, a tal fine, possa farsi riferimento alle intenzioni, dagli stessi eventualmente formulate.

Ne consegue che al giudice non è consentito di conferire idoneità e univocità di direzione ad atti che, di per se stessi, non sono nè idonei nè univoci, attraverso il riferimento ai propositi interni degli agenti, dei quali non si abbia conoscenza attraverso dati obiettivamente rilevabili, ma che siano conosciuti soltanto attraverso le ammissioni degli imputati. Diversamente operando, si finirebbe inevitabilmente per conferire rilievo penale ad atti di volizione interna che possono essere valutati soltanto ai fini dell’esistenza dell’elemento psicologico, ma non anche ai fini della ravvisabilità dell’elemento materiale del reato" (Cass. Sez. 1^, Sentenza n. 2587 del 23/10/1997 Ud. (dep. 27/02/1998)Rv. 210074).

Essendo scontato che per la ravvisabilità del tentativo, i requisiti di idoneità e di inequivocità degli atti devono risultare obiettivamente dalla condotta, poichè sono irrilevanti, ai fini della punibilità le intenzioni degli agenti, è ancora aperto un dibattito giurisprudenziale in ordine all’idoneità o meno degli atti preparatori ad integrare la soglia del tentativo punibile, quando ricorrano determinate circostanze idonee a conferire anche a tali atti i requisiti della idoneità ed univocità in relazione al compimento dell’attività delittuosa programmata.

Se, infatti, un orientamento giurisprudenziale ritiene che:

"Nel delitto tentato gli atti diretti in modo non equivoco a commettere un reato possono essere esclusivamente gli atti esecutivi, ossia gli atti tipici, corrispondenti, anche solo in minima parte, alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o vincolata, in quanto la univocità degli atti indica non un parametro probatorio, ma un criterio di essenza e una caratteristica oggettiva della condotta; ne consegue che non sono punibili, a titolo di tentativo, i meri atti preparatori" (Cass. Sez. 1^, Sentenza n. 40058 del 24/09/2008 Ud. (dep. 28/10/2008) Rv. 241649; Sez. 1^, Sentenza n. 9411 del 07/01/2010 Ud. (dep. 09/03/2010) Rv. 246620), un altro orientamento, maggioritario, ritiene, invece che anche gli atti preparatori, possano integrare la soglia del tentativo punibile, qualora ricorrano determinati presupposti.

In proposito è stato statuito che:

"Integra il tentativo di rapina anche il mero possesso di armi, pur se di fatto non utilizzate, in quanto l’univocità della condotta va apprezzata, senza tenere conto della distinzione tra atti preparatori ed atti esecutivi, nelle sue caratteristiche oggettive, così da verificare se sia tale da rivelare le finalità attraverso l’apprezzamento, secondo le regole di comune esperienza, della natura e dell’essenza degli atti compiuti e del contesto in cui si inseriscono" (Cass. Sez. 2^, Sentenza n. 40702 del 30/09/2009 Ud.

(dep. 22/10/2009) Rv. 245123).

Ed ancora:

"Ai fini della punibilità del tentativo, possono assumere rilevanza anche gli atti meramente preparatori, quando essi, per le concrete circostanze di luogo, di tempo o di mezzi, evidenzino che l’agente commetterà il delitto progettato a meno del sopravvenire di eventi imprevedibili, indipendenti dalla volontà dell’agente, e che l’azione abbia la rilevante probabilità di conseguire l’obiettivo programmato" (Cass. Sez. 2^, Sentenza n. 28213 del 15/06/2010 Cc. (dep. 20/07/2010) Rv. 247680).

"Anche un atto preparatorio può integrare gli estremi del tentativo punibile, quando sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacità, sulla base di una valutazione "ex ante" e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato prefisso e a tale risultato sia univocamente diretto" (Cass. Sez. 2^, Sentenza n. 41649 del 05/11/2010 Ud. (dep. 25/11/2010 ) Rv. 248829).

Nel caso di specie, tuttavia, il ricorso alla distinzione fra atti esecutivi ed atti meramente preparatori non ha rilevanza concreta in quanto la Corte territoriale ha rilevato che l’azione criminosa era già passata alla fase degli atti esecutivi (vedi fol. 10 e 11) in quanto il coimputato C., munito di un’arma da taglio e di mezzi di travisamento, aveva tentato di introdursi nei locali della banca dove doveva essere compiuta la rapina, non riuscendovi per cause indipendenti dalla sua volontà, grazie alla reazione del Direttore dell’Agenzia che, insospettito, aveva rifiutato di aprire la bussola.

Pertanto correttamente, ed in piena coerenza con i principi di diritto sopra esposti, la Corte ha ritenuto che gli atti posti in essere dal F. e dai suoi complici, considerati nel loro complesso, hanno superato la soglia della punibilità, sotto il profilo del tentativo.

Di conseguenza deve essere respinto, in quanto infondato, il primo motivo di ricorso.

Ugualmente infondato è il secondo motivo in punto di desistenza.

La Corte territoriale ha respinto l’analoga doglianza avanzata con i motivi d’appello, osservando che: "la circostanza che ( F.) al momento dell’arresto fosse in strada, non lontano dall’istituto di credito e non a bordo dell’auto, lasciata parcheggiata in via (OMISSIS), trova ragionevole spiegazione nel tentativo di allontanarsi dal luogo del delitto in modo defilato ed a piedi, avendo colto il fallimento del tentativo di ingresso in banca da parte di C. e temendo un intervento delle forze dell’ordine chiamate dai funzionari di banca ovvero avendo notato i movimenti della polizia giudiziaria, già operante sul luogo" (fol. 14).

Alla luce di tale ricostruzione fattuale, è evidente che non sussiste nella fattispecie la circostanza esimente della desistenza volontaria in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte: "La desistenza dall’azione delittuosa può ritenersi volontaria quando la prosecuzione non sia impedita da fattori esterni che renderebbero estremamente improbabile il successo di essa, e la scelta di desistere sia, pertanto, operata liberamente" (Cass. Sez. 4^, Sentenza n. 32145 del 24/06/2010 Ud. (dep. 20/08/2010 ) Rv. 248183).

Quanto al terzo motivo, in punto di concorso del ricorrente nei reati satelliti, le censure sono infondate, in quanto la Corte ha compiutamente motivato circa il concorso del F. nella commissione dei reati satelliti contestati sub b) e c), richiamando le considerazioni svolte con riferimento alla posizione del coimputato G. (fol. 12), che si attagliano perfettamente anche alla posizione del F., trattandosi di condotte poste in essere in modo coordinato fra i concorrenti nel reato ed in pieno accordo fra di loro.

Quanto al quarto motivo, in punto di impossibilità di configurare l’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1) le censure sono completamente destituite di fondamento, in quanto agli imputati non è stato contestato di aver commesso una rapina con condotte di violenza o minaccia, bensì di aver compiuto un tentativo, mediante atti idonei diretti in modo non equivoco a compiere una rapina, ricorrendo alla minaccia dell’uso di un’arma, che uno dei coimputati aveva indosso.

Poichè di tentativo si tratta, è evidente che l’evento non si è verificato, quindi non è stata compiuta alcuna sottrazione di denaro e non è stata usata violenza o minaccia.

Nè si può ritenere che la disciplina del tentativo riguardo solo il reato base.

Al riguardo questa Corte ha osservato, che:

"La disciplina del reato tentato coinvolge tutti gli aspetti della tipicità compresi quelli inerenti alle circostanze: ne consegue che è configurabile, in materia di delitti concernenti gli stupefacenti, l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 allorchè vi sia prova che, se l’operazione illecita di traffico di droga fosse riuscita, essa avrebbe riguardato un quantitativo ingente di sostanza" (Cass. Sez. 4^, Sentenza n. 2631 del 23/11/2006 Ud. (dep. 25/01/2007) Rv. 235937).

E’ infondato anche il quinto motivo concernente le non concesse attenuanti generiche e la misura della pena giacchè la motivazione della impugnata sentenza, pure su tali punti conforme a quella del primo giudice, si sottrae ad ogni sindacato per avere adeguatamente richiamato i precedenti specifici per lesioni personali e tentata rapina, nonchè l’esistenza di un ulteriore procedimento per rapina in corso – elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62 bis c.p.p. – nonchè per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravità dei fatti.

Nè il ricorrente indica elementi non considerati in positivo decisivi ai fini di una diversa valutazione.

Deve essere respinto, infine, il sesto motivo di ricorso in punto di diniego dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., avendo la Corte territoriale respinto l’analoga doglianza avanzata con i motivi d’appello, con motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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