Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-07-2011) 20-07-2011, n. 28864

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20/10/2010, la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cagliari, in data 26/11/2008, riconosciuta la prescrizione dei reati di falso e truffa, rideterminava in anni due, mesi sette di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa la pena inflitta a M.M. e P.C. ed in anni due e mesi due di reclusione ed Euro 1.700,00 di multa la pena inflitta a V.A. per i reati di ricettazione loro rispettivamente ascritti.

Avverso tale sentenza propongono ricorso M.M. e V.A. per mezzo del comune difensore di fiducia, e P.C. personalmente.

M.M. e V.A. deducono violazione della legge penale eccependo che dalla motivazione non emerge la prova della consapevolezza, in testa agli imputati, della provenienza delittuosa degli assegni e dei documenti di identità falsificati.

Si dolgono, inoltre della dosimetria della pena, che ritengono eccessiva, tenuto conto che trattasi di persone tossicodipendenti.

P.C. deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.

Al riguardo si duole del diniego di riconoscimento delle attenuanti generiche come prevalenti o almeno equivalenti alle contestate aggravanti ed eccepisce che la Corte territoriale non ha adeguatamente tenuto conto del suo comportamento processuale ineccepibile, già a partire dal momento del suo arresto.

Eccepisce, inoltre, che il difensore di fiducia, non avendo partecipato all’udienza del 29/1/2010 per adesione ad una giornata di astensione nazionale indetta dall’Unione Camere penali italiane, aveva diritto di ricevere l’avviso di fissazione della successiva udienza cui il dibattimento era stato rinviato.

Motivi della decisione

Tutti i ricorsi sono inammissibili in quanto basati su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

M.M. e V.A..

Le censure sollevate in punto di prova dell’elemento soggettivo sono fondate su motivi del tutto generici, e che, in ogni caso, per l’assoluta aspecificità, non permettono alcuna seria e concreta valutazione delle censure.

Viceversa, i ricorrenti hanno del tutto ignorato le ragioni poste a base del provvedimento impugnato così incorrendo nel vizio di aspecificità conducente, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità dell’impugnazione (Cass., sez. 6^, n. 35656, 6 luglio 2004, Magno).

Per quanto attiene alla dosimetria della pena, le censure sollevate sono destituite di fondamento in quanto:

"La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere" (Cass. Sez. 2^, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009) Rv. 245596).

P.C..

Il motivo concernente le non concesse attenuanti generiche e la misura della pena è inammissibile giacchè la motivazione della impugnata sentenza, pure su tali punti conforme a quella del primo giudice, si sottrae ad ogni sindacato per avere adeguatamente richiamato i numerosi precedenti penali e il comportamento dell’imputato inserito in una preordinazione criminosa complessa ed articolata – elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62 bis c.p.p. – nonchè per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravità dei fatti.

Nè il ricorrente indica elementi non considerati in positivo decisivi ai fini di una diversa valutazione.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00) ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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