Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-07-2011) 20-07-2011, n. 28863 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16/9/2010, la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del Tribunale di Avellino, in data 3/2/2010, che aveva condannato T.A. alla pena di anni sei, mesi dieci di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa per i reati di rapina, lesioni personali e porto di coltello.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di responsabilità, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando tre motivi di gravame.

Con il primo e secondo motivo deduce il vizio della motivazione per travisamento della prova.

Al riguardo si duole che i passaggi della motivazione relativi alla captazione di un colloquio ambientale avvenuto nel carcere di Bellizzi Irpino fra il C. (soggetto imputato di concorso nella rapina) e la di lui moglie, nonchè alla ricognizione informale del prevenuto effettuata in udienza dal teste L.O., sono viziati da palese illogicità e contraddittorietà per travisamento della prova.

In particolare assume che le dichiarazioni del C. sono una semplice constatazione del fatto che il T. era stato coinvolto nell’inchiesta a causa dell’impronta papillare ritrovata sulla moto utilizzata dai rapinatori per la fuga e che la Corte territoriale avrebbe travisato le risultanze del verbale di udienza del 25/11/2009, fornendo una sintesi assolutamente non rappresentativa delle dichiarazioni rese dal teste L., che non si caratterizzano per la spontaneità, quanto piuttosto per la aspecificità ed incertezza.

Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione alle regole che governano la formazione della prova indiziaria.

Al riguardo eccepisce che l’unico indizio incontestabile a carico del prevenuto, costituito dal ritrovamento di una impronta papillare sullo specchietto della moto, non ha carattere di gravità, mentre i giudici hanno equivocato sul valore indiziante delle dichiarazioni rese dal coimputato C. e sul presunto riconoscimento del teste L..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Per quanto riguarda le censure di vizio della motivazione per travisamento della prova, sollevate con i primi due motivi, occorre considerare che: "in tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8 mentre non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è, invece, consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano" (Cass. Sez. 5^, Sentenza n. 39048 del 25/09/2007 Ud. (dep. 23/10/2007 ) Rv. 238215).

E tuttavia per integrare il vizio di travisamento della prova non è sufficiente la pretermissione o l’erronea lettura di un dato processuale, se tale dato non svolge un ruolo decisivo nel percorso argomentativo seguito dal giudice di merito.

Infatti, secondo l’insegnamento di questa Corte:

"Le modifiche apportate dall’art. 8 della L. 20 febbraio 2006, n. 46 non hanno mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un giudizio di legittimità.

Ne consegue che gli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" menzionati ora dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito" (Cass. Sez. 4^, Sentenza n. 35683 del 10/07/2007 Ud. (dep. 28/09/2007) Rv. 237652).

A ben vedere le questioni sollevate con il ricorso tendono proprio ad ottenere una diversa valutazione dei due elementi probatori specificamente indicati dal ricorrente.

In ogni caso si deve escludere che la Corte territoriale abbia fondato il proprio giudizio su una prova che non esiste ovvero su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, sia per quanto riguarda la lettura fornita dalla Corte della captazione del colloquio fra il C. e la moglie, sia per quanto riguarda la deposizione del teste L..

In particolare, per quanto riguarda il colloquio fra il C. e la moglie le censure proposte sono palesemente inammissibili per difetto del requisito di autosufficienza del ricorso.

E’ pacifico, infatti, che: "il ricorso per cassazione che denuncia il vizio di motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità e in forza del principio di autosufficienza, le argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle censure rivolte alla valutazione degli elementi probatori, e non può limitarsi a invitare la Corte alla lettura degli atti indicati, il cui esame diretto è alla stessa precluso" (Cass. Sez. 6^, Sentenza n. 29263 del 08/07/2010 Ud. (dep. 26/07/2010) Rv. 248192; Sez. 6^, Sentenza n. 45036 del 02/12/2010 Ud.

(dep. 22/12/2010) Rv. 249035).

Per quanto riguarda le censure circa il travisamento della deposizione del teste L.O., le stesse appaiono manifestamente infondate in quanto dalla semplice lettura del verbale d’udienza del 25/11/2009, emerge che il teste ha riconosciuto spontaneamente (cioè non a seguito di domanda) nella persona dell’imputato presente in aula uno dei due rapinatori e, precisamente, quello che venne fatto entrare in un secondo momento e non compì alcun atto di violenza (cfr. verbale, fol. 17 e 18).

In effetti il ricorrente propone una diversa lettura delle dichiarazioni del teste, valorizzando gli elementi di incertezza che pure sono presenti nella sua deposizione, da contrapporre a quella effettuata dai giudici di merito, impossibile da effettuare in questa sede.

Alla luce di quanto sopra, deve essere respinto, in quanto infondato, anche il terzo motivo di ricorso, in punto di regole che governano la formazione della prova indiziaria.

Non v’è dubbio, infatti, che il rinvenimento dell’impronta papillare dell’imputato sullo specchietto retrovisore della moto utilizzata dai rapinatori costituisca un indizio grave ma non decisivo.

Con tale indizio concorre l’ulteriore prova indiziaria costituita dall’intercettazione ambientale del coimputato C. e la prova diretta costituita dalla testimonianza della persona offesa L.O..

Pertanto il percorso argomentativo della sentenza impugnata è coerente con il principio di diritto affermato da questa Corte in virtù del quale: "La valutazione della prova indiziaria comporta innanzitutto l’esame dei singoli elementi indiziari per apprezzarne la certezza e l’intrinseca valenza indicativa, quindi l’esame globale degli elementi ritenuti certi per verificare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi così da consentire l’attribuzione del fatto illecito all’imputato" (Cass. Sez. 1^, Sentenza n. 30448 del 09/06/2010 Ud. (dep. 30/07/2010) Rv. 248384).

E’ il caso di aggiungere che la sentenza di secondo grado va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, pronunciata in prime cure, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato, in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza del pieno coinvolgimento dell’imputato nella commissione del reato ritenuto a suo carico.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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