T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 26-07-2011, n. 1203 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decreto del 7 giugno 2010 il Questore di Brescia ha negato al ricorrente E.R. il rilascio del porto d’armi per uso sportivo (tiro a volo). Il diniego è stato adottato sulla base dell’art. 43 comma 1 lett. a) del RD 18 giugno 1931 n. 773, in quanto il ricorrente è stato condannato in via definitiva ex art. 444 cpp a 3 mesi di reclusione per rissa e danneggiamento (GIP Brescia 13 ottobre 1997). Il fatto è stato commesso il 28 dicembre 1995.

2. Contro il suddetto diniego il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 23 settembre 2010 e depositato il 30 settembre 2010. In sintesi il ricorrente afferma che nel caso specifico sarebbe stata fatta un’erronea applicazione dell’art. 43 comma 1 lett. a) del RD 773/1931, in quanto l’amministrazione non avrebbe tenuto conto di alcuni fatti rilevanti, e precisamente dei seguenti: (i) il reato non solo è stato accertato prima dell’introduzione dell’art. 653 comma 1bis cpp ma è stato pure dichiarato estinto ai sensi dell’art. 445 comma 2 cpp (GUP Brescia 15 ottobre 2009); (ii) quando il ricorrente ha commesso il reato aveva solo 19 anni, e da allora è trascorso un periodo di tempo molto ampio, durante il quale il ricorrente si è sposato, ha avuto un figlio e ha avviato un’attività imprenditoriale (copertura tetti e manutenzioni edili) senza altre pendenze giudiziarie.

3. L’amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

4. Sulle questioni proposte dalle parti si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) è vero che il reato e la condanna patteggiata sono anteriori alle novità normative introdotte dalla legge 27 marzo 2001 n. 97, la quale ha aggiunto il comma 1bis all’art. 653 cpp rendendo rilevanti nei procedimenti disciplinari le sentenze penali irrevocabili di condanna. La tutela dell’affidamento dei soggetti condannati con pena patteggiata prima della riforma (v. C.Cost. 25 luglio 2002 n. 394) è stata estesa in giurisprudenza dalla sfera disciplinare all’intero ambito amministrativo, anche per sostenere il carattere non automaticamente preclusivo della condanna e la conseguente necessità di una motivazione integrativa a sostegno del giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi (v. CS Sez. VI 24 aprile 2009 n. 2534);

(b) questo approccio non appare tuttavia interamente condivisibile nella particolare materia delle armi. Al riguardo si osserva che nei procedimenti riguardanti i titoli che abilitano a detenere o a portare armi la formulazione dell’art. 43 del RD 773/1931 impone di ripartire le cause ostative in due gruppi: automatiche (comma 1) e discrezionali (comma 2);

(c) la fattispecie del comma 1 costituisce causa ostativa automatica per la particolare gravità dei delitti ivi elencati, mentre il comma 2 fa riferimento a delitti diversi e meno gravi, individuati per residualità. Dovendo rispettare questa suddivisione è inevitabile ascrivere al comma 1 anche le sentenze di patteggiamento storiche, ossia quelle anteriori alla legge 97/2001. Occorre infatti considerare che (1) l’allarme sociale è collegato dal legislatore direttamente alla tipologia del reato, e (2) nel bilanciamento degli interessi l’esigenza di tutelare la collettività dall’uso improprio delle armi è certamente in grado di prevalere sull’affidamento dei privati. In questo quadro non sembra corretto equiparare una sentenza di patteggiamento storica per i reati del comma 1 a una condanna per i meno gravi reati del comma 2, in quanto così facendo la tutela dell’affidamento del patteggiante si trasformerebbe in una sostituzione delle fattispecie normative riducendo la protezione della collettività;

(d) il problema allora diventa quello di stabilire se la causa ostativa costituita dai reati del comma 1 dell’art. 43 del RD 773/1931 sia oltre che automatica anche permanente, ossia resistente alla riabilitazione. La tesi del carattere permanente è sostenuta con un argomento comparativo: poiché l’art. 11 comma 1 del RD 773/1931 prevede in generale per le autorizzazioni di polizia che la condanna alla reclusione superiore a tre anni per delitti non colposi sia automaticamente ostativa fino alla riabilitazione, mentre nell’art. 43 comma 1 (riferito specificamente alle licenze di porto d’armi) nessun richiamo viene fatto all’eventuale riabilitazione, sarebbe evidente la volontà del legislatore di collegare a quest’ultima fattispecie una preclusione definitiva insensibile alla successiva riabilitazione (v. CS Sez. VI 8 luglio 2009 n. 4375);

(e) l’interpretazione appena esposta non appare condivisibile. Come osservato da altra giurisprudenza sempre in materia di licenze di porto d’armi (v. CS Sez. VI 18 novembre 2010 n. 8102) l’intervenuta riabilitazione elimina la condizione ostativa determinata dalla condanna, senza peraltro comportare l’obbligo di rilasciare l’autorizzazione. Questa tesi è coerente con la funzione della riabilitazione, la quale, mediante l’estinzione delle pene accessorie e degli altri effetti penali derivanti dalla condanna, consegue la reintegrazione del condannato nella capacità giuridica rimasta menomata (v. Cass. pen. Sez. I 29 settembre 2009 n. 40018). In sostanza la riabilitazione, in quanto istituto ripristinatorio avente natura generale e residuale, cancella il rilievo penale della condanna indipendentemente dal richiamo contenuto nelle norme di settore (per escludere l’operatività della riabilitazione sarebbe necessaria una norma apposita, da giustificare sul piano della ragionevolezza costituzionale). Dalla cancellazione del rilievo penale della condanna discende che l’effetto preclusivo automatico, ormai privo del sostrato penale, non può proseguire indefinitamente. In ambito amministrativo la condanna diventa così un fatto discrezionalmente valutabile in relazione agli interessi pubblici tutelati. Si può pertanto concludere nel senso che la riabilitazione è indirettamente rilevante sul piano amministrativo, in quanto costituisce la precondizione per consentire un esame in concreto dell’affidabilità attuale del privato nell’uso delle armi (v. TAR Latina Sez. I 21 marzo 2011 n. 261);

(f) il ricorrente non ha però ottenuto la riabilitazione ma unicamente la dichiarazione di estinzione del reato ai sensi dell’art. 445 comma 2 cpp. I due istituti non sono equivalenti, in quanto la riabilitazione, a differenza dell’estinzione, è pronunciata all’esito di un giudizio favorevole circa l’effettiva rieducazione del condannato (v. Cass. pen. Sez. I 18 giugno 2009 n. 31089; TAR Brescia Sez. I 14 maggio 2010 n. 1731). Dunque solo con la riabilitazione si può considerare superato il vincolo che l’art. 43 comma 1 del RD 773/1931 ricollega alla condanna, perché il distacco dal fatto penalmente rilevante viene certificato non solo sul piano tecnicogiuridico per il decorso del tempo ma anche sul piano sostanziale attraverso una compiuta disamina della condotta post factum;

(g) di conseguenza il ricorrente non può proporre davanti a questo TAR le prove del suo ravvedimento e inserimento sociale, in quanto si tratta di elementi che prima dovranno essere valutati dal giudice penale nel giudizio di riabilitazione, e in seguito, sul presupposto della conseguita abilitazione, dovranno essere presentati all’amministrazione in allegato a una nuova istanza di rilascio del porto d’armi. Nel corso della nuova valutazione amministrativa, il cui esito non può evidentemente essere predeterminato dalla presente sentenza, sarà stabilito attraverso un’apposita istruttoria quale sia il grado attuale di affidabilità del ricorrente nell’uso delle armi.

5. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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