T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 26-07-2011, n. 1202 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Questura di Bergamo con decreto del 6 aprile 2010 (notificato il 12 aprile 2010) ha disposto nei confronti del ricorrente G.P. la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia e della carta europea delle armi da fuoco. Il provvedimento è stato adottato sulla base degli art. 11, 39 e 43 del RD 18 giugno 1931 n. 773, in quanto il ricorrente è stato indagato e sottoposto agli arresti domiciliari per associazione per delinquere, frode nelle pubbliche forniture, truffa, adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari (ordinanza GIP Pescara 11 gennaio 2010). L’indagine penale e la misura restrittiva farebbero dubitare dell’affidabilità del ricorrente circa il corretto uso delle armi, in quanto il possessore di un’arma deve sempre mantenere una condotta irreprensibile e condurre una vita tranquilla e trasparente.

2. Con riferimento alla medesima indagine penale la Prefettura di Bergamo con nota dell’8 aprile 2010 ha comunicato l’avvio del procedimento per l’emissione del divieto di detenzione di armi e munizioni, e ha ordinato al ricorrente la consegna in via cautelativa delle armi e delle munizioni in suo possesso alla stazione dei carabinieri di Alzano Lombardo. Con lettera del 26 aprile 2010 il ricorrente ha chiarito che le armi e le munizioni (2 fucili Beretta e 164 cartucce calibro 12) erano già state consegnate al NAS di Pescara in data 19 gennaio 2010 in conseguenza dell’ordinanza del GIP (dal NAS erano state successivamente trasmesse alla stazione dei carabinieri di Alzano Lombardo competente per territorio). Nella medesima lettera il ricorrente ha inoltre chiesto la sospensione del procedimento fino al termine degli arresti domiciliari, evidenziando la propria intenzione di valutare la possibilità di effettuare una cessione a terzi non familiari conviventi una volta cessati gli impedimenti legali e materiali connessi alla misura detentiva domiciliare. Prendendo atto di tale intenzione la Prefettura di Bergamo con nota del 14 maggio 2010 ha disposto la prosecuzione della detenzione delle armi e delle munizioni da parte della stazione dei carabinieri di Alzano Lombardo fino al termine degli arresti domiciliari.

3. In seguito a un’istanza di accesso del ricorrente la Questura con nota del 5 maggio 2010 ha comunicato che la revoca "scaturisce unicamente dal provvedimento emesso dal GIP del Tribunale di Pescara" e che "quest’Ufficio non (ripetesi non) dispone del predetto provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, ma solo dei suoi contenuti salienti".

4. Contro il decreto della Questura che ha disposto la revoca, e per quanto necessario contro gli atti della Prefettura sopra richiamati, il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 14 giugno 2010 e depositato il 23 giugno 2010. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) mancata comunicazione di avvio del procedimento; (ii) violazione degli art. 11, 39 e 43 del RD 773/1931, in quanto la vicenda penale coinvolge il ricorrente nella sua qualità di dipendente della Bioster spa (società che si occupa della sterilizzazione di dispositivi medici) e i reati ipotizzati riguardano appunto le operazioni di sterilizzazione svolte per conto dell’azienda ospedaliera di Pescara e non hanno alcun collegamento con l’uso delle armi né presuppongono una condotta violenta; (iii) difetto di motivazione, in quanto l’amministrazione non avrebbe considerato adeguatamente i fatti rilevanti (non era stata acquisita neppure l’ordinanza che disponeva gli arresti domiciliari) e comunque non sarebbe stato dimostrato il pericolo di abuso delle armi. Oltre all’annullamento degli atti impugnati è stato chiesto il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente.

5. L’amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

6. Poco dopo la notifica del decreto di revoca della Questura gli arresti domiciliari sono stati sostituiti con l’obbligo di dimora nel comune di residenza (ordinanza GIP Pescara 26 aprile 2010). Successivamente anche l’obbligo di dimora è stato revocato (ordinanza del Tribunale di L’Aquila del 14 luglio 2010) tenuto conto del tempo trascorso e del comportamento mantenuto dal ricorrente durante le misure cautelari, e in considerazione del fatto che nel frattempo molte strutture sanitarie avevano interrotto i rapporti commerciali con Bioster spa.

7. Sulle questioni proposte dalle parti si possono formulare le seguenti considerazioni:

(a) relativamente al decreto di revoca emesso dalla Questura si osserva che in effetti non vi sono esimenti per la mancata comunicazione di avvio del procedimento. Nel caso in esame tale comunicazione avrebbe potuto essere effettuata senza pregiudizio per le esigenze cautelari connaturate alla materia delle armi, in quanto i fucili del ricorrente erano già stati presi in consegna dai carabinieri il 19 gennaio 2010, assieme a tutte le munizioni, in conseguenza dell’ordinanza del GIP che ha disposto gli arresti domiciliari. Non vi era quindi alcun rischio che il ricorrente potesse commettere degli abusi nelle more del procedimento;

(b) tuttavia la censura formale di violazione delle garanzie procedurali non può da sola condurre all’annullamento del provvedimento finale, perché è sempre necessario, per il principio ora codificato dall’art. 21octies comma 2 secondo periodo della legge 7 agosto 1990 n. 241, effettuare la prova di resistenza esaminando se a causa di tale violazione l’amministrazione sia stata privata di elementi istruttori in grado di far ipotizzare una decisione diversa. Non sarebbe infatti né utile né economico annullare un provvedimento (discrezionale o vincolato) che può essere adottato di nuovo con lo stesso contenuto. La prova di resistenza deve essere condotta esaminando le censure di natura sostanziale proposte con l’impugnazione;

(c) non sembra sussistere alcuna violazione degli art. 11, 39 e 43 del RD 773/1931 sotto il profilo evidenziato nel secondo motivo di ricorso. Il giudizio sull’affidabilità nell’uso delle armi prescinde da un accertamento definitivo in sede penale, in quanto le valutazioni della Questura e della Prefettura si collocano su un piano autonomo. I provvedimenti di pubblica sicurezza sui titoli che autorizzano il porto d’armi e la detenzione di armi e munizioni possono intervenire (e normalmente intervengono) prima del giudizio penale e indipendentemente da questo, tenuto conto soprattutto delle esigenze cautelari che richiedono decisioni rapide nell’interesse (certamente prevalente) dell’incolumità delle persone. Gli unici vincoli derivanti dalla decisione eventualmente sopravvenuta in sede penale sono quelli connessi agli effetti del giudicato;

(d) le informazioni contenute negli atti della fase delle indagini preliminari valgono quindi sul piano amministrativo per il loro contenuto intrinseco, ossia per la coerenza della narrazione, la credibilità delle circostanze esposte e l’indicazione di riscontri oggettivi;

(e) il fatto che i reati ipotizzati non abbiano alcun collegamento con le armi e non presuppongano una condotta violenta non significa che quanto emerso nelle indagini penali sia automaticamente irrilevante ai fini del giudizio sull’affidabilità nell’uso delle armi. L’onere probatorio a carico dell’amministrazione si aggrava progressivamente quando dai comportamenti direttamente correlati alle armi o alla violenza ci si sposta verso la generica assenza del requisito della buona condotta (v. C.Cost. 16 dicembre 1993 n. 440). Anche in quest’ultimo caso, tuttavia, se la dimostrazione è corredata di idonei elementi indiziari ed è fondata su solide argomentazioni, non esiste un limite normativo o logico che impedisca di arrivare a una conclusione sfavorevole al privato;

(f) proprio sotto questo profilo appare però condivisibile il motivo di ricorso incentrato sulla carenza di motivazione. In effetti la revoca ha quale unico presupposto l’ordinanza del GIP con cui sono stati disposti gli arresti domiciliari. La suddetta ordinanza è stata presa in considerazione per la sua sola esistenza, ossia con un approccio formalistico (oltretutto per stessa ammissione della Questura non vi è stata neppure l’acquisizione dell’intero documento). È quindi mancata un’autonoma valutazione dei fatti, indispensabile per trarre un significato collegabile all’uso delle armi da episodi delittuosi relativi a fattispecie focalizzate su altri beni giuridici. Non era necessario che la Questura attendesse l’evoluzione delle decisioni del giudice penale sulle misure cautelari (in realtà riferite prevalentemente al pericolo di reiterazione dei reati) ma certamente era richiesto un maggiore sforzo argomentativo secondo le categorie proprie del diritto amministrativo e particolarmente della normativa in materia di armi;

(g) quanto agli atti della Prefettura, impugnati per tuziorismo, l’avvio del procedimento per l’emissione del divieto di detenzione di armi e munizioni non ha avuto seguito, il che autorizza a ritenere che l’amministrazione abbia preferito soprassedere. Dunque manca attualmente un atto lesivo direttamente impugnabile. Per quanto riguarda invece l’ordine di consegna delle armi e delle munizioni, si tratta di un provvedimento adottato in via cautelativa e collegato espressamente alla durata degli arresti domiciliari, e pertanto i relativi effetti si sono ormai esauriti. La Prefettura dovrà quindi, se lo riterrà opportuno, avviare un nuovo procedimento per determinarsi su tutte le questioni di sua competenza.

8. In conclusione il ricorso deve essere accolto nei termini precisati sopra al punto 7f, con il conseguente annullamento del decreto di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia e della carta europea delle armi da fuoco. Non possono invece trovare accoglimento le censure rivolte ai provvedimenti della Prefettura, come esposto sopra al punto 7g. Deve essere respinta anche la domanda di risarcimento danni, sia per la sua formulazione generica sia perché la presente sentenza è integralmente satisfattiva dell’interesse legittimo del ricorrente. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso come precisato in motivazione. Respinge la domanda risarcitoria. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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