T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 26-07-2011, n. 1996 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza n. 72 del 2007, il Comune di Baranzate ingiungeva alla società G. Spa la demolizione di una serie di opere abusive realizzate dalla società su area agricola (deposito di materiale ferroso con asfaltatura del sedime), ed il ripristino dello stato dei luoghi.

Contro tale ordinanza era proposto ricorso davanti al TAR Lombardia (RG 244/2008), che lo respingeva con sentenza della Sezione II, 20.2.2008, n. 338.

La decisione di primo grado era oggetto di appello al Consiglio di Stato.

Con atto a firma del Responsabile dell’Area Gestione Territorio del 13.2.2009, l’Amministrazione comunale accertava successivamente l’inottemperanza alla pregressa ordinanza di demolizione n. 72/2007, disponendo la trascrizione dell’atto stesso nei pubblici registri ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 del DPR 380/2001.

Contro tale provvedimento era proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva e di danni, per i motivi che possono così essere sintetizzati (motivi peraltro riferiti tutti all’ingiunzione di demolizione del 2007):

1) violazione dell’art. 31 del DPR 380/2001, difetto di motivazione in relazione al principio di tutela dell’affidamento, difetto di adeguata istruttoria e sviamento;

2) violazione dell’art. 31 del DPR 380/2001 ed eccesso di potere per illogicità e sviamento;

3) violazione dell’art. 31 del DPR 380/2001 in relazione all’art. 10 del DPR 380/2001 ed all’art. 7 comma 2°, lett. b) e c), della legge 94/1982 ed eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria e per errata rappresentazione del presupposto;

4) violazione per falsa applicazione dell’art. 31 del DPR 380/2001 in relazione all’art. 10 del DPR 380/2001 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria adeguata e per errata rappresentazione del presupposto.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, concludendo per l’inammissibilità ed in ogni caso per l’infondatezza nel merito del gravame.

Con decreto del Presidente della II Sezione n. 254 del 25.2.2009, era accolta l’istanza di misure cautelari monocratiche contenuta nel ricorso.

In esito alla camera di consiglio del 4.3.2009, la domanda cautelare era accolta con ordinanza n. 286/2009, seppure temporaneamente e con contestuale rinvio all’udienza camerale del 2 aprile 2009, in attesa della decisione del giudice d’appello sulla sospensione della citata sentenza del TAR Lombardia n. 338/2008.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza della IV Sezione n. 1203 del 10.3.2009, respingeva però l’istanza di sospensione della sentenza n. 338/2008.

Alla successiva udienza in camera di consiglio del 2.4.2009, davanti al TAR Lombardia, la ricorrente rinunciava alla domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 7.7.2011, la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto di interesse ad agire, sollevata dalla difesa comunale nei propri scritti.

L’eccezione merita accoglimento, per le ragioni che seguono.

Con il ricorso in epigrafe è stato impugnato l’atto del Comune con il quale il responsabile dell’ufficio ha accertato l’inottemperanza all’ordine di demolizione n. 72/2007 (ordinanza allo stato esecutiva ed efficace, visto che il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione della sentenza del TAR che ha ritenuto legittima l’ordinanza medesima), adottando le conseguenti determinazioni previste dall’art. 31 del DPR 380/2001, commi 3° e 4°.

Come noto, i due commi di cui sopra prevedono che, qualora il responsabile dell’abuso non provveda alla demolizione (come nel caso di specie), l’Amministrazione accerti l’inottemperanza alla demolizione stessa, attraverso un atto che, previa notificazione all’interessato, costituisce titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, quest’ultima necessaria per dare pubblicità legale all’avvenuta acquisizione gratuita al patrimonio del Comune del bene abusivo, dell’area di sedime e di quella necessaria alla realizzazione di opere analoghe.

L’atto di accertamento dell’inottemperanza è certamente impugnabile per vizi propri (ad esempio, qualora il Comune per sbaglio non si avveda dell’avvenuto adempimento, anche parziale, dell’ordine di demolizione o per erronea determinazione dell’area da acquisire al patrimonio dell’ente locale), ma nel caso di specie i mezzi di gravame non attengono specificamente all’atto impugnato, ma al pregresso ordine di demolizione, la cui legittimità è già stata ritenuta da questo Tribunale con la più volte menzionata sentenza n. 338/2008 (cfr. doc. 12 della ricorrente), sentenza la cui efficacia non è stata sospesa dal Consiglio di Stato (cfr. doc. 4 del resistente).

In mancanza di censure specifiche contro l’atto di accertamento dell’inottemperanza e di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, il presente ricorso deve reputarsi inammissibile per difetto di interesse a ricorrere, in quanto dal richiesto accoglimento non potrebbe derivare alcuna concreta utilità all’esponente.

Infatti, nell’ipotesi di rigetto dell’appello e quindi di conferma della sentenza della scrivente Sezione n. 338/2008, la ricorrente non avrebbe alcuna ragione di contestazione dell’atto in questa sede impugnato, contro il quale non sono state mosse censure per vizi autonomi; nel caso contrario, invece, di accoglimento integrale dell’appello e di annullamento dell’ordine di demolizione in riforma della sentenza di primo grado, l’atto di accertamento dell’inottemperanza perderebbe efficacia ipso iure, essendo fondato su un presupposto (abusività delle opere oggetto della demolizione), che sarebbe smentito dal Consiglio di Stato (in altri termini, l’annullamento dell’ordine di demolizione avrebbe un effetto direttamente caducante e non meramente viziante dell’atto di accertamento dell’inottemperanza).

Ciò premesso, è altresì evidente che non occorre disporre la sospensione del presente giudizio ai sensi dell’art. 295 del codice di procedura civile e dell’art. 79 del codice del processo amministrativo, come chiesto dalla difesa della ricorrente anche del corso dell’udienza pubblica, visto che non sussiste pregiudizialità, in senso tecnicogiuridico, fra la presente controversia e quella pendente davanti al giudice amministrativo d’appello.

L’accoglimento dell’eccezione pregiudiziale di cui sopra esime il Collegio dalla trattazione del merito della causa.

2. La domanda di risarcimento dei danni deve essere respinta, attesa non solo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ma tenendo altresì conto che del lamentato danno non è stata offerta in giudizio idonea e concreta prova, in violazione del principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 del codice civile e dell’art. 64 del codice del processo amministrativo ( D.Lgs. 104/2010).

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di causa a favore del Comune di Baranzate, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA, CPA e spese generali).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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