T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 26-07-2011, n. 1992

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento prot. 36976 del 2.11.2010, a firma congiunta del Dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale e dell’Assessore all’Urbanistica ed all’Edilizia Privata, il Comune di Parabiago respingeva definitivamente la proposta, presentata da una serie di soggetti fra cui l’attuale ricorrente, di approvazione di un piano attuativo in variante al vigente PRG, in applicazione dell’art. 26 della legge regionale 12/2005, così come modificato dall’art. 21 della legge regionale 7/2010.

Contro il citato atto di diniego era proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva e di risarcimento dei danni, per i motivi che possono essere così sintetizzati:

1) omissione di atti dovuti ed eccesso di potere;

2) violazione di legge ed errore di interpretazione dell’art. 26 comma 3 ter LR 12/2005;

3) irrazionalità ed illogicità della motivazione ed eccesso di potere;

4) mancata adozione della diligenza cui sono tenuti gli amministratori della cosa pubblica, omissione di atti dovuti ed eccesso di potere.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, concludendo per l’inammissibilità ed in ogni caso per l’infondatezza nel merito del gravame.

In esito all’udienza in camera di consiglio del 10.2.2011, il ricorrente rinunciava alla domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 7.7.2011, la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa comunale, secondo la quale l’esponente non sarebbe legittimato a far valere la violazione dell’art. 26, comma 3ter della legge regionale 12/2005, in quanto la decisione dell’Amministrazione comunale di non dare corso ad un’istanza di piano attuativo in variante dello strumento urbanistico generale, non sarebbe sindacabile.

L’eccezione è infondata.

Il Collegio non ignora certo l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la scelta della P.A. di non adottare piani attuativi in variante agli strumenti urbanistici costituisce manifestazione di ampia discrezionalità amministrativa, censurabile davanti al giudice amministrativo se non in caso di manifesta illogicità o irrazionalità (così la sentenza del TRGA, Bolzano, 26.5.2010, n. 151, citata dalla difesa del resistente).

Nel caso di specie, tuttavia, la decisione del Comune di non dare corso al piano attuativo in variante, pur dopo l’espletamento della relativa istruttoria, è dipeso unicamente dall’entrata in vigore della norma di legge regionale sopra citata (comma 3ter dell’art. 26 della LR 12/2005), per cui l’eventuale accoglimento del presente gravame sarebbe di utilità per l’esponente, visto che l’Amministrazione comunale dovrebbe determinarsi nuovamente sull’istanza di piano attuativo, che potrebbe anche trovare accoglimento da parte del Comune di Parabiago, salve eventuali differenti ragioni ostative, che non sono state però esplicitate nel provvedimento impugnato.

2. La decisione del presente gravame postula la corretta interpretazione del comma 3ter dell’art. 26 (articolo recante la rubrica"Adeguamento dei piani"), della legge regionale 12/2005 sul governo del territorio, comma introdotto dall’art. 21, comma 1, lett. b), della legge regionale 7/2010.

In particolare, la citata norma non consente l’applicazione dell’art. 25 comma 1° della LR 12/2005 – che permette a determinate condizioni l’approvazione di piani attuativi in variante al PRG – nei comuni lombardi che alla data del 31 marzo 2010 non hanno adottato il PGT (Piano di Governo del Territorio), pur facendosi in ogni caso salva "…la conclusione, anche agli effetti di variante urbanistica, delle procedure in corso alla data del 31 marzo 2010.. ".

Nel caso di specie, a fronte della proposta di piano attuativo in variante avanzata dal ricorrente e da altri soggetti, atteso che il Comune di Parabiago non era dotato di PGT al 31.3.2010, il problema postosi all’attenzione degli uffici comunali era – ed è tuttora – quello della precisa individuazione dell’eccezione al divieto introdotto dal comma 3ter, vale a dire quello della corretta interpretazione della locuzione legislativa "procedure in corso alla data del 31 marzo 2010".

Sul punto, il Comune ha interpellato la Regione Lombardia, con lettera del 15.3.2010 (cfr. doc. 10 del resistente) e la Regione ha rinviato ad una propria nota del 16.3.2010, contenente indirizzi generali interpretativi ed applicativi delle novità introdotte nel 2010 alla LR 12/2005 (cfr. doc. 11 del resistente).

La nota del 16.3.2010, a cura della Direzione Generale Territorio e Urbanistica della Regione, specifica che devono ritenersi "in corso" i procedimenti per i quali, alla data del 31.3.2010, sia intervenuta la deliberazione di Consiglio comunale di adozione del piano (che dovrà essere successivamente approvato), oppure sia stata adottata dalla Giunta comunale una proposta di deliberazione in variante da sottoporre al Consiglio (cfr. il testo della nota regionale, doc. 11 del resistente).

La tesi del Comune, che nel provvedimento impugnato ha fatto propria l’interpretazione offerta dagli uffici della Regione, non appare, nel caso di specie, convincente.

La procedura per l’approvazione di piani attuativi, in Lombardia, è contenuta nell’art. 14 della LR 12/2005 ("Approvazione dei piani attuativi e loro varianti. Interventi sostitutivi"), il quale prevede, per i piani attuativi di iniziativa privata, che l’istruttoria sia condotta dai competenti uffici comunali, i quali, in caso di esito positivo, propongono l’adozione del piano all’organo politico competente.

La deliberazione di adozione da parte del Consiglio comunale, di cui parla la nota interpretativa regionale, interviene quindi al termine dell’istruttoria condotta dagli uffici, istruttoria avente un esito positivo, giacché in caso contrario la proposta di piano di iniziativa privata neppure è posta all’attenzione dell’organo consiliare.

Appare pertanto estremamente arduo, se non addirittura impossibile, sostenere che una procedura di piano in variante possa essere reputata "in corso", soltanto se adottata dal Consiglio comunale, posto che tale adozione – giova ripeterlo – presuppone necessariamente lo svolgimento, con valutazione positiva, di una istruttoria talora molto complessa da parte degli uffici tecnici dell’Ente (cfr. art. 14, comma 1°, della LR 12/2005).

Quanto all’altra ipotesi di procedura "in corso" individuata dalla Regione nelle sue note interpretative, si tratta di una fattispecie meramente teorica, non vietata ma neppure prevista dalla legge (ipotesi la cui ricorrenza, nella prassi, è tutta da verificare): la Regione, infatti, si riferisce al caso in cui la Giunta comunale assuma una deliberazione con cui propone al Consiglio l’adozione del piano in variante.

Si tratta, giova ricordarlo, di una fattispecie non prevista dalla legge regionale all’art. 14 citato, meramente facoltativa, della quale non è neppure possibile comprendere la diffusione presso i comuni lombardi.

Si aggiunga che l’interpretazione regionale sul comma 3ter sopra citata, sembra porsi in contrasto non soltanto con le norme richiamate della LR 12/2005, ma anche contro i principi generali sul procedimento amministrativo di cui alla legge 241/1990, principi certamente applicabili alle procedure comunali di variante urbanistica (cfr. art. 29 della legge 241/1990).

Per la legge 241/1990, come noto, un procedimento può dirsi avviato – e quindi "in corso" – allorché viene trasmessa ai soggetti interessati comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi degli articoli 7 e seguenti della legge medesima.

Ciò premesso, non può accogliersi la restrittiva interpretazione del comma 3ter citato, offerta dal Comune su conforme indicazione regionale, allorché – come nel caso di specie – la domanda di piano attuativo in variante sia stata presentata ormai da tempo e l’istruttoria sia stata svolta (cfr. il doc. 3 del Comune, dal quale risulta che il procedimento era già in corso al 23.11.2007, visto che in tale data l’Ufficio Tecnico di Parabiago chiedeva al ricorrente e agli altri interessati, integrazioni documentali al fine di procedere all’istruttoria; si veda altresì il doc. 8 del Comune in data 5.11.2009, con il quale si comunica espressamente che "l’istruttoria della proposta di piano attuativo si è conclusa").

L’interpretazione comunale potrebbe trovare accoglimento nel caso – che non ricorre però nella presente controversia – in cui al 31.3.2010 il privato abbia semplicemente presentato la propria richiesta di piano in variante, senza che sulla stessa sia stata svolta alcuna istruttoria dagli uffici.

A diversa conclusione non induce la lettura del comma 3quater dell’art. 26 citato, introdotto dalla legge regionale 3/2011, il quale vieta ai comuni che non hanno adottato il PGT al 30.9.2011, di dare corso a piani attuativi del vigente PRG, "fatta salva l’approvazione dei piani già adottati alla medesima data".

La norma, infatti, ha un contenuto ed una formulazione radicalmente differente da quella del precedente comma 3ter, per cui non può essere richiamata dal Comune di Parabiago a sostegno delle proprie tesi giuridiche, ma semmai smentisce le stesse, visto che soltanto con la riforma legislativa del 2011 la Regione ha espressamente menzionato i piani attuativi, laddove la norma del comma 3ter è riferita – più genericamente – alle procedure in corso.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed assorbimento di ogni altra censura.

3. La domanda di risarcimento del danno deve, invece, essere respinta, per le ragioni che seguono.

In primo luogo, come già sopra evidenziato al punto 1, per effetto dell’accoglimento del presente gravame, il Comune dovrà determinarsi nuovamente sull’istanza dell’esponente di approvazione di un piano attuativo in variante, sicché la pretesa risarcitoria dell’esponente appare soddisfatta dal riesercizio del potere amministrativo, nel rispetto ovviamente di quanto statuito nella presente decisione.

Inoltre, nel caso di specie manca completamente uno degli elementi essenziali per configurare in capo all’Amministrazione la responsabilità ex art. 2043 del codice civile, non ravvisandosi in capo al Comune la colpa, da intendersi quale negligenza o inosservanza di leggi da parte dell’apparato burocratico dell’Amministrazione di Parabiago (sulla perdurante rilevanza della colpa quale presupposto della responsabilità della P.A., nonostante taluni diversi orientamenti relativi alla sola materia degli appalti pubblici, si veda TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 31.3.2011, n. 858).

Gli uffici di Parabiago si sono, infatti, trovati a dare applicazione ad una norma (il citato comma 3ter dell’art. 26), di non eccelsa fattura tecnica e conseguentemente di difficile lettura, sicché hanno ritenuto opportuno chiedere il parere della Regione Lombardia, al quale si sono poi attenuti.

L’osservanza del parere, anche se quest’ultimo appare erroneo per le ragioni sopra riportate, vale ad escludere la colpa in capo all’Amministrazione, conformemente alle conclusioni raggiunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa, per le quali non sussiste colpa della P.A. in caso di novità e difficoltà interpretativa della norma di legge (cfr. sul punto, fra le tante, TAR Lazio, sez. II, 24.2.2011, n. 1720).

4. La novità della questione trattata, oltre alla soccombenza del ricorrente sulla domanda risarcitoria, inducono il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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