Cass. civ. Sez. VI, Sent., 12-12-2011, n. 26653 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- La Corte d’appello di Napoli – adita da parte ricorrente al fine di conseguire l’equa riparazione per la lamentata irragionevole durata di un processo pendente dal 1997 al 2009 dinanzi al TAR di Catania – con il decreto impugnato ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare alla parte attrice la somma di Euro 9.417,50 a titolo di danno non patrimoniale nonchè al rimborso delle spese processuali, liquidate per l’intero in Euro 560,00.

Per la cassazione di tale decreto parte attrice ha proposto ricorso affidato a un motivo.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato a un motivo, con il quale denuncia violazione di legge per non essersi la Corte di merito attenuta nella liquidazione dell’indennizzo alla giurisprudenza della CEDU e di questa Corte (Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo).

Le parti hanno depositato memoria nei termini di cui all’art. 378 c.p.c..

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Il Collegio ritiene che il ricorso incidentale sia infondato alla luce del principio per il quale i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte Europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo che, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 e sul ricorso n. 64897/01), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno il parametro per la quantificazione dell’indennizzo, che deve essere osservato dal giudice nazionale, con la facoltà di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali: l’entità della "posta in gioco", il "numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento" ed il comportamento della parte istante;

per tutte, Cass. n. 4572 e n. 3515 del 2009; n. 1630 del 2006), purchè motivate e non irragionevoli (tra le molte, a quelle da ultimo richiamate, aggiungi Cass. n. 6039 del 2009; n. 6898 del 2008). D’altra parte il giudice del merito può attribuire una somma maggiore, qualora riconosca la causa di particolare rilevanza per la parte, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione, da ritenersi compreso nella liquidazione del danno (argomenta da Cass. n. 7073, n. 6039 e n. 3515 del 2009; n. 18012 e n. 6898 del 2008).

3.- Con l’unico motivo del ricorso principale il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione e lamenta che il Giudice del merito:

a) ha erroneamente applicato la tariffa professionale, richiamando le voci relative ai procedimenti speciali anzichè quelle relative al processo contenzioso. b) non ha motivato la liquidazione delle spese;

c) non ha tenuto conto della nota spese depositata e ha violato i minimi tariffari.

3.- Osserva la Corte che il ricorso è fondato nei limiti infrascritti.

Invero, effettivamente "il processo camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nè rientra tra quelli speciali di cui alle tabelle A) e B) allegate al D.M. 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50, paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa allegata al D.M. n. 127 cit., i procedimenti in camera di consiglio ed in genere i procedimenti non contenziosi" (Sez. 1, Sentenza n. 25352 del 17/10/2008).

In applicazione di tali principi, la considerazione che il decreto ha liquidato i diritti (per l’intero) in Euro 150,00, rende palese la fondatezza della censura, posto che in sede di decisione ex art. 384 c.p.c. questa Corte avrebbe liquidato per tale voce la somma di Euro 600,00.

Il decreto va quindi cassato limitatamente al capo concernente le spese e la causa decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, mediante la liquidazione delle spese dovute per il giudizio di merito, ferma restando la compensazione per la metà, come disposto dalla Corte di appello con statuizione non impugnata.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’Amministrazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale, accoglie il ricorso il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 600,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario;

che determina per il giudizio di legittimità in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *