T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 26-07-2011, n. 458

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I – Il ricorrente – proprietario in Bojano di un fabbricato rurale fatiscente, edificato nel 1940 con finalità di rimessa, sito al foglio 52 p.lla 206, in località "Pincere" – si duole dell’apposizione di un vincolo architettonico sulle fornaci di argilla (dette appunto "pincere"), una delle quali è presente sulla sua proprietà. Il ricorrente insorge per impugnare i seguenti atti: 1)il decreto di vincolo architettonico n. 18/06 datato 5.10.2006, a firma del direttore della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, con il quale è stato imposto il vincolo architettonico sul fabbricato di proprietà del ricorrente, ubicato in agro del Comune di Bojano (Cb) e distinto in catasto con la p.lla n. 206 fg. n. 52; 2)la allegata relazione datata 5.10.2006, a firma del funzionario incaricato e del soprintendente "ad interim"; 3)tutti gli atti presupposti, conseguenti o connessi, con particolare riferimento al verbale della seduta del 19.01.2006, del comitato regionale di coordinamento, nonché alla nota prot. 1292 del 15.9.2006, con la quale la Soprintendenza per i beni architettonici per il Molise ha proposto alla direzione regionale l’emissione del provvedimento di dichiarazione dell’interesse culturale, ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004. Deduce i seguenti motivi: 1)violazione ed errata applicazione art. 3 legge n. 241 del 1990 e s.m.i., carenza di motivazione, carenza di istruttoria, errore di fatto e di diritto, difetto dei presupposti di fatto e di diritto, eccesso di potere per illogicità manifesta, illegittimità derivata; 2)violazione art. 42 Costituzione.

Con successiva memoria, il ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni.

Si costituisce l’Amministrazione intimata, deducendo, anche con due successive memorie, l’infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.

Con ordinanza collegiale n. 47 del 2007, questa Sezione respinge la domanda cautelare della parte ricorrente.

Con ordinanza collegiale n. 172 del 2008, sono disposti incombenti istruttori (verificazione). I termini della verificazione sono poi prorogati con le ordinanze nn.203/2008, 22/2009 e 248/2009.

All’udienza del 25 maggio 2011, la causa viene introitata per la decisione.

II – Il ricorso è infondato.

III – La relazione peritale, qui pervenuta in data 28.3.2011, a firma del prof. Giuliano Volpe, ordinario di archeologia, a seguito della verificazione istruttoria disposta da questo T.a.r., ha consentito di asseverare la piena validità e legittimità dei provvedimenti impugnati.

E’ opinione degli esperti ritenere che gli odierni orientamenti della tutela archeologica non siano più indirizzati a privilegiare in via esclusiva le forme alte e rare dell’arte e dell’archeologia, ma riconoscano dignità, significato e valore anche alle risalenti testimonianze del lavoro e della vita sociale di uomini e comunità. Lo stesso ordinamento giuridico ha recepito una nozione ampia di "bene culturale", con il riconoscimento di nuove categorie di beni che siano "testimonianze aventi valore di civiltà" (art. 2 del D.Lgs. n. 42/2004). Il valore culturale non è più rappresentato dall’oggetto materiale nella sua estrinsecazione fisica, ma si concretizza nella funzione sociale del bene, visto come fattore di sviluppo intellettuale della collettività e come elemento attorno a cui si definisce l’identità della comunità locale. L’art. 10 lett. L) del Codice dei beni culturali espressamente comprende nella definizione di bene culturale "le architetture rurali aventi interesse storico o etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale". Tale normativa ha dunque dilatato il concetto di patrimonio culturale, consentendo che per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali – sentiti come beni comuni – siano imposti vincoli che sacrificano la proprietà privata. In tale ricchezza e varietà dell’ambiente fisico e antropico da conservare e valorizzare si inquadrano le "pincere" di Bojano, antichi impianti di lavorazione dell’argilla e di fabbricazione dei "pinci" (tegole).

Il bene tutelato, nel caso di specie, è inserito in uno stabile estremamente degradato e versa in cattivo stato di conservazione. Nondimeno, esso costituisce un bene di particolare interesse, anche perché la prossimità di una cava e il toponimo della località "Pincere" su cui insiste il fabbricato del ricorrente testimoniano la vocazione della contrada che rappresenta, a giudizio degli esperti, un contesto rurale tipico della Piana di Bojano. Il vincolo imposto, pertanto, è del tutto giustificato, con la conseguenza che il ricorrente può effettuare sulla sua proprietà opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, comprese quelle di consolidamento strutturale, a condizione che siano rispettose dei connotati dell’edificio determinativi dell’imposizione di vincolo. Il ricorrente potrebbe persino realizzare opere di riuso funzionale, di adeguamento alla destinazione d’uso o di conversione a una destinazione d’uso diversa e compatibile – nell’ambito di quanto consentito dalla vigente disciplina urbanistica – purché siano opere conservative dell’organismo edilizio e degli elementi tipologici, formali e strutturali di esso. In ogni caso, è esclusa la demolizione delle cose costituenti bene culturale ed è necessario che siano rispettate le indicazioni del decreto del commissario delegato della Regione Molise n. 10 datato 25.1.2006, nonché delle regole di restauro e conservazione (impiego di materiali compatibili, accurata custodia e conservazione delle strutture e attrezzature attribuibili all’esercizio della "pincera", eccetera).

I motivi del ricorso sono, dunque, destituiti di fondamento. Il provvedimento impugnato è congruamente motivato, di guisa che non è censurabile sotto il profilo della violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, né tampoco per i presunti vizi di carenza di istruttoria, errore di fatto e di diritto, difetto dei presupposti o illogicità manifesta. La limitazione dell’uso privato del bene non ha carattere espropriativo, ma conformativo ed è del tutto compatibile con il diritto di proprietà, stante la previsione della funzionalizzazione sociale del diritto proprietario, di cui è menzione nell’art. 42 della Costituzione, senza dire dell’importante e prevalente tutela del patrimonio culturale, posta in evidente risalto nella previsione dell’art. 9 della stessa Costituzione (cfr.: Cons. Stato VI, 20.10.2005 n. 5909; T.A.R. Toscana Firenze III, 18.1.2010 n. 31).

IV – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Le spese del giudizio e della verificazione seguono la soccombenza e sono forfetariamente liquidate le prime in euro 1000,00 (mille), le seconde in euro 1500,00 (millecinquecento), al lordo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge, perché infondato.

Condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio, forfetariamente liquidate in euro 1000,00 (mille) al lordo.

Liquida altresì il rimborso e il compenso della verificazione, nella misura forfetaria complessiva di euro 1500,00 (milecinquecento) al lordo, ponendo la relativa spesa a carico del ricorrente soccombente.

Così deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 25 maggio 2011, dal Collegio così composto:

Goffredo Zaccardi, Presidente

Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore

Luca Monteferrante, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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