Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-06-2011) 20-07-2011, n. 28848

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p.1. Con sentenza del 8/07/2010, la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza pronunciata in data 20/02/2007 con la quale il g.u.p. del Tribunale della medesima città aveva ritenuto C. A. (in concorso con A.L.) responsabile dei delitti di cui agli artt. 416, 648, 482 e 640 c.p.. p.2. Avverso la suddetta sentenza, il solo C., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. violazione dell’art. 416 c.p. per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza del suddetto reato senza avere considerato che: a) era carente il requisito della necessaria conoscenza da parte degli imputati tra di loro; b) non era stata provata l’esistenza di una struttura solida, capace ex se di procedere alla commissione dei reati contestati; c) non era stato chiarito quale fosse stato l’apporto causale dell’imputato nella contestata associazione;

2. violazione dell’art. 192 c.p., per avere la Corte territoriale ritenuto la responsabilità dell’imputato anche in relazione ai contestati reati sub B) e C) (ricettazioni, falsi e truffa) pur in assenza di elementi probatori idonei a provare la sussistenza dei fatti e la responsabilità dell’imputato. Infatti, ad avviso del ricorrente, "la lettura della sentenza di primo grado nonchè la decisione di secondo grado evidenziano tutta una serie di deduzioni svolte dagli organi giudicanti, basate su argomentazioni logiche non departentesi da elementi fattuali e quand’anche derivanti da fatti storici su questi non è stata fornita la prova adeguata".

DIRITTO:

p.3. violazione dell’art. 416 c.p.: l’identica questione era stata dedotta con i motivi di appello ma la Corte, fattasi carico della doglianza, l’ha disattesa con motivazione congrua, adeguata e logica, illustrando sia le ragioni per le quali il C. doveva ritenersi uno dei promotori del sodalizio criminoso sia gli elementi (anche di natura logica) dai quali si desumeva che conosceva perfettamente il coimputato A. (cfr pag. 1-2 sentenza impugnata). Pertanto, essendosi il ricorrente, in questa sede, limitato a reiterare la suddetta doglianza, la medesima va ritenuta manifestamente infondata essendo generica ed aspecifica rispetto alla motivazione dell’impugnata sentenza, risolvendosi in null’altro che in un tentativo di introdurre, in sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già presi in esame dalla Corte territoriale e disattesi con motivazione ampia e logica. p.4. violazione dell’art. 192 c.p.: stessa cosa dicasi, mutatis mutandis, per la censura in esame, in relazione alla quale la Corte ha puntualmente risposto ai motivi di gravame: cfr pag. 3. La censura, peraltro, va ritenuta del tutto generica essendosi in pratica il ricorrente limitato, al di là di una generica doglianza, a trascrivere note e condivisibili massime di questa Corte di legittimità. p.5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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