Cass. civ. Sez. VI, Sent., 12-12-2011, n. 26648 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1.- Con il decreto impugnato la Corte di merito ha provveduto sulla domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta da parte ricorrente.

Il giudizio presupposto di cui è dedotta l’irragionevole durata è stato instaurato dinanzi al TAR Campania il 13.9.2000 ed era ancora pendente al momento della proposizione della domanda di equa riparazione.

La Corte di appello, fissata la ragionevole durata del giudizio presupposto in anni 3 per un grado, ha liquidato per il ritardo di 5 anni e 8 mesi, la somma di Euro 2.270,00, in considerazione della mancata presentazione dell’istanza di prelievo e della natura collettiva del giudizio presupposto. Parte ricorrente formula 5 motivi. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Parte ricorrente ha depositato memoria nei termini di cui all’art. 378 c.p.c..

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge ( L. n. 89 del 2001 e Convenzione Europea per i diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte Europea) e relativo vizio di motivazione, lamentando, in estrema sintesi, che la Corte di appello:

a) non si è attenuta ai parametri minimi sanciti dalla giurisprudenza di Strasburgo in tema di quantificazione dell’equo indennizzo che non può essere inferiore a Euro 1.000,00 – 1.500,00;

b) ha erroneamente valutato la natura "collettiva" del giudizio presupposto;

c) ha erroneamente valutato la mancata presentazione dell’istanza di prelievo;

3.- Il ricorso è fondato perchè la somma liquidata si discosta irragionevolmente da quella che questa Corte liquida ex art. 384 c.p.c. in casi analoghi (Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e Euro 1.000,00 per gli anni successivi: cfr. Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 14/10/2009). Peraltro, la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul "gruppo", come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite (Cass. n. 27610 del 2008) e non consente, in carenza di ulteriori argomenti, un irragionevole discostamento dal parametro della Corte EDU. Il decreto impugnato deve essere cassato e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., la Corte deve procedere alla liquidazione dell’indennizzo in favore del ricorrente nella misura di Euro 4.916,00. Ciò tenuto conto della durata del giudizio presupposto e del ritardo pari a circa 5 anni e 8 mesi, in applicazione della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo.

Le spese processuali – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico dell’Amministrazione soccombente.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 4.916,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio: che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 378,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge; e per il giudizio di legittimità in Euro 665,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge; spese distratte in favore del difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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