Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-06-2011) 20-07-2011, n. 28874 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 14/02/2011, il Tribunale del riesame di L’Aquila confermava l’ordinanza con la quale in data 2/01/2010, il g.i.p. del Tribunale di Teramo aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di D.A. per due rapine commesse presso le filiali della Cassa di Risparmio di Teramo di (OMISSIS).

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo che l’elemento gravemente indiziario, era costituito, secondo l’impugnata ordinanza, "dalla coincidenza tra i dati antropometrici dei fotogrammi delle riprese dell’indagato effettuate all’atto dell’accesso nelle indicate filiali bancarie e quelli delle foto segnaletiche, ovvero, nel caso della seconda ipotesi in esame, con quelli a fondamento della ricognizione fotografica da parte dei Carabinieri di Cerignola, cui le fattezze dell’indagato erano già note". Sennonchè, obietta il ricorrente, gli stessi C.C. che avevano condotto le indagini, si erano espressi in termini di semplice compatibilità in una scala di raffronto che prevede una sequenza di giudizi di: non compatibilità, affinità, compatibilità e compatibilità totale: il che significava che si trattava di un elemento incerto. Inoltre, l’individuazione eseguita da alcuni C.C., non avendo costoro assistito alla rapina, doveva ritenersi un indizio poco significativo anche perchè non era chiaro il motivo per cui l’individuazione non era stata fatta eseguire dai testi oculari.

Infine, il tribunale non aveva ritenuto di spendere alcuna parola sugli argomenti difensivi fra cui quello secondo il quale l’indagato non poteva far parte dei rapinatori perchè i testi avevano riferito che avevano un’inflessione dialettale napoletano – romano (ma il D. era (OMISSIS)) e, per la rapina del (OMISSIS), "i testi avevano sostenuto che il rapinatore nel quale si era inteso individuare l’indagato parlasse un italiano corretto, laddove si era evidenziato che il D. non avesse conseguito nemmeno la licenza elementare e, quindi, per la sua bassa cultura fosse impensabile potergli attribuire una completa padronanza della lingua italiana". 3. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

Due sono sostanzialmente, i vizi di legittimità da cui è affetta l’impugnata ordinanza. Innanzitutto, perchè gli indizi evidenziati non appaiono connotati dalla gravità atteso che si limitano, a ben vedere, solo al riscontro antropometrico (risultato essere di mera compatibilità) e ad una individuazione effettuata dai C.C. senza però che il tribunale evidenzi come abbiano potuto riconoscerlo se è vero che il rapinatore era entrato in banca travisato da una parrucca.

In secondo luogo, il tribunale tace su un elemento fattuale ben preciso evidenziato dalla difesa ossia sul fatto che, nella prima rapina, i rapinatori parlavano con un’inflessione dialettale napoletano/romano e, nella seconda rapina, invece, parlavano in un corretto italiano, ossia con un’inflessione incompatibile, in entrambi i casi, con quella con cui parlava l’indagato.

Gli evidenziati vizi di legittimità comportano, pertanto, l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con trasmissione degli atti al tribunale di L’Aquila per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di L’Aquila per nuovo esame.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *