Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-06-2011) 20-07-2011, n. 28872 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

p. 1. Con ordinanza del 30/12/2010, il Tribunale di Taranto confermava l’ordinanza con la quale, in data 6/12/2010, il g.i.p. del Tribunale della medesima città aveva ordinato la custodia cautelare in carcere nei confronti di M.V. (per i reati di cui all’art. 416 c.p., comma 5 – art. 648 c.p. – art. 642 c.p., comma 2) e degli arresti domiciliari nei confronti di MA.Gi. e C.M. (per i reati di all’art. 642 c.p., comma 2 – artt. 485 e 648 c.p.). Il procedimento penale – che vedeva coinvolti, oltre gli attuali ricorrenti, numerosi altri indagati – aveva ad oggetto un’associazione a delinquere diretta a simulare falsi incidenti stradali attraverso la falsificazione, alterazione e precostituzione di elementi di prova e documentazione, nonchè numerosi reati – fine. p. 2. Avverso la suddetta ordinanza, tutti e tre gli indagati, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione. p. 2.1. M. ha dedotto i seguenti motivi: 1. violazione dell’art. 416 c.p. in quanto il suddetto reato, alla stregua dei requisiti indicati da questa Corte di legittimità, doveva ritenersi insussistente. Ad avviso del ricorrente, infatti, non vi sarebbero elementi indiziari in base ai quali si possa mettere in relazione la figura del M. con quella degli altri indagati. La chiamata in correità del Mi. non era stata attentamente vagliata, alla stregua dei criteri indicati da questa Corte di legittimità, non avendo il tribunale considerato che il Mi., una volta finito sotto indagine, non aveva fatto altro che alleggerire la sua posizione processuale, sicchè le sue dichiarazioni non avevano superato il vaglio di credibilità. 2. Violazione degli artt. 273, 274 e 275 c.p.p. in quanto, non avrebbe potuto il Tribunale, sulla base di un solo lontano precedente costituito da un decreto penale per violazione dell’art. 712 c.p., negare gli arresti domiciliari ed esprimere un giudizio prognostico di pericolosità sociale, anche perchè si trattava di reati commessi tra il (OMISSIS). p. 2.2. MA. ha dedotto l’insussistenza delle esigenze cautelari atteso che "i fatti contestati si riferiscono ad un periodo risalente al 2007 ed ad un unico fatto", e, su tale elemento il tribunale non aveva addotto alcuna motivazione. p. 2.3. C. ha dedotto i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art. 273 c.p.p. in quanto il Tribunale si era limitato a confermare le apparenti argomentazioni del g.i.p., omettendo di addurre qualsiasi motivazione in ordine alle ragioni che lo avevano indotto a respingere la tesi difensiva con la quale, anche sulla base della documentazione bancaria, era stato chiarito che il ricorrente era completamente estraneo al fatto contestatogli essendosi limitato a svolgere solamente la sua funzione di avvocato nel sinistro stradale, poi risultato mai avvenuto. Infatti, dalle risultanze processuali, non era emersa alcuna traccia del coinvolgimento del ricorrente diverso dal mandato legale conferitogli dallo S.L., per l’indennizzo relativo alla moto danneggiata;

2. Violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. per non avere il tribunale considerato che non poteva essere ipotizzabile alcuna esigenza cautelare essendo l’indagato persona incensurata e priva di carichi pendenti. Quanto, infine, al fatto che il ricorrente sarebbe coinvolto in ulteriori tre sinistri stradali, andava precisato che i suddetti fatti non costituivano oggetto dell’imputazione e che l’attività investigativa era "grossolanamente carente in quanto non ha apportato alcun contributo documentale utile ai fini dell’accertamento del suo coinvolgimento".

Motivi della decisione

p. 1. M.. p. 1.1. Violazione dell’art. 416 c.p.: i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, per avere svolto – insieme ad altri indagati – il ruolo di promotore ed organizzatore della contestata associazione a delinquere, sono evidenziati dal tribunale a pag 27 dell’impugnata ordinanza dalla quale risulta che:

– il ricorrente era gravemente indiziato in ordine a 30 capi d’imputazione aventi ad oggetto reati – fine dell’associazione criminosa;

– egli, grazie al fatto che era inserito nello studio legale dell’avv.to Milella, pure indagato, coordinava, in posizione di vertice, gli altri complici.

In punto di diritto, vanno rammentati i seguenti consolidati principi:

– la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, sicchè la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza: SSUU 11/2000 Rv. 215828; – la prova dell’esistenza di un’associazione a delinquere può essere desunta in via indiretta da facta concludentia fra i quali assume una particolare pregnanza la consumazione di numerosi reati fine svolti con modalità seriale e che richiedono, per la loro consumazione, una distribuzione di ruoli fra vari soggetti: ex plurimis SSUU 28/03/2001 riv 218376 – Cass. 21/12/1998, riv 212251.

Ora, applicando i suddetti principi al caso di specie, la motivazione del Tribunale non si presta alla censura dedotta, perchè, nella fase cautelare, gli indizi evidenziati nell’impugnata ordinanza, appaiono sufficienti per l’emissione della misura restrittiva. Ed infatti, la pacifica commissione di numerosi reati fine che richiedevano, per la loro riuscita, la necessaria partecipazione di diversi soggetti con ruoli ben definiti e le modalità esecutive, consentono di ritenere, allo stato degli atti, la sussistenza di una solida e ramificata struttura programmata per commettere reati ai danni delle compagnie assicuratrici. p. 1.2. Violazione degli artt. 273, 274 e 275 c.p.p.: il fatto che il ricorrente sia stato coinvolto in numerosi reati fine (per i quali non è stata dedotta alcuna doglianza) e il giudizio negativo espresso dal tribunale in ordine sia alla personalità che al comportamento processuale tenuto, consentono di ritenere la doglianza infondata non ravvisandosi difetti motivazionali ovvero violazioni di legge. p. 2. MA..

La censura è generica ed aspecifica rispetto alla motivazione addotta dal tribunale il quale, sulle esigenze cautelari (unico motivo di doglianza), ha ampiamente motivato sia in ordine alla gravità del reato, sia in ordine alla capacità a delinquere (il ricorrente risulta coinvolto in ulteriori dieci sinistri stradali), sia in ordine alla personalità negativa (precedenti penali e carichi pendenti), sia in ordine al negativo comportamento processuale tenuto. p. 3. C..

La prima delle doglianze dedotte deve ritenersi fondata per le ragioni di seguito indicate. Il tribunale, in pratica, ha desunto il coinvolgimento del C. nel reato contestatogli dal fatto che avrebbe incassato l’assegno che la compagnia assicuratrice aveva intestato allo S. per la liquidazione del sinistro.

Sennochè, a fronte dell’obiezione difensiva secondo la quale l’assegno era stato sì incassato ma al solo fine di trattenere la parcella, tant’è che subito dopo era stato emesso a favore dello Stramaglia un altro assegno al netto della parcella, il tribunale non solo non replica alcunchè ma sostiene che la tesi difensiva avrebbe "avvalorato la piattaforma indiziaria" senza spiegarne il motivo, tale non potendosi ritenere l’irregolarità dell’operazione di girata per l’incasso di assegni non trasferibili, fatto questo che non si comprende per quale ragione dovrebbe essere considerato un grave indizio del reato di truffa. La suddetta carenza motivazionale, determina, quindi, l’annullamento dell’impugnata ordinanza con trasmissione degli atti al Tribunale di Taranto per nuovo esame.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso di Ma.Gi. e CONDANNA Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende;

RIGETTA Il ricorso di M.V. che condanna al pagamento delle spese processuali;

ANNULLA Con rinvio l’ordinanza impugnata relativamente a C. M. e DISPONE Trasmettersi gli atti al Tribunale di Taranto per nuovo esame. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p. per M..

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