T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 26-07-2011, n. 1493 Condono Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il primo ricorso in esame R.G.2924/2000, la ricorrente, n.q. in epigrafe meglio spiegata, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento con il quale è stata respinta la domanda di concessione edilizia in sanatoria, ed intimata la demolizione, di un immobile acquisito all’asta nell’ambito di un procedimento di esecuzione immobiliare. Con lo steso mezzo è altresì impugnato l’ulteriore provvedimento con il quale il Comune di Erice ha rigettato la domanda di riesame presentata ai sensi dell’art.39 L.724/1994 o il rilascio della concessione in sanatoria ex art.40 u.c. L.47/85.

Premette parte ricorrente di aver acquisito all’asta il bene immobile di che trattasi, consapevole della pendenza di una domanda di sanatoria presentata dall’originario proprietario, rappresentando che la documentazione non faceva indurre dubbi circa la sanabilità dell’opera abusiva. Del tutto inattesa sarebbe quindi giunta, nella prospettazione della ricorrente, il diniego di sanatoria impugnato con il primo ricorso (provvedimento n.10 del 06/06/2000): diniego (e intimazione alla riduzione in pristino) motivato dal fatto che l’immobile sarebbe stato realizzato in data successiva al 01/10/1983.

Con successiva istanza era quindi avanzata, questa volta dalla ricorrente medesima, domanda di riesame ex art.39 comma 10 bis L.724/1994, sottolineando che ove il procedimento di sanatoria fosse stato tempestivamente, per quanto negativamente, esitato i proprietari esecutati avrebbero potuto inoltrare domanda si sanatoria ex art.39 L.724/94 cit.. Con provvedimento n.19599 del 28/08/2000 anche tale domanda è stata rigettata.

Nel ricorso si articolano le seguenti censure:

1) Eccesso di potere, errata rappresentazione dei fatti e difetto di presupposti.

La conclusione cui è giunta l’Amministrazione, sulla scorta della aerofotogrammetria del volo del 30/12/1983, è errata. La numerosa presenza di alberi e le ridotte dimensioni dell’opera (mq.60) rendono plausibile che il manufatto non fosse visibile della suddetta aerofotogrammetria in quanto nascosto dall’ombra degli alberi

2) Eccesso di potere, violazione del principio dell’affidamento, ingiustizia.

La ricorrente ha acquistato all’asta l’immobile nella convinzione che fosse sanabile, né l’avviso di vendita all’asta, pur dando notizia della pendenza della domanda di sanatoria, dava atto di ragioni ostative al suo accoglimento.

3) Eccesso di potere per incertezza dei presupposti.

L’aerofotogrammetria non risulta essere stata collaudata, sicché nessuna verifica tecnica è stata compiuta sulla corrispondenza tra il contenuto delle riprese fotografie aeree e la loro rielaborazione grafica. Il ché priverebbe la valenza probatoria della stessa.

4) Eccesso di potere per violazione del procedimento, violazione art.11 L.68/1968 e artt. 5 e 8 R.D.1372/1939, sviamento.

Le riprese sono state realizzate in violazione del R.D.1372/1939. Sul retro è infatti impressa la data (28/03/1984) del provvedimento autorizatorio (n.152) la cui normativa richiamata subordina ed è successiva a quella in cui le stesse riprese sono state eseguite.

5) Violazione art.97 Cost., violazione art.2 L.R.10/1991 in relazione con l’art.5 L.R.9/1993, violazione art.39 co.10 bis L.724/1994 in relazione all’art.38 comma 2 L.662/96.

Ove il Comune avesse tempestivamente esitato la pregressa domanda di sanatoria, la ricorrente ovvero i danti causa avrebbero fatto in tempo a presentare una nuova domanda di sanatoria.

6) Violazione e falsa applicazione dell’art.40 ultimo comma L.47/1985, violazione di legge ex art.6 L.R.10/1991, difetto di motivazione.

La normativa richiamata consente di poter presentare domanda di sanatoria entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento ottenuto a seguito di procedura esecutiva: in specie, considerata la pendenza della precedente domanda, unitamente al fatto della mancanza di elementi che lasciassero prevedere il relativo rigetto, l’art.40 L.47/85 deve ritenersi applicabile non già dalla emanazione del decreto di trasferimento della proprietà, bensì dal momento in cui la ricorrente ha avuto notizia del diniego di sanatoria.

7) Illegittimità costituzionale art.2 comma 38 L.662/1996, come modificato dall’art.10 D.L.669/1996, convertito con L.30/1997.

La norma appare irragionevole laddove consente di poter presentare istanza di "rideterminazione" entro 60 giorni dalla entrata in vigore della legge e non già dalla notifica di un provvedimento di diniego sulla precedente sanatoria.

8) Violazione di legge ed incompetenza

La competenza in ordine al provvedimento di che trattasi appartiene al Sindaco, viepiù che il Comune di Erice non ha personale con qualifica dirigenziale.

Con ulteriore ricorso R.G.4971/2001 è stato in seguito impugnato il provvedimento di acquisizione della costruzione al patrimonio indisponibile del Comune.

In detto gravame sono articolate le censure della: 1) invalidità derivata, 2) violazione di legge ex art.23 u.c. L.R.37/1985, art.17 L.R.26/86, art.7 L.47/1985 e art.49 L.R.71/1978; 3) violazione art.3 L.10/1991 per difetto di motivazione; 4) violazione di legge per difetto di motivazione e ex art.7 L.47/1985 in ordine alla area di sedime rispetto al fabbricato abusivo.

Con ordinanza n.99 del 18/02/2002 la domanda cautelare è stata respinta.

In prossimità della pubblica udienza di trattazione, parte ricorrente ha depositato documenti e memoria insistendo per l’accoglimento di entrambi i ricorsi, previa loro riunione.

Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati per evidente connessione soggettiva ed oggettiva.

1.- Ciò posto, la prima censura deve essere disattesa. Il rilievo aerofotogrammetrico, pure versato in atti, non fa apprezzare la sussistenza un copioso numero di alberi di alto fusto che, sul punto indicato, possano lasciar presumere che con la loro ombreggiatura rendano non facilmente visibile l’immobile di cui si controverte nella consistenza volumetrica oggetto della domanda di sanatoria. Né a differenti conclusioni induce la perizia di parte, siccome non riesce a giustificare la consistenza di quelle labili tracce che, invero senza denotare la presenza di una cubatura, hanno comunque consistenza inferiore ai muri delimitativi delle altre proprietà chiaramente visibili nella stessa aerofotogrammetria.

2.- Quanto alla seconda doglianza, ritiene il Collegio che l’asserita violazione del principio del legittimo affidamento non può giuridicamente sussistere per mancanza dell’oggetto, ossia l’affidamento stesso. Ed invero, non può la ricorrente imputare al fatto fraudolento del terzo (il dante causa dal quale è stato acquistato l’immobile in pendenza della domanda di sanatoria che ha dichiarato una data diversa in ordine alla effettiva realizzazione degli abusi) un legittimo affidamento della propria posizione rispetto all’esito della pratica della sanatoria. Ed invero, la stessa Amministrazione, fino alla conclusione dell’istruttoria, non poteva che fare riferimento a quanto dichiarato dal dante causa della ricorrente:.. in altri termini, il diniego impugnato non ha violato alcuna dedotta (ma in effetti non configurabile) legittima aspettativa. Per altro, sia nell’avviso pubblico per la procedura concorsuale, sia nel successivo atto di trasferimento, è dato evincere che sul terreno trasferito era presenta una unità immobiliare realizzata in assenza di titolo edilizio e, particolare non trascurabile, "in totale difformità dallo strumento urbanistico vigente".

2.1- A differenti conclusioni non induce il precedente di questo Tribunale Amministrativo, di cui alla sentenza n.865/2001 siccome in quella fattispecie -differentemente dal caso in esame- si è ritenuto che sulla originaria domanda di sanatoria si era formato il silenzio assenso disciplinato dagli artt. 26 e 35 della L. reg. n.37/1985.

3.I motivi n.3) e n.4) del ricorso R.G.2924/00 possono essere congiuntamente scrutinati stante l’indubbia omogeneità.

Entrambe le doglianze risultano infondate.

4.Ed invero l’eventuale violazione delle regole autorizzatorie che presiedono allo svolgimento delle operazioni aerofotogrammetriche disposte dalla p.a. non preclude al Giudice la possibilità di utilizzare le risultanze dei relativi accertamenti, fermo restando l’onere della parte a cui svantaggio i rilievi depongono di provare l’insussistenza della situazione oggettiva ivi rilevata. Nel caso in esame le argomentazioni addotte dalla ricorrente non risultano probanti tali da poter inficiare, in ipotesi, le conclusioni della pubblica amministrazione circa la sussistenza di una situazione oggettiva diversa da quella rappresentata.

5.- Atteso quanto sin qui evidenziato, dal rigetto -asseritamente intempestivo- della domanda di sanatoria, presentata dal dante causa della ricorrente, non può ricavarsi alcuna violazione del principio di buona amministrazione, vieppiù in presenza di una rappresentazione non veritiera da parte dell’istante sul periodo in cui l’abuso è stato realizzato. Elemento questo di non poco rilievo anche sotto il profilo della impossibilità in specie di addivenire -in assenza dei presupposti di legge- ad un accoglimento tacito della domanda di sanatoria.

6.Anche la sesta doglianza è priva di pregio.

Incontestato il fatto che la presentazione dell’istanza di rideterminazione è avvenuta oltre i termini di legge, ciò che è sufficiente a giustificarne la declaratoria di inammissibilità, si osserva altresì quanto segue.

Secondo la giurisprudenza qui condivisa, il termine di centoventi giorni entro il quale, ai sensi dell’art. 40, l. 28 febbraio 1985 n. 47, l’aggiudicatario di un manufatto abusivo, acquistato a conclusione di procedure esecutive può presentare domanda di sanatoria comincia non può che decorrere, al più tardi (se non dalla adozione del provvedimento di trasferimento) dalla notifica del titolo che dispone il trasferimento del bene (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 29 novembre 2006, n. 13408). A differenti conclusioni non può indurre l’argomentazione della ricorrente tesa a far leva sulla sua buona fede al momento della acquisizione dello stesso immobile, rispetto al quale la stessa acquirente lealmente ammette di conoscere lo stato di pendenza del procedimento per il rilascio della sanatoria edilizia.

7.- Deve essere disattesa, in quanto infondata, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente in ordine all’art.2 comma 38 della L.662/1996 (come modificato dall’art.10 D.L.669/96, convertito con L.30/1997). Ed invero sul punto di diritto la corte Costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n.174/2002 ritenendo manifestamente infondata analoga questione sottopostale in relazione agli artt. 3 e 97 cost.. In particolare, la corte Costituzionale non ha ritenuto in contrasto con i principi costituzionali la disposizione normativa qui in rilievo nella parte in cui si dispone che la richiesta di riesame delle domande di concessione o autorizzazione in sanatoria, per le quali vi sia stato un provvedimento di diniego da parte del comune (art. 39, comma 10 bis, l. 23 dicembre 1994, n. 724) debba essere presentata entro il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, anche qualora la notifica del provvedimento di rigetto sia intervenuta successivamente.

8.Quanto al difetto di competenza dell’organo, contestata con l’ottavo motivo di gravame, osserva il Collegio che l.r. n. 23 del 1998, nel richiamare l’art. 6, comma 2, della l. n. 127 del 1997, ha attribuito l’emanazione dei provvedimenti repressivi in materia edilizia all’organo dirigenziale intendendosi per tale non soltanto il dipendente inquadrato nella qualifica dirigenziale ma anche ogni altro "incaricato di funzioni dirigenziali" ai sensi dell’art. 2, comma 13 della l. 16 giugno 1998, n. 191, disposizione, questa, del pari, oggetto di richiamo in ambito regionale con la predetta l.r. n. 23 del 1998. La censura si appalesa quindi priva di pregio.

9.- Può adesso passarsi all’esame del secondo ricorso qui riunito R.G. 4971/2001 con il quale l ricorrente impugna l’ulteriore provvedimento con cui il Comune di Erice ha disposto l’acquisizione al patrimonio dell’ente della costruzione abusiva e dell’intero lotto sul quale la stessa insiste.

10.- Va in primo luogo disattesa la prima doglianza articolata in detto mezzo, non potendosi ravvisare alcuna illegittimità derivata del nuovo provvedimento a fronte del legittimo rigetto della domanda di sanatoria ut supra esaminato.

11.La seconda doglianza articolata nel ricorso R.G.4971/01 è infondata.

La vidimazione e la dichiarazione di esecutorietà del pretore dell’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un manufatto abusivo rappresentano adempimenti ulteriori alla perfezione dell’ordinanza di acquisizione, della quale non costituiscono, perciò, presupposti o requisiti di legittimità, ma elementi atti a rendere noto ai terzi il provvedimento amministrativo di acquisizione del bene ed a legittimare l’immissione nel possesso (cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 14 aprile 2003, n. 1679; Cass. I, 7 aprile 1994, n. 3293).

12.- priva di pregio si appalesa altresì la terza censura articolata nel suddetto ricorso. La giurisprudenza ormai granitica, quanto al provvedimento di acquisizione, attesa la natura sostanzialmente vincolata dello stesso, non ritiene necessaria una specifica motivazione a sostegno della misura adottata. Invero l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive è atto dovuto, privo di contenuto discrezionale, avente natura meramente dichiarativa, subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e del decorso del termine di legge fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi: provvedimento opera automaticamente con riguardo non solo all’opera abusiva e all’area di sedime, ma anche alle pertinenze. Ne consegue che l’acquisizione è sufficientemente motivata con l’affermazione dell’abusività e dell’accertata inottemperanza, essendo in re ipsa l’interesse pubblico all’adozione della misura (T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 14 febbraio 2011, n. 928).

13.Non può darsi adesione alla quarta censura articolata nel ricorso qui in esame. Osserva il Collegio come il provvedimento impugnato dà l’esatta indicazione sia dell’estensione dell’immobile abusivo, sia dell’area di sedime (mq 454,56) che non supera 10 volte la superficie utile complessiva dell’opera. Sul punto la giurisprudenza recente ha affermato che "Secondo il meccanismo previsto dall’art. 31, comma 3, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, l’oggetto dell’acquisizione gratuita da parte del comune è costituito, oltre che dall’opera abusiva e dall’area di sedime, anche dalla ulteriore superficie occorrente secondo le norme urbanistiche vigenti alla realizzazione di opere analoghe a quella realizzata, nel limite massimo di dieci volte la superficie dell’opera abusiva…" (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 15 febbraio 2011, n. 151).

14.- Alla stregua delle considerazioni che precedono, riuniti i ricorsi in epigrafe, gli stessi vanno respinti in quanto infondati.

15.- Nessuna statuizione è da assumere in ordine alla spese stante la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa loro riunione li respinge entrambi in quanto infondati.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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