Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-06-2011) 20-07-2011, n. 28869 Sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 20/09/2010, il Tribunale di Latina respingeva la richiesta di riesame proposta N.F. avverso il decreto con il quale il P.M. di Latina, in data 13/07/2010, aveva disposto il sequestro probatorio di denaro e di oggetti di interesse storico artistico ed archeologico trovati in possesso dell’istante e dei quali il medesimo non era stato in grado di giustificare la provenienza. 2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione DI LEGGE sotto il profilo dell’omessa motivazione:

sostiene, infatti, il ricorrente che "nel caso di specie, se da una parte il Pubblico Ministero aveva omesso di motivare in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, e sulla sussistenza del fumus di reato, il Tribunale del Riesame ha ritenuto di esercitare il proprio obbligo di motivazione, omettendo qualunque valutazione riguardo i proposti motivi di nullità dedotti dalla difesa, senza minimamente spiegare, come avrebbe dovuto, siccome obbligato dalla norma, i motivi in fatto e diritto che rendevano le argomentazioni difensive incongruenti rispetto alle dedotte nullità. Invero, appare evidente come il decreto di convalida del sequestro probatorio sia assolutamente carente di motivazione circa i tre parametri fondamentali: configurabilità del reato, pertinenza delle cose sequestrate, funzione probatoria del sequestro".

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate. In tema di sequestro probatorio tre sono i principi di diritto fissati dalle SS.UU. (sentenza n 5876/2004 rv 226712) e, poi reiteratamente ribaditi da questa Corte (Cass. 23215/2004 Rv 229415 – Cass. 9556/2004 Rv 228389 – Cass. 30328/2004 Rv 229127 – Cass. 25966/2004 Rv 22978 – Cass. 35615/2004 Rv 229721 – Cass. 17289/2006 Rv 234532 – Cass. 17711/2004 Rv 232282):

1. "il ricorso per violazione di legge, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, è ritualmente proponibile per denunciare la mancanza assoluta di motivazione dell’ordinanza di riesame, confermativa del sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato, in ordine al presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti";

2. "il decreto di sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato dev’essere necessariamente sorretto da idonea motivazione, anche in ordine alla concreta sussistenza del presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti" ossia dell’assicurazione della prova del reato per cui si procede o della responsabilità dell’autore; 3. essendo il potere di iniziativa attribuito al Pubblico Ministero (immediatamente ovvero mediatamente tramite la convalida dell’operazione di sequestro della polizia giudiziaria ex artt. 354 e 355 c.p.p.), "non può che spettare allo stesso organo, esclusivo dominus delle indagini preliminari e delle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, identificare e allegare le ragioni probatorie che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura. Di talchè, a fronte dell’omessa individuazione nel decreto di sequestro delle esigenze probatorie e della persistente inerzia del Pubblico Ministero pure nel contraddittorio camerale del riesame, il tribunale non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questi radicalmente e illegittimamente pretermesse".

Applicando i suddetti principi al caso di specie, va osservato che, in ordine alla configurabilità del reato di ricettazione e della indicazione della provenienza illecita dei beni, il Tribunale ha ampiamente motivato osservando che, nel decreto impugnato, risultava esattamente indicata l’ipotesi delittuosa per cui l’istante risultava indagato (ricettazione) e che i beni sequestrati provenivano da delitto perchè l’indagato non era stato in grado di fornire alcuna valida giustificazione del possesso.

Quanto alla motivazione in ordine alle finalità probatorie, il tribunale ha così motivato: "la lamentata carenza di specificazione delle finalità probatorie perseguite con il sequestro (motivo sub 3) appare nella specie del tutto irrilevante da un lato perchè i beni sequestrati sono il corpo dei reati ipotizzati, e quindi soggetti a sequestro ex art. 253 c.p.p., e dall’altro perchè è di tutta evidenza che al fine di accertare la sussistenza del reato di ricettazione occorre verificare l’esatta provenienza di ognuno dei beni rinvenuti che devono quindi necessariamente essere appresi dall’Autorità procedente. D’altro canto la giurisprudenza della Suprema Corte, pur essendo molto rigorosa in tema di motivazione dei provvedimenti di sequestro, ha recentemente e condivisibilmente affermato che "in tema di sequestro probatorio, non è richiesta la dimostrazione in relazione alle cose che costituiscono il corpo di reato, della necessità del sequestro in finzione dell’accertamento dei fatti, poichè l’esigenza probatoria del "corpus delicti" è in "re ipsa" (Cass., sez. 4, n. 8662, 3/3/2010 riv 246850)".

La suddetta motivazione deve ritenersi congrua ed aderente agli indicati principi di diritto, dovendosi ritenere che il P.m., seppure in modo conciso ("trattasi di corpo di reato/cosa pertinenti ai reati innanzi indicati necessarie per la prova dei fatti e per l’ulteriore prosecuzione delle indagini"), abbia correttamente enunciato le ragioni per le quali si rendeva necessario il sequestro probatorio, atteso che, stante la peculiarità dei beni oggetto di sequestro, come ha correttamente rilevato il tribunale, "è di tutta evidenza che al fine di accertare la sussistenza del reato di ricettazione occorre verificare l’esatta provenienza di ognuno dei beni rinvenuti che devono quindi necessariamente essere appresi dall’Autorità procedente" per la prosecuzione delle indagini al fine, ad esempio, anche di eventuale consulenza tecnica.

Al rigetto del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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