Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-06-2011) 20-07-2011, n. 28846

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 1/06/2010, la Corte di Appello di Milano, pur riducendo la pena, confermava la sentenza pronunciata in data 24/03/2009 con la quale il g.u.p. del tribunale di Busto Arsizio aveva ritenuto L.M.R. responsabile, in concorso con altre persone, di rapina aggravata ai danni di B.A., gestore di un distributore di benzina. p.2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. ERRATA VALUTAZIONE DELLA PROVA per avere la Corte ritenuto attendibili le chiamate in correità di D.O. e D. S. senza avere effettuato "un rigoroso esame ed una severa analisi delle dichiarazioni accusatorie";

2. violazione dell’art. 110 c.p., per avere la Corte territoriale ritenuto che la condotta di esso ricorrente (che si era limitata avere "comunicato, tempo prima, in modo generico, come dichiarato dal Do. e dal D. ed in seno ad un incontro casuale all’interno di un bar di (OMISSIS), le presunte abitudini del gestore del distributore di (OMISSIS)") integrasse gli estremi del concorso essendo il suddetto preteso contributo "insussistente, lontano quindi anche da quello che in via stratta ed ipotetica poteva essere ritenuto concorso morale";

3. ERRATA QUALIFICAZIONE giuridica del FATTO per avere la Corte ritenuto che il fatto fosse qualificabile come rapina laddove, non essendovi stata alcuna violenza, era configurabile solo l’ipotesi del furto.

Motivi della decisione

p.1. ERRATA VALUTAZIONE DELLA PROVA: la censura è manifestamente infondata perchè, come risulta dalla sentenza impugnata, entrambi i giudici merito hanno sottoposto le dichiarazioni dei correi ad una stringente valutazione sia intrinseca che estrinseca, rilevando che le medesime dovevano ritenersi attendibili avendo trovato ampi riscontri oggettivi. p.2. VIOLAZIONE dell’art. 110 c.p.: anche tale doglianza è manifestamente infondata perchè la condotta del ricorrente – cliente abituale del distributore – secondo quanto risulta dall’ impugnata sentenza, consistette nel fornire, durante le riunioni in cui la banda stava studiando le modalità della rapina, "a (OMISSIS), in modo dettagliato, notizie sul distributore e sulle somme che incassava nonchè sui giorni in cui era meglio intervenire".

Correttamente, quindi, entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che il suddetto comportamento non potesse essere qualificato come mera connivenza ma come vero e proprio concorso avendo avuto un’indubbia efficienza causale nella predisposizione ed esecuzione della rapina. p.3. ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO: anche la suddetta censura è manifestamente infondata laddove si consideri che la rapina fu commessa con una pistola ed uno dei rapinatori era travisato: è irrilevante, quindi, che Tarma non fu utilizzata. p.4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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