Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-05-2011) 20-07-2011, n. 29074

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza sopra indicata, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza 25.9.2007, con cui il Tribunale di Scalea aveva condannato V.R.F. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione per il delitto di calunnia continuata in danno di M.F. e I.A. e per il delitto di lesioni personali in danno del M.. L’imputato era stato condannato anche al risarcimento dei danni cagionati alle due parti offese, costituite parti civili.

2. Al V. è stato addebitato di avere, il (OMISSIS) – per futili motivi contestando al M. di avere procurato un graffio al proprio autoveicolo – cagionato al predetto, con pugni e calci, lesioni alla gamba destra e allo zigomo sinistro lesioni guarite in trenta giorni; nonchè di avere successivamente, con due denunce-querela, sapendoli innocenti, incolpato il M. di essere l’autore dell’aggressione e di essersi infortunato a causa di una caduta accidentale, e I.A. di averlo diffamato, riportando come articolista de "La provincia cosentina" la versione di fatti in modo difforme dalla realtà. 3. Ricorre per cassazione il V., che deduce:

– violazione degli artt. 65 – 192 – 516 – 521 – 533 c.p.p. e art. 603 c.p.p., comma 2 e vizio di motivazione in relazione alle lesioni personali per essere stato condannato per un fatto diverso da quello contestato, mancata rinnovazione della istruttoria dibattimentale in appello, in relazione in relazione alla perizia medica, e travisamento della realtà processuale;

– violazione dell’art. 521 c.p.p. per mancata derubricazione del reato di lesioni personali in lesioni colpose;

– violazione degli artt. 192 e 533 c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione;

– erronea applicazione dell’art. 61 c.p., n. 1, e relativo vizio di motivazione sulla ritenuta futilità dei motivi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Con idonea motivazione la Corte d’appello ha rigettato la censura di violazione dei diritti della difesa per la modifica del capo d’imputazione rispetto all’originaria contestazione di lesioni personali (da frattura della tibia e del perone destro in fratture bimalleolari), affermando che la modificazione non ha comportato diversità del fatto e che l’imputato si è ampiamente difeso, anche a mezzo di consulente tecnico.

La mancata rinnovazione della consulenza tecnica in appello è stata adeguatamente motivata dalla Corte territoriale con riferimento alla compatibilità delle lesioni riportate con il racconto della parte offesa, valutato come pienamente credibile.

2. Le censure relative all’attribuzione delle lesioni a titolo doloso e ai futili motivi della condotta, nonchè la denuncia di vizio di motivazione sul reato di cui all’art. 582 c.p.p. sono inammissibili, perchè si risolvono in critiche all’apprezzamento probatorio compiuto da giudici di merito, che hanno offerto una compiuta e coerente motivazione in sentenza.

3. Manifestamente infondato, in quanto mero pretesto difensivo, è il quinto motivo, che deduce erronea applicazione dell’art. 368 c.p., e art. 61 c.p., n. 2, limitandosi in sostanza il ricorrente a rivendica come scriminante che le due denunce costituirono "un primo atto di difesa quale indagato sui fatti di cui venne accusato dal M. e dei quali si ritenne diffamato dall’articolo di I. A.".

L’accertamento da parte dei giudici di merito della veridicità delle lesioni dolosamente cagionate al M., costituisce anche la prova del delitto di calunnia consistita nell’avere l’imputato denunciato I., con la consapevolezza della sua innocenza, accusandolo di avere riportato notizie false in quanto conformi alla versione della vittima.

4. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di 1.000 Euro, in relazione alla natura delle questioni dedotte. L’imputato va anche condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili in questo grado, che si liquidano complessivamente in Euro 1.500, oltre IVA e CPA, per ciascuna delle parti civili.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 1.000 (mille) Euro ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida nella somma di Euro 1.500,00 ciascuno, oltre accessori, in favore delle parti civili M.F. e I.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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