Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-05-2011) 20-07-2011, n. 28867

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.B., S.I., S.I., indagati in ordine ai delitti di concorso in truffa aggravata e minaccia ( art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 7, artt. 640 e 612 c.p.) per avere indotto Z.E. e Z.B. a stipulare un contratto di ristrutturazione di immobili, non essendo titolari di impresa edile, ma di società di rottamazione e rosticceria, non eseguendo i lavori pattuiti e facendosi consegnare anticipi di lavori e il trasferimento di un immobile, cagionando un danno e conseguendo un profitto di Euro 435.611,80 ricorrono avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Verona in data 8 luglio 2010 che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo del Gip di Verona in data 9 giugno 2010 dell’immobile trasferito in loro favore in esecuzione del contratto fraudolento.

Il difensore dei ricorrenti propone la documentazione relativa alla istanza di riesame e produce un ulteriore documento a firma Z.E. inviato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento con cui la "querelante sospende i lavori di cui all’oggetto commissionati a suo tempo all’impresa in argomento per esaurimento delle disponibilità finanziarie" e chiede l’annullamento del provvedimento.

Il ricorso è inammissibile perchè non prospetta doglianze riferite all’ordinanza di riesame, ma richiede a questa Corte la valutazione di merito di un ulteriore documento estraneo alla valutazione operata dal giudice al momento della imposizione della misura reale. Va al riguardo segnalato che comunque il tribunale ha considerato la documentazione rilevandone l’ininfluenza stante l’artificiosa rappresentazione cartacea di una realtà difforme dalla situazione di fatto indiziante la truffa e le minacce poste in essere per ottenere il profitto. Trattasi di valutazione di merito non illogica, che, come tale non è censurabile in questa sede ove rileva unicamente la violazione di legge che i ricorrenti nemmeno prospettano.

L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d) e art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè ciascuno al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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