Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-05-2011) 20-07-2011, n. 28844

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.M. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che ha confermato la responsabilità del prevenuto in ordine al delitto continuato di ricettazione di una autovettura e falsificazione del permesso di circolazione e delle targhe ad essa apposte (artt. (1, 648, 482 e 477 c.p., fatto accertato in (OMISSIS)). I giudici di secondo grado hanno riconosciuto attenuanti generiche equivalenti alla recidiva specifica reiterata infraquinquennale ed hanno determinato la pena in anni 2 mesi 2 di reclusione ed Euro 700 di multa. Il ricorrente deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla prova di colpevolezza per entrambi i delitti fondati esclusivamente sul possesso dell’auto rubata e sulla mera detenzione degli atti falsi "in carenza della prova certa della condotta immutatrice posta in essere dall’odierno ricorrente". Il ricorso è manifestamente infondato. Le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6^ 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone). Il giudice di merito inoltre non è tenuto a confutare ogni specifica argomentazione dedotta con l’atto di appello. Il concetto di mancanza di motivazione non include ogni omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori perchè un elemento probatorio estrapolato dal contesto in cui esso si inserisce acquista un significato diverso a quello attribuibile in una valutazione completa delle prove acquisite (Cass. 1^ 22.12.98 n. 13528, ud. 11.11.98, rv.

212053). Non può quindi dedursi vizio di motivazione per avere il giudice di merito trascurato uno o più elementi di valutazione che ad avviso del ricorrente avrebbero potuto o dovuto portare ad una diversa valutazione, perchè ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità (Cass. 5^ 17.4.00 n. 2459, Garasto; Cass. 1^ 11.6.92 n. 6922, ud. 11.5.92, Cannarozzo).

Deve invece affermarsi che nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha espresso un giudizio probatorio non illogico avendo accertato che il prevenuto trovato in possesso dell’auto rubata venti giorni prima con targhe false e falsi documenti non ha dato indicazione alcuna di come sia venuto in possesso degli oggetti di cui al capo di accusa con la conseguenza che trova nella fattispecie applicazione il principio di legittimità che statuisce che la consapevolezza di avere ricevuto un bene proveniente da delitto è idoneamente provata in forza dell’omessa o non attendibile indicazione relativa alla provenienza della cosa ricevuta, circostanza che è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento logicamente spiegabile con un acquisto di mala fede (Cass. 2^ 13.3.97 n. 2436, ud. 27.2.97, rv. 207313; Cass. 2^ 16.3.92 n. 2804, ud. 5.7.91, rv. 188130). Per il delitto di falso deve essere affermato che solo l’esclusione di una pregressa partecipazione alla condotta falsificatrice consente l’applicazione del disposto di cui all’art. 489 c.p.. Le doglianze al riguardo risultano genericamente addotte senza specifica indicazione di elementi di fatto non considerati dal giudice di merito per confermare la responsabilità in ordine agli accertati delitti. L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente in al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

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