Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-05-2011) 20-07-2011, n. 28843 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Catania con sentenza in data 24.5.2007 ha, tra altri imputati, riconosciuto C.G., M. O., D.L., F.G. e S.A. colpevoli del delitto di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio, alla ricettazione di auto, alla falsificazione di documenti ed altro, (capo A della imputazione, fatto commesso in (OMISSIS)). C., M. e F. sono stati riconosciuti responsabili anche dei delitti di riciclaggio e falso in documenti di varie vetture (capi B e C della imputazione); F. del delitto di ricettazione di due autovetture (capo F). Il Tribunale ha irrogato a C. e M. la pena di anni 5 di reclusione ed Euro 2.200 di multa; al D. la pena di anni 3 mesi 8 di reclusione ed Euro 1.500 di multa; al F. con la riconosciuta recidiva specifica reiterata infraquinquennale la pena di anni 3 di reclusione ed Euro 1.400 di multa; allo S. la pena di anni 1 mesi 4 di reclusione, oltre la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni 1, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.

La Corte di appello di Catania con sentenza in data 19.2.2010 ha dichiarato prescritti i delitti di falso (capo B della imputazione) accertati nei confronti di C., D. e M. ed ha ridotto le pene irrogate a C. e M. nella misura di anni 4 mesi 11 di reclusione ed Euro 2.200 di multa, confermando nel resto la decisione di primo grado.

Ricorrono per cassazione i prevenuti.

2.1 Il difensore di C.G. deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al delitto continuato di riciclaggio e ricettazione che non può essere desunto dal trattare la vendita di auto incidentate e dalla indicazione generica che le auto sarebbero state intestate ad acquirenti di comodo. Espone diffusamente le stesse doglianze proposte con l’atto di appello con riferimento a ciascuna vettura di cui nega responsabilità per taroccamenti. Con altro motivo deduce gli stessi vizi della decisione in ordine al delitto associativo che dice non essere provato dall’accertamento dei vari delitti fine, in assenza di un comprovato elemento soggettivo di cui la sentenza, scritta con grafia illeggibile non da conto.

Eccepisce il decorso del termine di prescrizione per il reato associativo.

2.2 Il difensore di M.O. deduce violazione di legge e difetto di motivazione per essere la prova di colpevolezza fondata su elementi meramente indiziari non corredati da riscontro probatorio in difetto di una forma anche embrionale di "societas sceleris" e di definizione dei ruoli di ciascun associato. Lamenta difetto di elemento soggettivo che non può essere tratto dall’essere socio della carrozzeria, non essendo a lui intestati i conti correnti della società. Con riferimento ai due episodi di riciclaggio deduce che l’attività di taroccamento non può essere addebitata al prevenuto in difetto di elementi specifici. Eccepisce la nullità della sentenza per essere stata redatta con grafia non leggibile.

2.3 Il difensore di D.L. deduce violazione di legge per avere il giudice di appello dichiarato la prescrizione in ordine ai delitti di falso senza operare l’eliminazione della relativa pena nel dispositivo letto in udienza e riportato nella motivazione della decisione, in cui invece è operata una riduzione di giorni dieci di reclusione.

Con altro motivo deduce l’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte all’interno della autocarrozzeria "Linea Car" in quanto eseguite non presso gli impianti della Procura della Repubblica di Catania, in quanto "furono eseguite e trasferite presso la sala intercettazioni della Guardia di Finanza", in assenza di ragioni di urgenza.

Con un terzo motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto associativo che non può essere desunto dalla saltuaria presenza dell’imputato presso la carrozzeria frequentata per vendere una propria auto, in difetto di accertamento di uno specifico ruolo assunto nella struttura criminosa.

Deduce inoltre gli stessi vizi della decisione con riferimento al delitto di riciclaggio delle auto di cui ai numeri 4 e 5 del capo B rilevando che l’intervento nella vendita della Renault e la sua presenza nella carrozzeria in quel periodo non sono elementi idonei a comprovare la conoscenza delle vicende inerenti dette vetture.

2.4 Il difensore di F.G. deduce la nullità della decisione scritta con grafia illeggibile che non consente di individuare i motivi di fatto e di diritto su cui la motivazione è fondata.

2.5 Il difensore di S.A. deduce che il delitto associativo si è prescritto il 15 luglio 2008 nel corso del giudizio di secondo grado, essendo decorsi a quella data anni 7 e mesi 6 dal fatto.

Deduce inoltre violazione di legge avendo il giudice di merito disposto misura di sicurezza a persona che ha giudicato meritevole del beneficio della sospensione condizionale. Lamenta anche che la sentenza, redatta a mano è illeggibile e si sostanzia in assenza di motivazione comprensibile e deve essere dichiarata nulla.

3.1 I ricorsi che negano la sussistenza di penale responsabilità in ordine ai fatti di riciclaggio ed al delitto associativo si sostanziano in censure all’apparato motivazionale della decisione presentando una diversa valutazione degli accertamenti di merito, valutazione non consentita nel giudizio di legittimità. Le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6^ 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv.

207944, Dessimone). Il giudice di merito inoltre non è tenuto a confutare ogni specifica argomentazione dedotta con l’atto di appello. Il concetto di mancanza di motivazione non include ogni omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori perchè un elemento probatorio estrapolato dal contesto in cui esso si inserisce acquista un significato diverso da quello attribuibile in una valutazione completa delle prove acquisite (Cass. I 22.12.98 n. 13528, ud. 11.11.98, rv. 212053). Non può quindi dedursi vizio di motivazione per avere il giudice di merito trascurato uno o più elementi di valutazione che ad avviso del ricorrente avrebbero potuto o dovuto portare ad una diversa valutazione, perchè ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità (Cass. 5^ 17.4.00 n. 2459, Garasto; Cass. 1^ 11.6.92 n. 6922, ud. 11.5.92, Cannarozzo).

Deve invece affermarsi che nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha espresso un giudizio probatorio non illogico avendo considerato che i sequestri, le fotografie, le targhe, gli accertamenti degli operanti, le dichiarazioni testimoniali di P. e D.P., quelle dei coimputati F., P., R. e L., il conto corrente appositamente creato, sono tutti elementi convergenti indicanti nel C., contitolare della carrozzeria"Lilea Car" l’effettivo dominus della continuativa attività di taroccamento, essendo il prevenuto la persona che nei viaggi in (OMISSIS) sceglieva le auto da taroccare con false identità. Tanto vale anche per la posizione del M., socio del C., le cui conversazione telefoniche anche con costui sono debitamente ricordate perchè fotografano l’internità di questo prevenuto nelle varie complesse operazioni di riciclaggio, comprovato anche dai sequestri presso il suo garage di specifici numerosi pezzi di autovetture, targhe e fotografie. Inattaccabile la prova di responsabilità inerente i due episodi specifici attesi il contenuto delle intercettazioni che dimostra l’interessamento dell’imputato al confezionamento delle vetture.

Analoghe sono le considerazioni svolte con riferimento all’ultimo motivo di ricorso in favore di D. che nega la prova di colpevolezza per due episodi di riciclaggio in ordine al quale la telefonata del 1 febbraio 20000 dimostra (vedi la pagina 134 della decisione di primo grado) il suo interessamento alla "sistemazione" della Renault trasportata con la sua bisarca. Contrariamente all’assunto difensivo deve ritenersi logico l’accertamento del giudice di merito che vede nella presenza del prevenuto nella carrozzeria e nella sua libertà di fare in quella sede telefonate decisorie sulla sistemazione di auto la prova di internità nei delitti contestati.

3.2. Elemento costitutivo del delitto di associazione per delinquere è l’accordo tra i vari adepti con cui si crea un vincolo permanente con la consapevolezza di ciascun associato di far parte del sodalizio e di partecipare, con contributo causale, alla realizzazione di un duraturo programma criminale. Da tanto discende la secondarietà degli elementi organizzativi che si pongono a substrato del sodalizio, elementi la cui sussistenza è richiesta nella misura in cui dimostrano che l’accordo può dirsi seriamente contratto, nel senso cioè che l’assoluta mancanza di un supporto strumentale priva il delitto del requisito dell’offensività. E’ sufficiente quindi un’organizzazione minima perchè il reato si perfezioni, mentre la ricerca dei tratti organizzativi non è diretta a dimostrare l’esistenza degli elementi costitutivi del reato, ma a provare, attraverso dati sintomatici, l’esistenza di quell’accordo fra tre o più persone diretto a commettere più delitti, accordo in cui il reato associativo di per sè si concreta. Nel caso in esame il giudice di merito ha accertato che l’indagato ha posto in essere con gli stessi soggetti con i quali è provata continuità di frequentazione, numerosi fatti delittuosi dello stesso tipo realizzati con costanti modalità (attribuzione ad auto rubate di falsi elementi identificativi propri di autovetture incidentate). I gravi concordanti indizi di responsabilità del delitto associativo e quindi anche dell’elemento soggettivo che lo sorregge, sono stati dal giudice di merito debitamente tratti, secondo il dettato delle sezioni unite (Cass. S.U. 28.3.01 n. 10, depositata 27.4.01, rv.

218376), dagli specifici numerosi delitti fine commessi con identiche modalità con gli stessi complici.

Al riguardo si ricorda che le Sezioni Unite della Corte hanno statuito (Cass. S.U. 27.4.01 n. 10, ud. 28.3.01, rv. 218376) che in tema di associazione per delinquere è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima. La sentenza in esame ha articolatamente indicato le complesse continuative attività criminali dei vari partecipi ai fini di ottenere con analoghe modalità nuovi mezzi da immettere nel mercato rilevando che gli accertati contatti tra gli indagati devono essere considerati come finalizzati al compimento di quanto successivamente accertato con riferimento ai nuovi fatti criminosi. Il giudice di merito ha, con riguardo alla posizione di D. e con riferimento a questo delitto, indicato le ragioni della non casualità della presenza di questo imputato nei locali della carrozzeria.

3.3 E’ in fatto manifestamente infondato il ricorso nella parte che sostiene la non comprensibilità della sentenza oggetto di ricorso perchè scritta a mano. Al contrario, pur con l’impegno necessario per leggere una qualsiasi grafia deve affermarsi che la sentenza è del tutto leggibile in ciascuna argomentazione svolta con riferimento alle censure proposte con gli atti di appello. I ricorsi sul punto sono inammissibili.

3.4 Le doglianze proposte con il secondo motivo di gravame dal difensore di D. e relative ad inutilizzabilità delle intercettazioni sono genericamente proposte senza specifici riferimenti a documenti autorizzativi che sarebbero viziati o mancanti. In proposito si rileva che il controllo di merito su detti atti prestato dal giudice di primo grado alla pagina 132 porta alla conclusione che "tutti i decrei sono adeguatamente motivati quanto ai requisiti di indisponibilità ed urgenza e che quindi tutte le trascrizioni sono utilizzabili". Con il ricorso sembrerebbe censurarsi la legittimità dell’ascolto remotizzato ed al riguardo si ricorda la giurisprudenza di legittimità che statuisce l’utilizzabilità delle intercettazioni di conversazioni eseguite mediante gli apparecchi esistenti negli uffici della Procura della Repubblica anche quando l’ascolto avvenga "in sede remota" da parte degli organi di polizia giudiziaria, in quanto il mezzo di prova è costituito esclusivamente dalla registrazione delle conversazioni che viene effettuata presso gli uffici di Procura e non dall’ascolto delle stesse che viene eseguito contestualmente dalla P.G. in luogo diverso, ai fini della prosecuzione delle indagini.(Cass. 3^ 20.11.07 n. 4111, depositata 28.1.08, rv. 238534; Cass. 2^ 24.4.07 n. 35299, depositata 21.9.07, rv. 237847; Cass. 4^ 12.7.07 n. 300002, depositata 24.7.07, rv. 237051) L’ascolto cosiddetto "remotizzato", ovvero da luogo diverso rispetto a quello nel quale siano legittimamente eseguite le operazioni di captazione di conversazioni o comunicazioni, è del tutto legittimo e non richiede l’autorizzazione del pubblico ministero atteso che l’art. 268 c.p.p., comma 3, si limita a disporre che le operazioni di intercettazione vengano effettuate presso gli uffici della Procura della Repubblica, ma in alcun modo vieta che l’ascolto delle conversazioni possa avvenire, ove gli strumenti tecnici disponibili lo consentano, anche in un altro luogo.

3.5 Il delitto associativo riconosciuto a S. si è prescritto alla data del 6.10.08, comprendendo anche mesi 2 e giorni 22 di sospensione in grado di appello, data antecedente la sentenza di secondo grado. La sentenza deve essere sul punto annullata senza rinvio. Le restanti doglianze sono superate dalla cassazione della decisione.

3.6 Lo stesso delitto associativo di cui al capo A della imputazione (anche aggravato ai sensi dell’art. 416 c.p., comma 1) si è prescritto nei confronti di C., M. e D. prima della sentenza di appello in quanto sono decorsi prima del 19.2.2010 dal fatto anni 8 e mesi 9 aumentati di altri mesi 2 e giorni 22 di sospensione (prescrizione decorsa il 22.1.2010). La sentenza sul punto nei confronti dei tre imputati va annullata senza rinvio ed a ciascuno deve essere eliminata la relativa pena di mesi 3 e giorni 20 di reclusione. Al D. inoltre, in accoglimento del primo motivo di ricorso deve essere eliminata l’ulteriore pena di giorni dieci di reclusione per il reato di falso già dichiarato prescritto in appello, in ordine al quale la corte territoriale in dispositivo ha omesso l’eliminazione di detta pena.

3.7 L’impugnazione del F. è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di S. A. per essere il reato estinto per prescrizione.

Annulla senza rinvio la stessa sentenza nei confronti di C. G., M.O. e D.L. limitatamente al delitto di cui al capo A per essere il reato estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena e per l’effetto determina la pena irrogata a C. e M. per i residui reati in anni 4 mesi 5 di reclusione ed Euro 2.200 di multa ciascuno e quella irrogata a D. in anni 3 mesi 4 di reclusione ed Euro 1.500 di multa; dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di C., M. e D..

Dichiara inammissibile il ricorso di F.G. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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