Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-05-2011) 20-07-2011, n. 28840

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.F. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona in data 13.7.2010 che ha confermato la responsabilità del prevenuto in ordine al delitto continuato di ricettazione di una patente e di un codice fiscale e di furto aggravato delle chiavi di una autovettura e dell’autovettura stessa che sottraeva da un piazzale di un esercizio commerciale, fatto accertato in (OMISSIS) ( art. 61 c.p., n. 2, art. 648 c.p.; artt. 110 e 624 c.p., art. 625 c.p., n. 2). La sentenza accertava il decorso del termine di prescrizione con riferimento ad un delitto di tentata truffa e due ipotesi di falso. E’ stata irrogata la pena di anni 3 mesi 2 di reclusione ed Euro 900 di multa (pena base anni 2 di reclusione ed Euro 550 per la ricettazione, aumentata di mesi 8 ed Euro 200 per la recidiva e mesi 6 ed Euro 150 per la continuazione con il delitto di furto).

Il difensore del ricorrente deduce che il delitto di ricettazione è prescritto, trattandosi di recidiva facoltativa e che l’aumento non può superare comunque mesi 8 ex art. 99 c.p., comma 6, aumento pari al cumulo delle pene precedenti. Con altro motivo deduce violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della decisione stante il non affidabile suo riconoscimento fotografico quale autore del furto e la non utilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali del maresciallo Trani in quanto rese in violazione del disposto di cui all’art. 195 c.p.p., comma 4. Rileva ancora che la disponibilità dell’auto non significa che la stessa sia stata rubata e che l’avere posto in essere la truffa non significa avere commesso il furto presso la concessionaria. Il ricorso è manifestamente infondato. La recidiva specifica, che è circostanza aggravante ad effetto speciale, in quanto prevede un aumento di pena fino alla metà, rileva, se contestata e ritenuta dal giudice ai fini di determinare il tempo necessario alla prescrizione del reato (Cass. Il 21.10.2008 n. 40978, depositata 3.11.08, rv. 242245). L’aumento di mesi 8 non supera il limite disposto dall’art. 96 c.p., comma 6.

Anche il secondo motivo di ricorso che si sostanzia in censure all’apparato motivazionale della decisione è manifestamente infondato. Le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6^ 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv, 207944, Dessimone). Il giudice di merito inoltre non è tenuto a confutare ogni specifica argomentazione dedotta con l’atto di appello. Il concetto di mancanza di motivazione non include ogni omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori perchè un elemento probatorio estrapolato dal contesto in cui esso si inserisce acquista un significato diverso a quello attribuibile in una valutazione completa delle prove acquisite (Cass. 1^ 22.12.98 n. 13528, ud. 11.11.98, rv. 212053). Non può quindi dedursi vizio di motivazione per avere il giudice di merito trascurato uno o più elementi di valutazione che ad avviso del ricorrente avrebbero potuto o dovuto portare ad una diversa valutazione, perchè ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità (Cass. 5^ 17.4.00 n. 2459, Garasto; Cass. 1^ 11.6.92 n. 6922, ud. 11.5.92, Cannarozzo).

Deve invece affermarsi che nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha espresso un giudizio probatorio non illogico avendo accertato che il prevenuto, è la persona con i falsi documenti che si presentò per acquistare l’auto (due riconoscimenti fotografici), auto che non riuscì ad avere quel venerdì sera per l’ora tarda;

auto che fu rubata la notte successiva e che fu successivamente nella sua disponibilità, avendo il M. venduto l’auto rubata al G., come accertato dalle indagini dei Carabinieri (ogni eccezione ex art. 195 c.p.p., comma 4, è generica e infondata, avendo il verbalizzante riferito accertamenti di polizia e non dichiarazioni di terzi).

Le impugnazioni è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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