Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-07-2011, n. 4498 Impianti industriali e/o produttivi Piano regolatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Catanzaro, sez. I, n. 130/11 del 28 gennaio 2011 è stato accolto il ricorso proposto dalla società C. V. s.r.l. avverso la nota n. prot. 783 del 18 dicembre 2009, con cui la Regione Calabria aveva espresso parere sfavorevole, in rapporto ad un progettato insediamento produttivo denominato "C. V. Turistico", in variante allo strumento urbanistico, nonché avverso il verbale della conferenza di servizi del 18 dicembre 2009 (nella parte in cui si demandava al Comune la conclusione in senso negativo del procedimento) e la conforme determinazione del Comune di Rossano, espressa con provvedimento n. 103 del 25 gennaio 2010.

Nella sentenza si osservava che il procedimento, avviato a norma dell’art. 5 del d.P.R.20 ottobre 1998, n. 447, era giunto a conclusioni non condivisibili sulla base di apodittiche affermazioni della Regione circa l’esistenza, nell’ambito del P.R.G., di altre aree idonee da destinare all’intervento, senza alcuna specificazione di tali aree alternative. Non vi era, pertanto, l’ "esatta individuazione delle condizioni che consentono la variante urbanistica", con conseguente illegittimità degli atti impugnati, fatta salva "ogni valutazione da parte delle competenti autorità, in ordine alla realizzazione del progetto e all’attuazione della variante".

In sede di appello da parte della Regione Calabria (n. 4406/11, notificato in data 11 maggio 2011) le conclusioni sopra sintetizzate venivano contestate, spettando al Comune e non alla Regione l’accertamento di disponibilità, o meno, di aree alternative per la realizzazione dell’intervento in esame. Per quanto di competenza, in ogni caso, la Regione appellante dichiarava di avere svolto un’approfondita istruttoria, richiamando la possibilità che l’intervento trovasse collocazione all’interno della Z.T.O. "C4", destinata all’espansione turisticoresidenziale marina; una localizzazione diversa inoltre (senza indispensabile sbocco sul mare), avrebbe potuto avere la struttura alberghiera.

L’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998, infine, per l’appellante avrebbe introdotto una misura eccezionale per variare lo strumento urbanistico, in presenza di un’insufficienza di tipo quantitativo e non qualitativo, mentre lo strumento urbanistico vigente sarebbe stato ancora dotato di reale e funzionale capacità insediativa.

Il C. V. s.r.l., costituitosi in giudizio, riproponeva le argomentazioni già rappresentate in primo grado, sottolineando come il Settore comunale "Assetto del Territorio e Tutela Ambientale" avesse rilasciato il 25 ottobre 2005, in ordine al progetto in questione, parere urbanistico in cui si attestava: a) la non conformità del progetto stesso al P.R.G.; b) l’assenza di aree apposite nella pianificazione comunale vigente, ma la possibilità di individuarvi aree assimilabili; c) l’inidoneità di tali aree assimilabili dal punto di vista qualitativo, o per mancato inserimento in piani attuativi approvati. In tale situazione, il Comune di Rossano aveva ritenuto di avviare il procedimento semplificato di variante urbanistica, di cui all’art. 14, comma 2, della l.r. Calabria 16 aprile 2002, n. 19, con successiva convocazione della conferenza di servizi conclusasi sfavorevolmente, pur in presenza delle condizioni applicative dell’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che sussistano i presupposti per emettere sentenza in forma semplificata, a norma dell’art. 60 Cod. proc. amm., tenuto conto del fatto che al Comune di Rossano, non costituito nella presente fase di giudizio, l’appello è stato correttamente notificato presso la Segreteria del Tribunale amministrativo per la Calabria (Catanzaro, via De Gasperi, 76), presso cui il medesimo Comune – in assenza di domicilio eletto nel capoluogo – doveva considerarsi domiciliato ex lege, a norma dell’art. 35, secondo comma, r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, richiamato dall’art. 19, primo comma, l. 6 dicembre 1971, n. 1034.

Nel merito il Collegio stesso non ravvisa, nel parere sfavorevole della Regione e nei conseguenti atti comunali, i prospettati vizi di eccesso di potere e violazione dell’art. 5 (progetto comportante la variazione di strumenti urbanistici) del d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 (regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per realizzazione e modificazioni di impianti produttivi, per le opere interne ai fabbricati e per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell’art. 20, comma 8, l. 15 marzo 1997, n. 59).

La disposizione sopra citata, infatti, prevede un’ipotesi eccezionale di proposta di variante dello strumento urbanistico e di accelerazione del conseguente procedimento, finalizzata all’individuazione di aree da destinare all’insediamento di impianti produttivi: un’individuazione che presuppone, comunque, la presentazione di un progetto conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza sul lavoro, e che opera quando lo strumento urbanistico non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi, ovvero tali aree siano insufficienti in relazione al progetto presentato.

In presenza di tali presupposti, l’eventualità di variare lo strumento urbanistico può, su impulso discrezionale del sindaco, essere oggetto di esame da parte di una conferenza di servizi aperta a qualunque soggetto portatore di interessi oppositivi, il cui esito favorevole costituisce proposta di variante al Consiglio comunale, che – previo esame di osservazioni, proposte e opposizioni – si pronuncia definitivamente entro sessanta giorni.

La proposta di variante non è comunque vincolante per il Consiglio comunale, il quale la valuta senza essere vincolato alla posizione manifestata nella conferenza dal rappresentante del comune.

Se invece l’esito della conferenza di servizi è negativo, la procedura avviata non ha ulteriore sviluppo, venendo a mancare l’atto di impulso necessario, oltre che strumentale, alle determinazioni di competenza del Consiglio comunale.

Detta procedura ha infatti carattere eccezionale non solo in quanto derogatoria, con norma secondaria, della procedura ordinaria di formazione dello strumento urbanistico, ma soprattutto perché introduce una procedura accelerata, a iniziativa privata, di eventuale revisione dello strumento urbanistico, invertendo così i rapporti e i ruoli circa la valutazione degli interessi all’ordinato e generale assetto del territorio.

La disciplina del procedimento di cui trattasi è quindi di stretta interpretazione (cfr. in tal senso Cons. Stato, IV, 4 maggio 2006, n. 2170, V, 14 dicembre 2006, n. 7425; IV, 19 ottobre 2007, n. 5471) e comunque, al di là della prima iniziativa, nulla sottrae all’ordinaria discrezionalità dell’Amministrazione in materia urbanistica.

Tale disciplina presuppone che – se la valutazione del Comune (competente a valutare la possibilità di dare luogo a variante dello strumento urbanistico, per una localizzazione alternativa dell’intervento) si conclude negativamente – deve ritenersi legittimamente chiusa e definita la procedura avviata, senza ulteriore apporto del Consiglio comunale..

Tale interruzione del procedimento deve ritenersi verificata quando il Comune di Rossano, nella conferenza di servizi del 18 dicembre 2009 – visto il parere sfavorevole del Dipartimento urbanistica della Regione – con determinazione dirigenziale n. 103 del 25 gennaio 2010 ha ritenuto di conformarsi a quel parere e di abbandonare così l’originaria valutazione favorevole. Legittimamente infatti la Regione interloquisce nel procedimento, per quanto speciale, e in tale interlocuzione ha capacità di produrre il definitivo arresto del procedimento e di precludere l’ulteriore esame del progetto da parte del Consiglio comunale (cfr. la ricordata Cons. Stato, IV, n. 2170 del 2006).

Anche indipendentemente da tale considerazione, tuttavia, va osservato come la prima, positiva, valutazione comunale ben si prestasse ai rilievi opposti dall’atto regionale, avendo comunque trascurato la peculiarità di un progetto che esulava dalla normale caratterizzazione delle aree cosiddette P.I.P. – comprensive anche degli stabilmenti industriali propriamente detti – per poter trovare collocazione all’interno della zona territoriale omogenea "C4", appositamente destinata ad "espansione turisticoresidenziale marina".

Nel descritto contesto – in assenza di controdeduzioni dell’Amministrazione comunale – non paiono illogiche né travisanti le conclusioni del parere regionale impugnato, secondo cui "a fronte di uno strumento urbanistico generale vigente…ancora…dotato di una reale e funzionale capacità insediativa" risulterebbe ingiustificato un "considerevole…incremento della densità edilizia attualmente disponibile nel P.R.G.", con carattere di "pericoloso precedente", atto ad alterare il programmato equilibrio nelle trasformazioni del territorio (risultando, appunto, individuati altri settori territoriali destinabili ad interventi di carattere turisticoricettivo, indipendentemente dall’indisponibilità di aree PIP idonee allo scopo).

La possibilità di localizzazioni alternative (o meglio la non dimostrata – dal Comune – impossibilità di siffatte localizzazioni) appare pertanto giustificativa del parere sfavorevole della Regione e del relativo recepimento, ostativo alla prosecuzione della procedura avviata ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998.

Nello stesso ricorso del C. V. s.r.l. si sintetizzano le risposte del Comune alla richiesta istruttoria della Regione formulata con nota n. 378 del 22 giugno 2009, circa la possibilità di accorpamento di lotti nell’area destinata ad impianti produttivi, ovvero circa la disponibilità di aree "con capacità volumetrica sufficiente ad accogliere l’iniziativa" in z.t.o. "C4". Dette risposte – contenute nelle note comunali nn. 174 e 175 del 22 settembre 2009 – appaiono in realtà apodittiche sul punto da ultimo indicato, dato che si limitano a negare genericamente la presenza di "aree sufficienti per l’insediamento dell’impianto produttivo di cui in progetto".

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello della Regione debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo. Le spese giudiziali, da porre a carico delle parte soccombente costituita, vengono liquidate nella misura di Euro. 2.000,00 (euro duemila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello, come in epigrafe proposto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado di giudizio.

Condanna il C. V. s.r.l. al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di Euro. 2.000,00 (euro duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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