Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-07-2011, n. 4497 Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il piano regolatore generale del Comune di Sant’Arpino (CE), approvato nel corso del 1989 destinò una cospicua porzione del territorio comunale alla realizzazione del "Parco archeologico della città atellana’. Fra le aree in parola rientrava un compendio immobiliare di proprietà della signora M. G. C..

In data 28 aprile 2005 veniva adottato il decreto ministeriale n. 4413 del 2005, il quale implicava la dichiarazione di pubblica utilità delle aree interessate dalla realizzazione del parco archeologico e ne disponeva l’occupazione d’urgenza (occupazione d’urgenza cui si procedeva in concreto in data 26 maggio 2006).

Nel maggio del 2005 il Comune appellante dava comunicazione dell’intervenuta dichiarazione di pubblica utilità ricorrendo allo strumento della notifica per pubblici proclami (in particolare, l’atto oggetto del procedimento notiziale veniva pubblicato all’albo pretorio del comune, dandosene contestualmente notizia su un quotidiano a diffusione nazionale).

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania e recante il n. 5812/2006, la signora C. chiedeva l’annullamento degli atti del procedimento ablatorio e, in particolare:

– del decreto di occupazione d’urgenza in data 26 maggio 2006;

– dell’avviso finalizzato alla redazione dello stato di consistenza in data 29 maggio 2006;

– del decreto dichiarativo della pubblica utilità in data 28 aprile 2005;

– della deliberazione della Giunta comunale n. 23 del 23 febbraio 2006.

Con la pronuncia oggetto del presente gravame, il Tribunale adìto accoglieva il ricorso e disponeva l’annullamento degli atti impugnati, rilevando tra l’altro la violazione degli articoli 11 e 16 del d.P.R.8 giugno 2001, n. 327.

La pronuncia in questione veniva impugnata dal Comune di Sant’Arpino il quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando plurimi motivi di gravame:

Alla Camera di consiglio del giorno 24 giugno 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

Il Collegio ritiene che sussistano le condizioni per definire la questione con decisione in forma semplificata.

Motivi della decisione

1. Giunge alla decisione del Collegio l’appello cautelare proposto ai sensi dell’art. 98 Cod. proc. amm. dal Comune di Sant’Arpino (CE) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania con cui è stato accolto il ricorso proposto da C. M. G., proprietaria di un lotto interessato da procedura espropriativa al fine della realizzazione di un parco archeologico e, per l’effetto, è stato disposto l’annullamento degli atti della procedura ablativa.

2. Il ricorso è manifestamente infondato e può, quindi, essere definito con decisione in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 Cod. proc. amm..

3. Il Collegio ritiene dirimente ai fini del decidere l’infondatezza dei motivo di appello proposto avverso il capo della sentenza appellata con cui è stata rilevata l’illegittimità del procedimento espropriativo per violazione dell’articolo 16, commi 4 e ss., d.P.R. 8 giugno 2001, 327 in tema di avviso di avvio del procedimento ablatorio (e della dichiarazione di pubblica utilità).

3.1. Al riguardo, il Tribunale amministrativo ha correttamente osservato che l’Amministrazione ha violato le norme di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 16 (il quale rinvia alle modalità di comunicazione dell’art. 11, comma 2), dato che i proprietari interessati dalla procedura ablatoria erano trenta, mentre le disposizioni richiamate prescrivono tassativamente che, se i proprietari interessati siano meno di cinquanta, è necessaria la comunicazione individuale dell’avvio del procedimento.

Il mancato rispetto delle richiamate modalità (poste a garanzia giuridica dei soggetti incisi e perciò inderogabili) è di per sé idoneo a determinare l’illegittimità dell’intera serie di atti impugnati in primo grado.

3.2. D’altronde, il carattere speciale delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 16 del d.P.R. 327 del 2011 rende inapplicabili alla vicenda la norma generale dell’art. 8, comma 3, della l. 7 agosto 1990, n. 241 ("qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima").

3.2. Ancora, questo carattere tipico e tassativo – e perciò inderogabile – dell’art. 16 toglie fondamento alla tesi dell’appellante secondo cui la norma non vieterebbe che, in caso di un numero di destinatari inferiore a cinquanta, si possa utilizzare una forma di comunicazione di avvio del procedimento diversa dalla comunicazione personale (nel caso di specie, lo strumento dei pubblici proclami).

3.5. Per le medesime ragioni non può trovare accoglimento l’assunto della tardività del ricorso al Tribunale amministrativo regionale dalla C., per essere stato proposto ad oltre un anno dall’adozione del decreto dichiarativo della pubblica utilità.

Al riguardo basti osservare che la mancata conoscenza legale degli atti oggetto di impugnativa non consentiva il decorso del termine decadenziale per la proposizione dell’azione, e che il Comune appellante non ha allegato alcun elemento atto a dimostrare che la C. aveva avuto da altra fonte piena conoscenza dei provvedimenti in epoca anteriore a quella di proposizione del ricorso (non ha rilievo la consapevolezza della diversa circostanza per cui l’area era stata in precedenza vincolata con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali e destinata alla realizzazione del parco archeologico, trattandosi di vicenda giuridica diversa dall’intervenuta dichiarazione di pubblica utilità di cui qui si verte).

3.6. Da ultimo, non può essere condivisa la tesi secondo cui la mancata comunicazione di avvio del procedimento non invalida la serie ablatoria, atteso che l’eventuale partecipazione al procedimento non avrebbe comunque potuto determinare un esito della vicenda diverso da quello in concreto verificatosi (art. 21octies l. 7 agosto 1990, 241). L’applicazione dell’art. 21 octies, comma 2, alle ipotesi di omessa comunicazione di avvio del procedimento, è infatti eccezione a princìpi generali posti a garanzia di diritti partecipativi e sostanziali di notevole rilievo, e richiede la prova rigorosa, a carico della p.a., che la partecipazione del privato non avrebbe potuto incidere in alcun modo sul contenuto del provvedimento (Cons. Stato, VI, 7 luglio 2006, n. 4307).

Al riguardo, non pare concludente in senso opposto (anche in considerazione del lungo tempo infruttuosamente trascorso dall’iniziale pianificazione del parco archeologico di cui si discute) l’assunto che il fondo della C. era zonizzato dal P.R.G. come parco archeologico e che era stato assoggettato al ricordato vincolo.

4. L’infondatezza del ricorso in relazione a questo profilo ha carattere assorbente e conduce senz’altro alla conferma della gravata sentenza..

5. L’appello- che può essere definito con sentenza in forma semplificata – va dunque respinto.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *