Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 04-05-2011) 20-07-2011, n. 28917 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 22 ottobre 2009, la Corte d’appello di Genova, ha confermato la sentenza del Tribunale di Massa, con cui l’imputato era stato condannato, per il delitto di violenza sessuale aggravata e continuata ai danni della figlia minore, nata nel (OMISSIS), alla pena di anni nove di reclusione, oltre il risarcimento del danno.

2. – Secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, una prima parte degli episodi di violenza contestati si è svolta tra il (OMISSIS), quando la figlia minore aveva 7-8 armi, ed è consistita in ripetuti toccamenti delle parti intime di questa e nell’averla costretta a praticare rapporti orali, in alcune circostanze prospettandoli come un gioco e in altre formulando minacce. Una seconda parte degli episodi si è svolta tra il (OMISSIS) ed consistita in ripetuti congiungimenti carnali svoltisi tenendo ferma la figlia nel letto e minacciandola di ucciderla se avesse riferito i fatti.

La condanna dell’imputato, in entrambi i gradi di giudizio, si è basata essenzialmente sulle dichiarazioni della persona offesa, la quale ha riferito la tempistica dei fatti in relazione allo svolgersi della vita familiare: in un primo periodo, nella casa in cui viveva con il padre e la madre; poi, dopo la separazione dei genitori, nella casa del padre, dove la bambina, che viveva con i nonni, andava nel fine settimana; poi nel nuovo nucleo familiare del padre, dove, dopo un periodo di pausa di circa due anni, gli episodi erano ripresi e si erano aggravati. Il tutto in un contesto di degrado morale e materiale, dovuto anche all’ubriachezza abituale dell’imputato.

3. – Avverso tale provvedimento, l’imputato ha proposto, attraverso due diversi difensori, due identici ricorsi per cassazione, rilevando: 1) la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, quanto all’ammissibilità dell’audizione, quale testimone, del consulente tecnico del pubblico ministero; 2) la carenza di motivazione sul diniego dell’ammissione di testi richiesti dalla difesa allo scopo di riscontrare la veridicità di quanto riferito dalla vittima; 3) la carenza e manifesta illogicità della motivazione circa l’attendibilità dei testi, da ritenersi, invece, inattendibili; 4) la carenza e manifesta illogicità della motivazione circa il mancato espletamento di perizia psichiatrica sulla vittima.

4. – In prossimità dell’udienza, la parte civile ha depositato memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

5. – Il ricorso è infondato.

5.1.- L’esame dei motivi sub 2), 3) e 4) – che devono essere trattati congiuntamente, perchè riferiti a pretese carenze della motivazione circa la prova – ha rilievo preliminare e assorbente.

La sentenza impugnata si è correttamente basata sulle dichiarazioni della persona offesa, che sono state ritenute circostanziate e attendibili e, perciò, da sole sufficienti a fondare la responsabilità dell’imputato.

La Corte d’appello e, ancor prima, il Tribunale hanno ampiamente dato conto delle ragioni per le quali tale racconto, preciso e dettagliato, è stato ritenuto attendibile. In particolare, la sentenza censurata si è soffermata sui rilievi critici mossi sul punto dalla difesa dell’imputato, fornendo una spiegazione chiara e coerente delle pretese incongruenze della deposizione della vittima.

In primo luogo, la Corte ha ampiamente evidenziato che non vi sono contraddizioni circa i riferiti tempi e modalità delle condotte tenute dall’imputato tra il (OMISSIS), nella casa in cui viveva con il suo nuovo nucleo familiare, perchè risulta sufficientemente chiaro che in un primo periodo le violenze avvenivano con una certa frequenza e in certi giorni della settimana e in un secondo periodo con una diversa frequenza.

In secondo luogo, la sentenza correttamente ritiene credibile la vittima quando questa riferisce di non aver tenuto diari delle violenze subite, evidenziando che dagli scritti esaminati non emerge alcun riferimento diretto a tali episodi, ma al più – e in una sola lettera destinata alla moglie dell’imputato – un richiamo implicito a dolorose esperienze, che non vengono nè menzionate, nè descritte.

In terzo luogo, la stessa sentenza da conto, in modo coerente e dettagliato, delle pretese discordanze tra la persona offesa, che ha riferito di essersi confidata con l’amica M. il giorno prima della violenza, e quest’ultima, che fa risalire le confidenze ricevute dalla persona offesa a un periodo precedente. Nella motivazione si legge, infatti, che una tale contraddizione non esiste, laddove si evidenzia che è vero sia che la persona offesa ha confidato all’amica, in forma embrionale e generica e in un periodo precedente di un paio di mesi alla denuncia, l’abuso subito, sia che i fatti furono da lei riferiti all’amica, stavolta in forma dettagliata, solo il giorno prima della denuncia.

A fronte di tale quadro probatorio, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto superflue le richieste istruttorie formulate dall’imputato – e ribadite con i motivi di ricorso di cui sopra – facendo opportuno richiamo al principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la testimonianza della persona offesa, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, purchè la relativa valutazione sia adeguatamente motivata. Tale principio di diritto vale, in particolare, proprio in tema di reati sessuali, l’accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi (ex plurimis, Sez. 5, 27 aprile 1999, n. 6910; Sez. 4, 21 giugno 2005, n. 30422; Sez. 3, 11 novembre 2010, n. 42501; Sez. 3, 24 marzo 2011, n. 16577).

5.2. – In forza di tali conclusioni, deve essere ritenuto assorbito il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, quanto all’ammissibilità dell’effettuata audizione, quale testimone, del consulente tecnico del pubblico ministero. Infatti, tale audizione – a prescindere da ogni considerazione sulla fondatezza delle ragioni giuridiche prospettate dall’imputato circa la sua ammissibilità – deve essere ritenuta superflua, perchè costituisce semplicemente un ulteriore riscontro delle dichiarazioni della persona offesa, da sole ampiamente sufficienti a fondare la responsabilità penale dell’imputato.

6. – Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e delle spese sostenute dalla parte civile costituita, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 1500,00, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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