Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-04-2011) 20-07-2011, n. 28910

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Palermo confermò la sentenza 17.6.2008 del tribunale di Palermo, che aveva dichiarato R.G. colpevole del reato di cui all’art. 609 octies cod. pen., ossia di violenza sessuale di gruppo per avere, in concorso con S.A. (giudicato con sentenza di patteggiamento), indotto G.L.D. a subire atti sessuali, compiuti approfittando dello stato di incapacità fisica e psichica della ragazza, derivante dalla assunzione di ingente quantità di sostanze alcoliche, ingerite nel corso di una cena svoltasi presso il terreno dello S., e lo aveva condannato alla pena di anni otto di reclusione, oltre pene accessorie e risarcimento del danno in favore della parte civile.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione dell’art. 123 cod. pen. ed improcedibilità dell’azione penale nei confronti dell’imputato per mancanza di querela, sporta nei soli confronti dello S. e che non cita in alcun modo il nome del R..

2) violazione dell’art. 609 bis c.p., comma 2, n. 1 e art. 609 octies cod. pen. per gravi difetti di motivazione e per insufficienza di prove. Lamenta che la motivazione sulla sua responsabilità è apparente, apodittica, fondata su ragionamento pregiudizievole e lacunoso e sulla base di mere deduzioni. E’ evidente che la corte d’appello gli ha addebitato l’illecito sulla base dei suoi numerosi precedenti penali e su supposizioni, tralasciando gli elementi di dubbio. In particolare non risulta dagli elementi emersi che gli altri ragazzi avessero fatto di tutto per proteggerlo. E’ inattendibile il teste L.B. che ha fornito due opposte versioni dei fatti e le cui seconde dichiarazioni non sono credibili. Del resto non risulta che egli avesse mai stabilito contatti con lo S. o con gli altri ragazzi per concordare la versione da fornire. E’ irrilevante che dal suo cellulare fosse stata fatta una telefonata alle ore 5:41 da quella zona, perchè non è stato accertato che la telefonata era stata fatta da lui e non dallo S., col telefonino da lui dimenticato sul posto. E’ poi incredibile il presunto movente ritenuto dalla corte d’appello, mentre fra i suoi precedenti non vi sono reati di natura sessuale.

Non risulta che le lesioni riscontrate sul corpo della ragazza fossero state causate da abusi perpetrati da più persone.

3) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena, anche per la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato perchè la corte d’appello ha ricordato sia che la persona offesa aveva sporto querela non solo nei confronti dello S. ma anche degli altri eventuali responsabili dei fatti, citando peraltro anche la presenza sul posto del R., sia che, ai sensi dell’art. 123 cod. pen., la querela si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il fatto e che comunque il reato di cui all’art. 609 octies è procedibile d’ufficio.

E’ invece fondato il secondo motivo perchè effettivamente la sentenza impugnata ha ritenuto la responsabilità del ricorrente con una motivazione apparente, soprattutto sulla base di congetture e supposizioni, nonchè dei suoi numerosi precedenti penali.

La sentenza impugnata innanzitutto deduce elementi di colpevolezza da un presunto maldestro tentativo, posto in essere dagli altri giovani pur estranei alla vicenda, di proteggere il R., perchè ne subivano la caratura criminosa. Si tratta però di una affermazione apodittica, perchè non è stato nemmeno specificato quale sarebbe la caratura criminosa del R. nè tanto meno è stato spiegato perchè dovrebbe ipotizzarsi che a tale caratura dovrebbe ricondursi una condotta protettiva posta in essere da soggetti estranei all’azione criminosa e che, ciò nonostante, avrebbero fatto di tutto per confondere i fatti solo per coprire il R., rischiando così di rimanere coinvolti in una vicenda molto grave solo ed esclusivamente perchè avrebbero subito il fascino ed il condizionamento della personalità dell’imputato. A fondamento di questa ipotesi non sono stati indicati nè elementi emersi nel processo nè dichiarazioni rese dai testi escussi.

La corte d’appello riporta il contenuto di una conversazione telefonica intercettata intercorsa tra lo S. ed il L.B., dalla quale risulterebbe evidente il tentativo degli stessi di concordare una falsa versione dei fatti. Ma la motivazione non spiega perchè tale tentativo dovrebbe riguardare la posizione del R., dal momento che dalla conversazione non compare mai il nome di quest’ultimo nè vi sono riferimenti allo stesso o ad un tentativo di proteggerlo dagli sviluppi della vicenda. Non è spiegato perchè il tentativo di fornire una versione di comodo dei fatti non avrebbe potuto essere finalizzato a proteggete non il R., bensì uno dei due interlocutori, e precisamente lo S., anch’esso imputato di violenza sessuale.

Non viene poi fornita una spiegazione del fatto che la persona principalmente responsabile, ossia il R., non risulta – dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate – avere mai stabilito contatti con il L.B. o con lo S. al fine di assicurarsi che tutte le dichiarazioni fossero state concordanti tra loro e fossero idonee allo scopo di scagionarlo da ogni sospetto, tenuto conto che anch’egli, come gli altri, avrebbe dovuto necessariamente concordare la versione da fornire agli inquirenti.

Non emerge dalla sentenza che il R., quale principale indiziato, avesse assunto iniziative personali, contatti, o tenuto movimenti sospetti o quant’altro potesse dimostrare un suo così grave coinvolgimento nella vicenda.

La corte d’appello poi fa richiamo alla deposizione del L.B., ma omette di compiere una dovuta approfondita valutazione della attendibilità di tali dichiarazioni sia intrinseca (tenuto conto che il teste aveva fornito una prima versione dei fatti a favore dell’imputato e poi aveva dato una versione che era l’esatto contrario della prima) sia estrinseca, alla luce di tutto il complesso delle altre circostanze di fatto.

Fra l’altro, avrebbe dovuto essere valutata l’attendibilità del racconto del L.B. laddove ha affermato di essersene andato lasciando la ragazza sola con lo S. ed il R. solo perchè quest’ultimo gli aveva fatto un segno di andarsene. In ogni caso non è spiegato perchè un gesto del genere costituirebbe prova di una volontà di commettere una violenza sessuale, quando era noto che la ragazza aveva già avuto rapporti sessuali consenzienti con lo S. e che quindi era ben possibile che fosse solo quest’ultimo a volersi intrattenere con lei da solo.

Patimenti, non è spiegato perchè i tabulati telefonici confermerebbero addirittura la versione fornita dal L.B. per la ragione che alle ore 5:41 del mattino dal cellulare del R. era stata effettuata una telefonata sempre dalla zona della campagna dello S., in contrasto con la versione dell’imputato che aveva sostenuto di essersene andato verso le due. Tale telefonata, infatti, dimostra solo che dall’utenza del R. era stata fatta una chiamata a quell’ora ma non che fosse stato proprio il R. ad effettuarla, perchè, come esattamente rileva il ricorrente, può esservi il dubbio che l’imputato, proprio perchè stordito come gli altri dall’alcol ingerito, avesse lasciato il suo apparecchio nella casa di campagna dello S. e che questi lo avesse trovato ed utilizzato quando tornò nella casa per sistemare le cose. D’altra parte, atteso che si trattava di un elemento che ha avuto una notevole rilevanza per la decisone, si sarebbe potuto tentare di individuare l’autore della telefonata rilevando chi ne era stato il destinatario e magari sentendolo, ma la mancanza dei risultati di una indagine del genere non può giustificare conclusioni ipotetiche a danno dell’imputato.

La corte d’appello, poi, quale elemento di conferma della responsabilità dell’imputato per l’episodio in esame, ha fatto inammissibilmente riferimento ai suoi precedenti penali, senza però spiegare perchè gli stessi costituissero indiz della commissione di questo fatto e senza nemmeno specificare se si trattava crimini a sfondo sessuale o di tutt’altro genere (come sostiene la difesa).

E’ poi apodittica l’affermazione che il movente sarebbe costituito dal fatto che il R., avendo fatto qualche tempo prima delle avances nei confronti della ragazza che le aveva rifiutate, avrebbe voluto vendicarsi del rifiuto ed avrebbe approfittato dello stato di incoscienza in cui la ragazza si trovava a causa dell’abbondante alcol ingerito per abusare sessualmente della medesima. Non viene indicato nessun elemento, nemmeno rapportabile alla personalità dell’imputato, che possa giustificare tale supposizione; non si dice che il R. avesse predisposizione verso i reati sessuali, o fosse stato in passato coinvolto in vicende del genere, o che, dopo la vicenda delle avances, fossero seguiti atti intimidatori, minacce, o episodi di pressione o di insistenza nei confronti della ragazza.

Manca la motivazione anche sulla prova della presenza del R. sul posto nel periodo di tempo in cui fu consumato il reato.

Nemmeno è stata fornita la prova che gli atti sessuali fossero stati compiuti da due soggetti diversi. Invero, dai certificati medici è risultato che la ragazza non aveva avuto un rapporto vaginale, ma presentava lesioni nella zona anale, ma dalla sentenza impugnata non risulta che dai certificati o dallo stato delle lesioni emergesse anche che gli abusi erano stati perpetrati da più persone.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata per vizio di motivazione, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Palermo per nuovo giudizio.

Il terzo motivo resta assorbito.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Palermo per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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