Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-04-2011) 20-07-2011, n. 28909 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 23.3.2009 il Gip del tribunale di Pinerolo dichiarò T.G. colpevole del reato di cui all’art. 609 bis cod. pen. per avere con violenza, dopo averla indotta a sedersi in braccio a lui, compiuto atti sessuali sulla minore A.R. mettendole le mani sotto la maglietta e toccandole il petto contro la sua volontà, con le aggravanti di cui all’art. 609 ter c.p., u.c., e art. 99 cod. pen. e con la attenuante di cui all’art. 609 bis, u.c., lo condannò alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione, oltre pene accessorie.

La corte d’appello di Torino, con la sentenza in epigrafe, dichiarò l’attenuante prevalente sulle aggravanti e rideterminò la pena in anni uno e mesi due di reclusione, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) inosservanza di norme processuali perchè la sentenza impugnata si basa su materiale probatorio inutilizzabile, ai sensi dell’art. 240 c.p.p., comma 1, e dell’art. 191 cod. proc. pen. Sotto un primo profilo eccepisce che sono inutilizzabili ai sensi dell’art. dell’art. 240 c.p.p., comma 1, tutti gli atti antecedenti al 22 marzo 2007. Infatti il procedimento ebbe inizio sulla base di una lettera anonima a seguito della quale i carabinieri svolsero indagini per cercare riscontri, trasmettendone l’esito alla procura della Repubblica, che iscrisse notizia di reato per il delitto di cui all’art. 609 bis cod. pen. a carico del T.. Sennonchè nessuno di tali atti poteva considerarsi notizia di reato valida per l’iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., dal momento che da tali atti non emergeva alcun indizio a carico dell’imputato e quindi gli atti stessi non potevano essere trasfusi nel fascicolo delle indagini. Gli estremi della notitia criminis non emergono nemmeno dalle sommarie informazioni assunte l’8 febbraio 2007 perchè anche la D. dichiarò che la bambina le aveva detto di non essere stata mai toccata dal T.. Soltanto con le sommarie informazioni rese dalla D. al PM il 22 marzo 2007 emerge un elemento indiziario perchè la teste riferì di avere nuovamente interrogato la bambina e che questa volta la stessa le aveva detto di essere stata toccata dal T.. Solo questa dichiarazione poteva costituire notizia di reato valida per l’iscrizione nel relativo registro. Tutto il materiale precedente doveva pertanto essere escluso dal fascicolo delle indagini preliminari, costituendo materiale extraprocedimentale. E’ poi inconferente la considerazione della corte d’appello circa il preteso vantaggio per l’imputato della avvenuta iscrizione, dal momento che nessuna comunicazione gli era stata fatta della pendenza del procedimento.

Sotto un secondo profilo eccepisce che è inutilizzabile la testimonianza della minore R.A. assunta con l’incidente probatorio del 10 ottobre 2008, in quanto l’audizione si era svolta irritualmente, nonostante l’opposizione della difesa e del PM, alla presenza di D.V., che era già stata ritenuta incompatibile con l’ufficio di interprete e la cui presenza non si giustificava in alcun modo, essendo del resto la minore già accompagnata dalla madre. La D. era l’unica persona alla quale la bambina avrebbe raccontato l’episodio ed era in grado di suggerirle le risposte, essendo la sua insegnante ed uno dei pochi soggetti in grado di comunicare con lei attraverso il linguaggio dei gesti. La presenza della D. quindi ha rappresentato una indebita ingerenza nella sfera di autodeterminazione del testimone vietata dall’art. 188 cod. proc. pen., essendo di per sè idonea ad influenzare la bambina, inducendola a confermare ciò che in presenza di altri non aveva mai confermato. Trattasi poi di inutilizzabilità patologica e non fisiologica, stante l’inosservanza di un divieto in materia probatoria.

2) erronea applicazione della legge penale per erronea qualificazione dei fatti contestati. Invero non vi è nel materiale probatorio alcun elemento circa la sussistenza di profili di minaccia o di violenza.

Non è indicato come il T. si sarebbe avvicinato alla bambina o su come l’avrebbe costretta a sedersi in braccio. Nessun elemento dimostra il compimento di un gesto idoneo a superare la contraria volontà della bambina. Manca poi ogni prova sulla connotazione di libidine sessuale del gesto. Del resto è provato che la bambina non aveva il petto sviluppato, sicchè la mano può essere stata tesa per un motivo legittimo. L’atto quindi potrebbe al più ricadere sotto l’ipotesi del tentativo o della violenza privata.

3) contraddittorietà della motivazione col verbale dello incidente probatorio in ordine alla audizione del perito B.M. sulla attendibilità della minore. Infatti, l’esperta aveva espressamente affermato che la minore non era in grado di collocare temporalmente i fatti e di esprimere il proprio pensiero senza una pesante interferenza interpretativa da parte di terzi, nonchè in grado di attribuire ai gesti umani un significato ed una valenza sessuale o meno. La sentenza impugnata invece motiva la responsabilità dell’imputato sulla base dei racconti e delle sensazioni della minore, mentre lo stesso perito aveva affermato che i racconti della minore sono in realtà frutto di pesanti ingerenze dell’interprete.

La corte d’appello ha omesso di valutare l’incidenza sulle dichiarazioni della bambina delle sue carenze sotto il profilo emotivo, cognitivo e comunicativo ed ha omesso di motivare su eventuali riscontri alle dichiarazioni stesse.

Motivi della decisione

Il Collegio ritiene che il primo motivo sia infondato, sotto un duplice profilo.

In primo luogo, quanto alla denunciata violazione dell’art. 240 cod. proc. pen., il ricorrente cita la giurisprudenza di questa Corte secondo cui "Il documento anonimo non soltanto non costituisce elemento di prova, ma neppure integra notitia criminis, e pertanto del suo contenuto non può essere fatta alcuna utilizzazione in sede processuale … . L’unico effetto degli elementi contenuti nella denuncia anonima, infatti, può essere quello di stimolare l’attività di iniziativa del P.M. e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possono ricavarsi gli estremi utili per l’individuazione di una notitia criminis. Tali investigazioni, volte ad acquisire elementi di prova utilizzabili, si pongono, peraltro, fuori delle indagini preliminari, appunto in quanto sfornite di pregressa notitia criminis, sicchè l’accusa non può procedere – sulla sola base di una denuncia anonima o confidenziale, non inseribile in atti ed inutilizzabile – a perquisizioni, sequestri, intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità" (Sez. 4, 17.5.2005, n. 30313, Cicerone, m. 232021). Il ricorrente, però, aggiunge che, sulla base di un anonimo, non si potrebbe procedere nè a perquisizioni, nè a intercettazioni, nè a sommarie informazioni; il che però è inesatto perchè la giurisprudenza appena citata riguarda i sequestri, le perquisizioni, le intercettazioni telefoniche, ma non anche l’assunzione di sommarie informazioni. Ciò è confermato anche da ulteriori decisioni, che ribadiscono il principio che "Sulla base di una denuncia anonima non è possibile procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità. Tuttavia, gli elementi contenuti nelle denunce anonime possono stimolare l’attività di iniziativa del P.M. e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una notitia criminis" (Sez. 6, 21.9.2006, n. 36003, Macrì, m.

235279). Non è quindi vietato alla polizia giudiziaria di assumere dati conoscitivi, anche attraverso la raccolta di sommarie informazioni. Orbene, il ricorso non contesta (nè del resto risulta) che, sulla base dello scritto anonimo, o comunque prima della data indicata dal ricorrente del 22 marzo 2007, siano stati fatti sequestri, perquisizioni o intercettazioni telefoniche, dal momento che le intercettazioni ambientali richieste dal PM non furono mai eseguite. In realtà vi furono soltanto delle sommarie informazioni testimoniali regolarmente raccolte tra i vicini e che non risultano essere state utilizzate ai fini della decisione. La sentenza impugnata peraltro rileva anche che le assunzioni di informazioni avvennero dopo l’iscrizione della notizia di reato, la quale sarebbe stata effettuata regolarmente, sulla base del materiale già disponibile; ed osserva in particolare che tutti gli atti allegati alla nota dei carabinieri del (OMISSIS) erano frutto di attività diretta a verificare il minimo di fondatezza dell’anonimo ed identificare il soggetto che, in relazione al reato ipotizzabile, ne potesse essere responsabile. La questione però è a ben vedere poco rilevante perchè, anche ammesso – come sostiene il ricorrente – che l’iscrizione della notizia di reato non potesse essere fatta prima del 22 marzo 2007, ossia prima delle nuove dichiarazioni della D., ciò non avrebbe conseguenze sulla decisione impugnata, che non si è fondata in via principale o significativa su dichiarazioni raccolte prima di questa data.

Quanto alla presunta nullità ed inutilizzabilità della testimonianza della minore R.A. per il fatto che all’audizione era presente D.V., che sarebbe stata in grado di suggerire le risposte e di condizionare la piccola, la corte d’appello ha correttamente escluso l’inutilizzabilità osservando:

che l’incidente probatorio era stato condotto dal giudice, alla presenza del difensore, dell’interprete S. (essendo la bambina sordomuta) e della D.; che il rilievo circa una possibile incompatibilità della D. era stato sollevato dal cancelliere e non dal difensore; che la bambina aveva interloquito esclusivamente con la S.; che invece la D. aveva dichiarato di poter essere di parte e quindi si era defilata; che pertanto non vi era stata alcuna concreta violazione di legge nè alcuna conseguenza negativa derivata dalla mera presenza fisica della D., che non era mai intervenuta.

Il Collegio peraltro rileva che il primo motivo è infondato anche sotto un secondo profilo. E difatti, quand’anche vi fosse stata una prematura iscrizione della notizia di reato ed una irregolare presenza della D. nell’incidente probatorio, e quand’anche ciò avesse determinato una inutilizzabilità delle dichiarazioni, si sarebbe tutt’al più trattato di una inutilizzabilità cd. fisiologica, la quale non è più eccepibile nè rilevabile dopo che l’imputato abbia chiesto ed ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato. E difatti, l’inutilizzabilità cd. patologica, rilevabile anche nell’ambito del giudizio abbreviato, costituisce una ipotesi estrema e residuale, ravvisabile solo con riguardo a quegli atti la cui assunzione sia avvenuta in modo contrastante con i principi fondamentali dell’ordinamento o tale da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di difesa dell’imputato. Nella specie, i vizi denunziati dal ricorrente, qualora sussistenti, non avrebbero pregiudicato in modo così grave i diritti della difesa da dar luogo ad una inutilizzabilità patologica, sicchè non possono più essere fatti valere in un giudizio col rito abbreviato.

Il secondo motivo è anch’esso infondato. La violenza è stata giustamente ravvisata nel fatto di avere l’imputato repentinamente infilato la mano sotto la maglietta della bambina che così non ha potuto impedire il toccamento del petto. La dinamica dell’episodio è stata poi ricostruita secondo il racconto della bambina, ritenuto, con congrua ed adeguata motivazione, pienamente attendibile e veritiero. La corte d’appello ha anche plausibilmente rilevato che non vi erano dubbi sul significato sessuale del gesto, dal momento che non vi sarebbe stata alcuna necessità di infilarsi sotto la maglietta per fare una carezza affettuosa.

Ritiene il Collegio che sia infine infondato anche il terzo motivo, con il quale si ripropone una rivisitazione della valutazione della attendibilità della bambina, che peraltro la corte d’appello ha compiuto sulla base di una motivazione congrua ed adeguata. In particolare, la sentenza impugnata ha rilevato che, contrariamente agli assunti difensivi, le conclusioni della perizia B. non consentono affatto di ritenere inattendibile la bambina, che viene descritta in termini del tutto positivi quanto a capacità di narrare il suo vissuto, tanto che nemmeno il consulente di parte aveva contestato l’attendibilità della minore. La corte ha rilevato che la perizia pone R. in una posizione sia pure di poco fuori dal lieve ritardo e deriva una sostanziale relativa capacità di comprensione dal fatto che la bambina non avrebbe compreso pienamente il senso dei suoi incontri con inquirenti e periti, il che però è ben diverso dal capire una mano sul petto e sotto la maglietta e ricavarne turbamento, se non paura. Ed ha sottolineato che la perita era stata comunque tassativa nell’affermare che R. non presentava patologie o problematiche di natura psicologica, che era normalmente evoluta, che era portatrice di un difetto fisico ma non di condizioni che interferissero sulla capacità di discriminare il reale e di riferirne a terzi. La corte ha inoltre motivatamente ritenuto irrilevante la mancanza di una precisa collocazione temporale, avendo comunque la bambina dichiarato che era estate, che era sola e non c’erano altri bambini.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *