Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-04-2011) 20-07-2011, n. 28908

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 2.12.2008 il tribunale di Ivrea dichiarò T. A. colpevole del reato di cui agli artt. 81 e 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., comma 2 per avere, mediante violenza consistita nell’infilare la mano nei loro pantaloni contro la loro volontà e con abuso di autorità per la sua qualifica di collaboratore scolastico, costretto cinque minori degli anni dieci a subire atti sessuali consistiti in palpeggiamenti degli organi genitali, e lo condannò alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, oltre pene accessorie e risarcimento del danno in favore delle parti civili.

La corte d’appello di Torino, con la sentenza in epigrafe , riconobbe le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti e rideterminò la pena in anni tre e mesi otto di reclusione, con eliminazione delle statuizioni civili per la revoca della costituzione delle parti civili.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) omessa applicazione dell’art. 603 cod. proc. pen. in ordine alla richiesta di audizione del teste R.V. e di confronti tra i consulenti dell’accusa e della difesa. Ricorda che con tempestiva istanza ex art. 507 cod. proc. pen. aveva chiesto l’espletamento dei due suddetti mezzi istruttori e che tale istanza era stata respinta dal tribunale con motivazione apodittica. La corte d’appello ha rigettato la stessa istanza con assoluto difetto di motivazione, specie con riferimento alla audizione del teste R., eminenza grigia del dedotto contagio collettivo.

2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla influenza dell’interrogatorio dai bambini compiuto dalla V. nonchè dell’incoraggiamento della mamma del piccolo C. ed alla tardi vita della denuncia del N., il quale aveva parlato solo di mano che era sfuggita.

3) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della attenuante del fatto di lieve entità, dal momento che non si è tenuto conto della non invasività degli atti.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Quanto al primo motivo, la corte d’appello ha adeguatamente e congruamente motivato la decisione di rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, osservando che il confronto tra le due consulenti era del tutto ingiustificato, dal momento che si erano profilate nettamente le loro posizioni e che le differenti tesi erano già state evidenziate, sicchè si trattava solo di scegliere quale privilegiare. In ordine alla richiesta di deposizione di tale R. la corte ha rilevato che anch’essa era superflua, dal momento che il fatto che tre delle denunce erano state materialmente dattiloscritte dalla stessa persona non era significativo in quanto dovuto al livello culturale dei nuclei familiari dei bambini ed in quanto non poteva in alcun modo portare ad ipotizzare un intervenuto appiattimento, che era escluso dalla specificità dei racconti dei singoli bambini, nonostante i legami familiari tra gli stessi.

Quanto al secondo motivo, con esso si vorrebbe sostituire in questa sede una nuova valutazione del contenuto di alcune deposizioni testimoniali a quella compiuta dal giudice del merito che, essendo sorretta da motivazione adeguata e non manifestamente illogica, non può essere censurata in sede di legittimità. La corte d’appello ha invero plausibilmente osservato; – che la V. non suggestionò o condizionò i bambini, nè condusse un interrogatorio, ma si limitò a coinvolgerli in un pomeriggio di giuochi ad a portarli sul discorso fingendo assoluta naturalezza; – che il piccolo C. provava vergogna a raccontare del bidello e quindi la mamma lo sollecitò a reiterare il racconto che aveva già fatto ai genitori, il che non era affatto sintomo di condizionamento; – che il fatto che il piccolo N. avesse parlato, per pudore, di mano del T. che sfuggì non dimostrava la involontarietà degli atti, proprio perchè tali atti non erano stati isolati.

Quanto al diniego della attenuante del fatto di minore gravità, la corte d’appello, anche qui con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, ha ritenuto che la circostanza che gli atti non erano stati invasivi dovesse essere valutata ai fini della concessione delle attenuanti generiche e della determinazione della pena, mentre l’attenuante del fatto lieve non poteva essere riconosciuta perchè la condotta, per quanto non invasiva, non poteva essere apprezzata in termini di lievità, perchè era stata continuata e posta in essere a danno di più bambini, in ambito scolastico, con abuso delle funzioni che gravavano sull’imputato come operatore scolastico.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *