Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-12-2011, n. 26538 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.R. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha rigettato il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata della procedura fallimentare iniziata avanti al Tribunale di Bari il 28/12/1998 e ancora in corso alla data di presentazione della domanda (6.3.2008).

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Il primo motivo con il quale si deduce violazione di legge per avere la Corte di merito addebitato alla ricorrente l’onere probatorio di individuare le cause dell’irragionevole durata e la colposa inerzia degli organi della procedura è fondato in quanto è principio già affermato quello secondo cui "In tema di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, la legge ( L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2) affida l’accertamento in concreto della violazione al giudice: la parte ha indubbiamente un onere di allegazione e dimostrazione, ma esso riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta poi al giudice – sulla base dei dati suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla parte resistente – verificare in concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia stata una violazione del termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello processuale di cui agli artt. 737 e ss. cod. proc. civ. adottato dalla legge (Legge cit., art. 3, comma 4,) – di poteri di iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di informazioni che, espressamente prevista dall’art. 738 cod. proc. civ., non resta subordinata all’istanza diparte. Pertanto, il giudice -pur non essendo obbligato ad esercitare tali poteri, potendo attingere "aliunde" le fonti del proprio convincimento – non può ascrivere alla parte una asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei poteri di iniziativa d’ufficio, nè, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte ricorrente di acquisire, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, gli atti del processo presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in ordine alle cause della durata dello stessd’ (Sez. 1, Sentenza n. 17249 del 28/07/2006).

Il secondo motivo con il quale si addebita alla Corte di appello di avere escluso l’irragionevole durata della procedura a causa della sua complessità, pur essendo questa in corso da oltre nove anni è anch’esso fondato, avendo la Corte già individuato in anni sette la durata ragionevole di un procedimento di apprezzabile complessità (Sez. 1^, sentenza 24 settembre 2009, n. 20549).

Il ricorso deve dunque essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte Europea (che è pari a Euro 1.000 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero della Giustizia deve essere condannato al pagamento di Euro 1.650 a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni due e mesi due circa di irragionevole ritardo.

Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 1.650, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 806, di cui Euro 311 per diritti e Euro 445 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 600, di cui Euro 500 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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