Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-12-2011, n. 26537 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Salerno, con decreto del 19.10.07, in parziale accoglimento del ricorso proposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, da N.G., D.R.R. ed D.R.E., rispettivamente moglie e figlie del defunto D.R.A., ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della somma complessiva di Euro 7.800, oltre interessi legali, a titolo di ristoro dei danni non patrimoniali subiti, dal de cuius e da ciascuna delle sue eredi in proprio, per l’eccessiva durata del processo civile promosso dal D.R. con citazione del 17.10.95 e definito, in sede di giudizio di rinvio dalla cassazione, con sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro del 24.4.06; ha invece respinto la domanda di risarcimento del danno patrimoniale avanzata dalle ricorrenti.

Le eredi D.R. hanno chiesto la cassazione del provvedimento con ricorso affidato ad un unico motivo, cui il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1) Con l’unico motivo di ricorso le eredi D.R. lamentano violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 o, in subordine, vizio di omessa e/o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5. 1.1) Rilevano che la Corte territoriale ha respinto la domanda di risarcimento del danno patrimoniale limitandosi ad affermare: "Nulla quanto al danno patrimoniale, comunque da provarsi come conseguente al fatto storico della eccessiva durata del processo" e deducono, sotto un primo profilo, che tale laconica proposizione equivale a mancanza assoluta, ovvero inesistenza, di motivazione. Formulano, a corredo della censura, il seguente quesito di diritto "Dica la S.C. se l’affermazione "nulla" quanto ad un capo di domanda, non seguita da enunciazione specifica delle ragioni specifiche del caso concreto in esame, viene a costituire inesistenza di motivazione e conseguente nullità della sentenza". 1.2) Osservano, in via gradata, che, qualora nell’espressione dovesse ravvisarsi motivazione di rigetto della domanda, essa risulterebbe assolutamente carente dei requisiti essenziali per poter ritenere adeguatamente esaminati i fatti di causa, avendo esse diffusamente illustrato nel ricorso le ragioni per le quali l’irragionevole durata del processo presupposto aveva cagionato al loro dante causa un grave nocumento patrimoniale.

2.1) La prima ragione di doglianza illustrata nel ricorso è infondata, risultando palese, nonostante l’estrema sinteticità della motivazione censurata, che la Corte territoriale ha respinto la domanda delle ricorrenti per difetto assoluto di prova della sussistenza di un nesso di causalità fra l’eccessiva durata del giudizio ed i danni patrimoniali lamentati.

2.2) Il secondo motivo di doglianza va invece dichiarato inammissibile.

Le eredi D.R. si sono infatti limitate a riportare integralmente il contenuto del ricorso proposto ai sensi della L. n. 89 del 2001, ma hanno totalmente omesso di precisare quale, fra le vicende ivi narrate, proverebbe la sussistenza del nesso di causalità fra l’irragionevole durata del processo presupposto ed il pregiudizio patrimoniale subito dal loro dante causa. Manca, in sostanza, l’esatta indicazione delle circostanze di fatto che la Corte territoriale avrebbe ignorato o trascurato e che risulterebbero decisive al fine di condurre al convincimento della sussistenza di tale prova, necessaria ad integrare, qualora si denunci un vizio di motivazione, il requisito di specificità del ricorso richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

Va inoltre rilevato, a conferma della genericità della censura in esame e ad ulteriore conforto della pronuncia di inammissibilità, che, ancorchè il ricorso sia stato proposto nella vigenza dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo è privo di un momento di sintesi volto a circoscriverne puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in ordine alla sua formulazione ed alla valutazione della sua immediata ammissibilità (fra le tante, Cass. S.U. n. nn. 20603/07, 12339/010).

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti a pagare al Ministero della Giustizia le spese del giudizio, che liquida in Euro 1000 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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