Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-04-2011) 20-07-2011, n. 28901

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.F., imputato dei reati p. e p.: a) dal D.Lgs. n. 32 del 1998, art. 1 e art. 3, comma 10, e al D.L. n. 745 del 1970, art. 16 conv. nella L. n. 1034 del 1970, perchè, nella qualità di titolare della ditta "Avino Francesco Autotrasporti" installava ed utilizzava un impianto di distribuzione carburanti ad uso privato senza essere in possesso della prescritta autorizzazione da parte del Sindaco; b) dell’art. 679 c.p., perchè, nella qualità indicata al capo a), ometteva di denunciare all’Autorità la detenzione di un serbatoio aereo contenente gasolio per autotrazione, prodotto esplodente, infiammabile e pericoloso per la sua qualità e quantità; c) dal D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 389 e 37 perchè, nella qualità indicata al capo A), e, dunque, di datore di lavoro, deteneva nei luoghi di lavoro un serbatoio aereo della capacità geometrica di 9000 litri – munito di pistola erogatrice – contenente 5000 litri di gasolio per autotrazione, senza essere in possesso del certificato prevenzione incendi rilasciato dai Vigili del Fuoco (in (OMISSIS)).

Con sentenza in data 26 febbraio 2008 il Tribunale Monocratico di Nola dichiarava l’ A. colpevole dei reati a lui ascritti e, con le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi cinque di arresto; pena sospesa e non menzione.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 2 ottobre 2009, confermava la sentenza del Tribunale di Nola.

2. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con un unico motivo.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso, articolato in un unico motivo, il ricorrente in particolare deduce che nel corso dell’istruttoria dibattimentale era emerso che l’ A. aveva ottenuto, poco dopo il sequestro, il certificato di prevenzione incendi, circostanza di cui, tuttavia, nè il giudice di primo grado nè la Corte d’appello tengono conto. Tale certificato legittima l’attività incriminata facendo venir meno l’antigiuridicità o, quanto meno, l’elemento psicologico del reato.

2. Il ricorso è inammissibile.

E’ sufficiente rilevare che è manifestamente infondata la tesi difensiva del ricorrente giacchè l’autorizzazione post factum all’attivazione e gestione di un impianto di distribuzione carburanti ad uso privato della capacità indicata in narrativa è, nella fattispecie, priva di efficacia sanante in relazione alle condotte contestate, di cui in narrativa, e quindi è irrilevante.

Per il resto si tratta di censure di fatto non ammissibili in questa sede di legittimità; tale è la deduzione di mancanza dell’elemento soggettivo del reato in ragione dell’assunto che l’imputato era comunque già in possesso, all’epoca dei fatti, di una precedente autorizzazione all’attivazione e gestione di un impianto di distribuzione carburanti ad uso privato per una capacità inferiore a quella indicata in narrativa; autorizzazione quindi inidonea comunque a giustificare le condotte contestate.

Generico è poi, e quindi parimenti inammissibile, il fugace riferimento contenuto in ricorso alla non congruità della pena.

3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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