Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-07-2011, n. 4474 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società V. R. s.r.l. ricorreva presso il Tribunale amministrativo regionale per la Campania contro il decreto del Ministero delle Attività Produttive del 25 marzo 2003, di revoca delle agevolazioni finanziarie concesse, nell’ambito del protocollo aggiuntivo del 15 marzo 1999 al contratto d’area TorreseStabiese, per la realizzazione di un complesso turisticoalberghiero, ai sensi dell’art.2 comma 203 lettera f) della legge n.662 del 1996 e successiva delibera CIPE del 21 marzo 1997.

Il provvedimento di ritiro risultava motivato dal mancato avvio dell’iniziativa nei tempi prescritti dal punto 1.2 della delibera CIPE del 22 giugno 2000 n. 69, e dall’inidoneità della documentazione presentata, relativamente alla attuale disponibilità del suolo.

2. Il Tribunale amministrativo regionale dichiarava inammissibile il ricorso, con sentenza 6 marzo 2006, n. 2583, per carenza di giurisdizione amministrativa.

Ricordava il giudice di primo grado come, secondo la giurisprudenza consolidata, il riparto di giurisdizione in materia di sovvenzioni e contributi pubblici, si basi sulla natura delle situazioni soggettive azionate.

Qualora la controversia riguardi la fase procedimentale anteriore al provvedimento attributivo del beneficio, oppure se il provvedimento in questione sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, il privato vanterà una situazione soggettiva di interesse legittimo.

Al contrario, egli risulterà titolare di un diritto soggettivo, con connessa giurisdizione ordinaria, qualora la controversia sorga nella fase successiva all’attribuzione del contributo in relazione all’erogazione del medesimo, ovvero al ritiro della sovvenzione con atti comunque determinati (revoca, decadenza, risoluzione,ecc.), purchè naturalmente sulla scorta del preteso inadempimento alle obbligazioni assunte da parte del concessionario.

Il caso di specie ricadeva, a giudizio del Tribunale amministrativo regionale, in tale ultima ipotesi.

Infatti, lungi dall’operare una verifica ex post della sussistenza dei requisiti, l’ente incaricato della gestione della sovvenzione pubblica aveva contestato l’inosservanza di adempimenti cui l’impresa si era impegnata al momento della concessione dell’agevolazione.

Nessun dubbio secondo il Tribunale amministrativo che tale inadempimento sussistesse in relazione alla prevista, tempestiva realizzazione del progetto, il cui conseguimento per forza di cose non poteva che essere verificato solo dopo il sorgere del rapporto ed a causa di esso.

Altrettanto doveva dirsi per la disponibilità del suolo, che l’Amministrazione, sulla base della documentazione prodotta, aveva ritenuto non sussistere.

Ne conseguiva che alla ricorrente veniva imputato il mancato assolvimento degli impegni assunti relativamente al mantenimento del titolo della piena disponibilità del suolo.

Per tali ragioni, riteneva il giudice di primo grado, trattandosi di questioni che, inerendo al rapporto obbligatorio tra impresa ed amministrazione non configuravano l’esercizio di poteri discrezionali di tipo autoritativo, la giurisdizione spettava al giudice ordinario.

3. Avverso tale decisione ricorreva al Consiglio di Stato la Società V. R..

Nel ricorso, sul punto della giurisdizione, la Società sottolineava il carattere "non scevro di valutazione tecnico discrezionale" dell’attività posta in essere dalle Amministrazioni interessate, specialmente per quanto riguarda l’acquisizione e la valutazione dei risultati conseguiti. Valutazioni che non possono rientrare nella fase di esecuzione di un contratto, trattandosi invece del venir meno dei requisiti in base ai quali le sovvenzioni erano state richieste e, pertanto, la posizione soggettiva del privato assumeva il carattere di interesse legittimo, radicando quindi la giurisdizione del giudice amministrativo.

4. La causa veniva assunta in decisione alla pubblica udienza del 14 giugno 2011.

Il ricorso non può essere accolto.

Occorre in primo luogo ricordare le motivazioni poste alla base del provvedimento di ritiro del finanziamento pubblico a suo tempo concesso alla Società V. R..

Il provvedimento risultava motivato in primo luogo dal mancato avvio dell’iniziativa nei termini prescritti (sedici mesi dalla ricezione della comunicazione di approvazione da parte della Commissione europea).

Ancora, sosteneva l’Amministrazione, la Società non risultava aver presentato idonea documentazione attestante la disponibilità del suolo.

Ora non sembra potersi contestare il fatto che l’accertamento della circostanza se la Società abbia o meno rispettato il previsto termine di sedici mesi, non possa in alcun modo qualificarsi come verifica della sussistenza di un requisito del finanziamento. Costituisce piuttosto uno degli obblighi primari del finanziamento pubblico, il cui rispetto non potrà evidentemente essere verificato che dopo la concessione del contributo, allo scadere del previsto termine.

Analogamente, deve ritenersi che correttamente l’Amministrazione avesse concesso il contributo sulla base dei dati inerenti la proprietà ad essa sottoposti, e cioè sulla base di un preliminare di vendita tra l’Industria Alimentari s.r.l. (venditrice) e la società Aquila Edil Prefabbricati s.r.l. (acquirente) e di un ulteriore preliminare fra quest’ultima e la ricorrente per il successivo trasferimento della proprietà del suolo.

Veniva su questo punto contestato alla ricorrente di non aver dato piena esecuzione ai contratti, come sopra connessi. E ciò per il mancato assolvimento dell’impegno assunto ad acquisire il titolo della piena disponibilità del suolo. Non veniva quindi fatto valere un originario vizio del provvedimento di concessione del beneficio, ma l’inadempimento di obbligazioni assunte.

La giurisprudenza amministrativa in materia è concorde nel riconoscere in questi casi, relativi al rapporto obbligatorio tra l’impresa e l’amministrazione concedente, la giurisdizione del giudice ordinario, mancando in questi casi l’esercizio di poteri discrezionali di tipo autoritativo (v., ex multis, Cons. St., IV, 18 maggio 2004, n. 3186; 1° aprile 2004, n. 7822; 18 maggio 2004, n. 3186; e, più recentemente, TAR Basilicata Potenza, 11 febbraio 2011, n. 64; TAR Emilia Romagna, Parma, 27 gennaio 2011, n. 17; TAR Lazio, Roma, 8 maggio 2009, n. 4998).

Conformemente a tali precedenti, sembra corretta la decisione del giudice di primo grado che, non rinvenendo nel caso di specie, come sopra ricordato, elementi che possano qualificare l’attività posta in essere dalla pubblica amministrazione come esercizio di poteri discrezionali di tipo autoritativo tesi a far valere vizi originari del procedimento di concessione del beneficio, bensì ritenendo trattarsi di sostanziali inadempimenti di obbligazioni assunte, ha ritenuto spetti la giurisdizione al giudice ordinario.

Il ricorso non può quindi essere accolto.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, confermando l’appellata sentenza, respinge l’appello in epigrafe.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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