Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-07-2011, n. 4468 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La S.r.l. E., in liquidazione (già DI.FRA.BI. S.p.a.) con il ricorso n. 10663 del 2004 proposto al TAR per la Campania, ha chiesto:

– l’annullamento del provvedimento in virtù del quale è stata destinataria di un’informativa antimafia positiva del Prefetto di Napoli, e di tutti gli atti preordinati e connessi e consequenziali ed in particolare, della nota dell’UTG di Napoli del 16 luglio 2004, della nota dell’UTG prot. 102 Area/1 bis del 21 luglio 2004, della nota della Prefettura di Napoli del 9 giugno 2004 prot. N. 80/Area/1 bis, del verbale di riesame della posizione della E. all’esito della seduta del gruppo GIA del 17 maggio 2004 e della nota Prefettura di Napoli 21 giugno 2004 prot. 84/Area/1 bis;

– il risarcimento dei danni subiti.

Con motivi aggiunti, la società ha chiesto l’annullamento delle note: della Questura di Napoli, n. 16250 del 2004; della DIA, n. 3485 del 2004; della Guardia di Finanza, n. 19040 e 19891 del 2004; della regione Carabinieri Campania nn. 381406/21, 246801/17 e 381406/22 del 2004; della copia del verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia dell’8 luglio 2004; delle note dell’UTG di Napoli n. 21559 e 84/Area/1bis del 2004, documenti tutti conosciuti a seguito della loro esibizione in giudizio.

2. Il TAR, con la sentenza n. 10382 del 2005, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe si richiede, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti.

4. All’udienza del 21 gennaio 2011 la trattazione della causa è stata rinviata a data da destinarsi su richiesta dell’appellante.

L’appellante in data 17 giugno 2011 ha depositato una memoria difensiva.

5. All’udienza del 5 luglio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. L’appellante censura la sentenza di primo grado per carenza di istruttoria e di congruità della motivazione, poiché in essa non sarebbero state esaminate adeguatamente le argomentazioni dedotte dalla ricorrente, in particolare con i motivi aggiunti, che vengono perciò riproposte con riguardo:

a) al verbale del gruppo GIA del 1718 maggio 2004, la cui analisi mostra che esso è privo di ogni rilievo ai fini delle informative antimafia, in quanto, in primo luogo, riferito a risultanze della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (resoconto del 29 marzo 2000), non avente ad oggetto le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore e, comunque, recante inesattezze rispetto all’asserito coinvolgimento nei primi anni novanta della società DI.FRA.BI., di cui erano soci i signori G. Di F e F. La M., nello smaltimento fraudolento di rifiuti tossici, essendone invece risultata sostanzialmente estranea la società in sede penale, e al richiamo della qualità di G. Di. F. di amministratore delegato nella società "Sistemi ambientali", di cui era invece soltanto componente del Consiglio di amministrazione, detentore di una partecipazione minoritaria, ed essendosi comunque egli dimesso quattro anni prima di ogni indagine penale sulla detta società, peraltro non riguardante collegamenti con fenomeni di tipo mafioso. Nel verbale del gruppo GIA si asserisce, inoltre, a carico della famiglia La M. (i cui membri D. La M. e F. La M., padre e figlio, sono soci della E. S.p.a.) una generica influenza corruttiva in nessun modo provata, sulla scorta di una pregressa attività di banditismo riguardante altro soggetto con il medesimo cognome; si afferma quindi l’infiltrazione mafiosa a carico della C.I.C. di G. Di F., deducendola, con concatenazione indiretta e infondata, da asserzioni relative alla società SPRA di cui è socio un fratello di U. La M., a sua volta incensurato, così come alcun rilievo hanno, nello specifico, le vicende della N. S. A., di cui peraltro la famiglia La M. aveva alienato le proprie quote nel 1995. Vengono poi fatte asserzioni negative sulla famiglia La M. avvalorando semplici denunce a carico di un fratello maggiore deceduto, trascurando evidenti omonimie ovvero l’avvenuta archiviazione di procedimenti penali avviati a carico della famiglia a seguito di dichiarazioni di un collaboratore di giustizia;

b) al riferimento, nella documentazione esibita dalla Prefettura, a procedimenti penali per reati contro la P.A. a carico dei signori S. Di F., G. Di F. e F. La M., dei quali si omette di citare, o si tenta di sottovalutare, l’esito concluso con assoluzione, nonché a fatti che, in quanto riguardanti un ex direttore tecnico della società ricorrente e risalenti a molti anni prima, non hanno rilievo nella specie, ovvero relativi a S. La M., trascurando che questi, deceduto nel 1994, non è mai stato oggetto di misure di prevenzione, risultando condannato soltanto per reati contravvenzionali, e al richiamo, infine, di condanne a carico del sign. G. Di F. risalenti al 1976, per fatti verificatisi nel 1971.

Sulla base di quanto così dedotto si conclude rilevando la mancanza sia del requisito dell’attualità, necessario per giustificare l’adozione dell’informativa prefettizia, in quanto basata su fatti risalenti a 10 anni prima e conclusi con assoluzione per i soci della società ricorrente, sia di ogni autonoma valutazione da parte del Prefetto delle risultanze istruttorie con conseguente vizio della motivazione dell’informativa stessa.

2. Il Collegio ritiene utile richiamare in via preliminare che, secondo l’elaborazione giurisprudenziale in materia, i presupposti sufficienti a sorreggere la legittimità delle informative prefettizie "antimafia" a fini interdittivi consistono, in sintesi: a) nella rilevazione di elementi indizianti idonei a configurare all’attualità la oggettiva e qualificata probabilità del tentativo di infiltrazione mafiosa per il condizionamento dell’attività dell’impresa, pur senza attingere il grado di prova proprio dell’accertamento penale; b) nel fatto che tali elementi risultino agli atti dell’Autorità amministrativa alla data di adozione dei provvedimenti in questione; c) che dall’Autorità essi siano stati considerati nel loro complesso con valutazione esente da vizi palesi di illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti.

3. Ciò considerato, si deve affermare che agli atti dell’istruttoria prefettizia di cui è controversia si riscontrano elementi sufficienti a far ritenere la legittimità delle relative conclusioni riguardo alla società E. S.r.l.

Infatti, pur considerato quanto prospettato in appello riguardo ai vari elementi raccolti, ai detti atti dell’istruttoria risultano acquisiti i seguenti dati oggettivi:

da quanto emerso nella sede della sopra citata inchiesta parlamentare, la famiglia La M. risulta costituire uno dei due gruppi di controllo della N. S. S.p.a, comparendovi il sign. F. La M. come direttore tecnico e il sign. U. La M. come amministratore, fino al 1994, facendosi poi rappresentare, si specifica nel resoconto parlamentare, da successivi amministratori e dirigenti; nella nota del GIA del 1718 maggio 2004, si afferma che la detta Società "sia da ritenersi oggettivamente condizionata nelle scelte e negli indirizzi, dalla criminalità organizzata", in un quadro comunque caratterizzato dalla soggezione della Società al potere di clan criminali, essendo stata adottata interdittiva a carico della Società stessa a seguito di verbale del GIA del 19 dicembre 2000;

– dalle note del GICO, n. 19891 del 25 maggio 2004, e della Prefettura Di Napoli, n. 84/Area/1 bis del 25 giugno 2004, emerge che il sign. G. Di F. è proprietario di poco più della metà del capitale (essendo l’altra quota in proprietà del coniuge) della CICCentro Italia Costruzioni S.r.l., oggetto di provvedimento interdittivo del Prefetto della Provincia di Napoli n. 84/Area 1/Bis del 24 giugno 2004;

– i citati signori F. La M. e G. di F. sono i due detentori delle quote di maggioranza della E. S.r.l.;

– nella nota della GIA del 1718 maggio 2004, sulla base del richiamo fatto al riguardo nella nota della Questura di Napoli, n. 16250/S/M.P.S. del 6 maggio 2004, si riferisce della sentenza della Corte di Appello di Napoli del 20 ottobre 1994 con la quale i signori sopra citati, insieme con gli altri due maggiori partecipanti al capitale della E., signori S. Di F. e D. La M., sono stati condannati per aver concorso in abuso d’ufficio al fine di aggirare il divieto di scarico in Campania di rifiuti provenienti da altre regioni, a seguito di imputazione scaturita nell’ambito di indagini volte ad accertare infiltrazioni della camorra nella gestione dello smaltimento dei rifiuti. Al riguardo correttamente si cita altresì, nella detta nota della Questura di Napoli n. 16250 del 2004, che la Corte di Cassazione aveva annullato senza rinvio la sentenza impugnata per inammissibilità dell’appello del PM.

Dall’insieme di questi elementi, emerge dunque che i due principali soci della E. s.r.l. sono risultati essere parte rilevante nella gestione di due altre società gravate (N. S. S.p.a e CIC S.r.l) e che i soci di E. S.r.l., insieme proprietari della quasi totalità del capitale della Società, sono stati condannati per un reato dedotto nell’ambito di indagini relative a infiltrazioni della camorra nello smaltimento dei rifiuti, dovendosi al riguardo precisare che, pur nella consapevolezza della relativa vicenda di carattere processuale, non risulta ingiustificato che gli organi Polizia abbiano considerato l’emanazione della sentenza come in fatto rilevante, nel contesto di indagini volte, come detto, ad individuare un sufficiente quadro di carattere indiziario.

Né può dirsi che l’insieme degli elementi sopra riassunti siano da considerarsi irrilevanti all’attualità, scaglionandosi, invero, in un arco di tempo che dal 1994 si prolunga in seguito attraverso le acquisizioni nel 2000 in sede parlamentare, l’adozione di interdittiva a carico della N. SPRA S.p.a e fino alla interdittiva a carico della CIC s.r.l. nel 2004, così come, alla luce di tale quadro, non può dirsi che la valutazione del Prefetto sia censurabile per vizi palesi di illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti.

A fronte di tale oggettiva evidenza dei dati relativi alle società di cui sopra, considerate nelle connessioni descritte, le allegazioni fatte dall’appellante nella memoria depositata il 17 giugno 2011 non assumono rilevanza sufficiente ad invalidare il quadro delineato, poiché relative a dati soggettivi e a vicende non attinenti a quelle in esame, riguardanti il sign. F. La M. (sentenza di questo Consiglio n. 6579 del 2009) e il sign. G. di F. (nota del sostituto procuratore della Repubblica di Genova del 22 marzo 2007).

4. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve perciò essere respinto.

Nulla deve essere pronunciato sulle spese del presente grado del giudizio, non essendosi costituita la parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 703 del 2006.

Nulla per le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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