T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 27-07-2011, n. 1090 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 2.9.2009 e depositato in data 7.2.2009, il ricorrente impugnava l’epigrafato provvedimento,dispositivo della revoca della licenza per uso porto fucile, fondato sulla motivazione secondo cui egli non darebbe più affidamento circa il corretto uso delle armi, in quanto, dalla comunicazione di cui alla nota n. 3/50 -1- del 16.9.2008 della Stazione dei Carabinieri di San Nicola da Crissa, risulterebbe che si sarebbe reso responsabile di lesioni colpose provocate mediante esplosione di colpi d’arma da fuoco in danno di tale T.C..

A sostegno del proprio ricorso, deduceva:

– falsa applicazione della legge 18.6.1931 n. 773. Art. 10, 11 e 43. Eccesso di potere per falsa motivazione ed illogicità manifesta, carenza dei presupposti, falsa presupposizione.

Il provvedimento sarebbe stato emesso sulla base di una semplice informazione, trasmessa dai Carabinieri della Stazione di San Nicola da Crissa, con deficit motivazionale in ordine alla pericolosità sociale del ricorrente, che sarebbe persona incensurata, nonché in ordine alla valutazione degli elementi di fatto idonei a legittimare l’adozione di una misura interdittiva di così grave portata, soprattutto se si considera che il sig. T.C. avrebbe poi rimesso la querela a causa delle lievi lesioni subite.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.

Con atto depositato in data 10/02/09, si costituiva formalmente la difesa erariale e, con memoria depositata in data 20/02/09, insisteva per la legittimità dell’operato della P.A..

Alla pubblica udienza del giorno 19 maggio 2011, il ricorso passava in decisione.

Motivi della decisione

Viene impugnato l’epigrafato provvedimento prefettizio, dispositivo della revoca della licenza per uso porto fucile, fondato sulla motivazione secondo cui il ricorrente non darebbe più affidamento circa il corretto uso delle armi, in quanto, da comunicazione di cui alla nota n. 3/50 -1- del 16.9.2008 della Stazione dei Carabinieri di San Nicola da Crissa, risulterebbe che egli si sarebbe reso responsabile di lesioni colpose provocate mediante esplosione di colpi d’arma da fuoco in danno di tale T.C..

Con l’unico articolato motivo, il ricorrente deduce, in sostanza, che il provvedimento sarebbe stato emesso sulla base di una semplice informazione, trasmessa dalla Stazione di San Nicola da Crissa, con deficit motivazionale in ordine alla pericolosità sociale del ricorrente, che sarebbe persona incensurata, nonché in ordine alla valutazione degli elementi di fatto idonei a legittimare l’adozione di misura interdittive di così grave portata, soprattutto se si considera che il sig. T.C. avrebbe poi rimesso la querela a causa delle lievi lesioni subite.

In base all’articolo 39 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, la facoltà di detenere armi, munizioni ed esplosivi corrisponde ad un interesse reputato senz’altro cedevole a fronte del ragionevole sospetto dell’abuso di questa stessa facoltà: stante il carattere preventivo delle misure di polizia, non è richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte dell’interessato, essendo sufficiente che costui dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi, ovvero una insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni (ex plurimi: TAR Liguria, Sez. II°, 18.1.2007 n. 56).

La normativa – affidando alla Autorità di P.S. la formulazione di un giudizio di natura prognostica – intesta all’Amministrazione un potere di valutazione eminentemente discrezionale, da esercitarsi con prevalente riguardo all’interesse pubblico all’incolumità dei cittadini ed alla prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall’eventuale uso delle armi, in relazione alla condotta e all’affidamento che il soggetto può dare in ordine alla possibilità di abuso delle stesse.

Sotto il profilo della consistenza del dato probatorio sotteso alla valutazione amministrativa, può essere considerata sufficiente la concomitanza di elementi indiziari circa la mera probabilità di un abuso dell’arma da parte del privato (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. VI, 7.11.2005, n. 6170).

Invero, occorre che la P.A. possa valutare, la capacità di abuso in base a considerazioni probabilistiche e circostanze di fatto assistite da sufficiente "fumus", in quanto, nella materia delle armi e delle relative autorizzazioni, l’espansione della sfera di libertà del soggetto recede a fronte del bene della sicurezza collettiva, particolarmente esposto ove non vengano osservate tutte le possibili cautele (conf.: Cons. Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2005, n. 5905).

In quest’ottica, la motivazione del provvedimento restrittivo non richiede una particolare ostensione dell’apparato giustificativo, ed il successivo vaglio giurisdizionale deve limitarsi ad un esame della sussistenza dei presupposti idonei a far concludere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali, oppure manifestamente incoerenti (conf.: T.A.R. Molise, 14 dicembre 2006, n. 1022).

Facendo applicazione alla fattispecie in esame dei principi ora esposti, ritiene il Collegio che l’azione amministrativa svolta appare coerente con le finalità della normativa di prevenzione dei crimini e dei rischi di possibili abusi delle armi, poiché il rilievo della circostanza, secondo cui il ricorrente sarebbe incensurato non assume una posizione centrale nell’economia del provvedimento impugnato, dal momento che ciò che particolarmente allarma l’autorità di Polizia è la gravità del fatto materiale verificatosi, in quanto egli, nel corso di una battuta di caccia, avrebbe fatto partire – quindi senza esercitare il dovuto controllo- accidentalmente un colpo dal suo fucile, ad altezza d’uomo, durante una battuta di caccia. A fronte di una tale carenza di attenzione che ha provocato lesioni lievi ad una persona e che avrebbe potuto determinare – in ipotesi – anche ben più gravi conseguenze, assume scarso rilievo il dato secondo cui la vittima del reato avrebbe poi rimesso la querela.

Conseguentemente, siffatto quadro fattuale consente al Collegio di ritenere che il provvedimento impugnato sia esenti dei vizi di illegittimità denunziati.

In conclusione, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del presente giudizio, che liquida, complessivamente e forfettariamente, nella somma di Euro. 1000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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