T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 27-07-2011, n. 4070 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, difensore del controinteressato in un contenzioso con la Prefettura di Napoli, conclusosi con un accordo transattivo stipulato successivamente alla revoca del mandato a lui conferito, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale l’amministrazione ha respinto la sua istanza di accesso alla documentazione relativa alla transazione.

Avverso il provvedimento impugnato ha articolato diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

L’amministrazione intimata, costituita in giudizio, ha chiesto la reiezione del ricorso, che è stato trattenuto in decisione alla camera di consiglio del 12 luglio 2011.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto.

Con la richiesta di accesso da cui trae origine il presente ricorso, il ricorrente ha chiesto alla Prefettura di poter visionare e trarre copia di "tutta la documentazione attestante la transazione, tra il sig. G.F. e la Prefettura di Napoli, ossia tutte le note formulate dal F. e le relative risposte della Prefettura".

L’interesse all’ostensione, premesso il mancato pagamento da parte del controinteressato dell’opera professionale prestata fino al momento della revoca del mandato, risulta così enucleato "le modalità secondo le quali è stata definita la transazione rappresentano un elemento rilevante al fine del calcolo degli onorari del sottoscritto, il quale ha diritto ad un compenso da parte del proprio cliente differenziato in base al maggiore o minore vantaggio che il proprio assistito potrà trarre dagli accordi intervenuti (quantità di denaro erogato, tempistica del pagamento ecc..)".

Il diniego della Prefettura, a sua volta, si basa sulla duplice motivazione della mancata ricorrenza in capo al ricorrente di un interesse concreto, attuale e giuridicamente rilevante all’ostensione, in considerazione del fatto che "..tale non è.. la sola eventuale e paventata necessità di utilizzare tale documentazione in relazione al calcolo degli onorari dovuti, elemento attinente ad un rapporto privatistico cui l’amministrazione è del tutto estranea" e della inammissibilità del rito di cui all’art. 21 bis della legge 1034/1971 in materia di diritti soggettivi.

Nel testo dell’impugnativa, il ricorrente ha evidenziato l’accessibilità degli atti privatistici della p.a. e l’estraneità dei documenti richiesti a quelli sottratti all’accesso, sostenendo la sussistenza del suo interesse all’ostensione con la necessità di difendere i propri interessi giuridici.

Sotto tale ultimo profilo ha precisato come la conoscenza dei termini dell’accordo gli consentirebbe di conoscere se l’amministrazione sia ancora debitrice del controinteressato, così da poter aggredire il credito del suo debitore per soddisfare il suo diritto, nonché per far valere nelle opportune sedi giurisdizionali la solidarietà tra le parti dell’accordo transattivo, come previsto dall’art. 68 del Rdl 1578/1933.

Deve, tuttavia, rilevarsi come tali ultime argomentazioni siano state spese nel solo ricorso, mentre non risultano menzionate nella richiesta di accesso, ragion per cui, legittimamente, l’amministrazione ha valutato l’istanza solo con riferimento alla prospettata necessità di effettuare un calcolo relativo al compenso degli onorari dovuti.

L’amministrazione, infatti, è vincolata alla prospettazione che l’interessato dà, nell’istanza di accesso, dell’interesse giuridicamente rilevante del quale chiede tutela, essendo il contenuto dell’obbligo di ostensione necessariamente parametrato alla qualificazione che l’istante fornisce della sua posizione legittimante (sulla rilevanza della prospettazione per definire il contenuto dell’obbligo dell’amministazione cfr. le varie pronunce giurisprudenziali in materia di reiterabilità dell’istanza di accesso, tra cui, da ultimo, Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 21 marzo 2011, n. 248).

Nel caso in esame, di conseguenza, il diniego emesso risulta perfettamente congruente con la finalità dichiarata dall’interessato nell’istanza di accesso, letteralmente riferita al (solo) calcolo degli onorari, giustificata, peraltro, alla luce, di una, non meglio qualificata, necessità di valutare il maggiore o minor vantaggio dell’accordo.

Deve dunque rilevarsi l’inammissibilità del terzo motivo di doglianza, con il quale il ricorrente ha introdotto una nuova e diversa prospettazione dell’interesse all’ostensione, del tutto assente nell’originaria istanza.

Del resto, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’accesso costituisce oggetto di un diritto soggettivo di cui il giudice amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva, così che il giudizio ha ad oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto al’ostensione, piuttosto che la verifica della sussistenza di vizi di legittimità dell’atto amministrativo (su cui cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117, T.A.R. Lazio, sez. I ter, 15 marzo, 2011, n. 2327), deve pure rilevarsi come, in considerazione dell’intervenuta revoca del mandato, non era configurabile alcun poteredovere del ricorrente di valutare la convenienza dell’accordo transattivo stipulato da un soggetto che non poteva più essere considerato suo assistito.

Né a diversa conclusione possono condurre la rappresentata ostensibilità degli atti di natura privatistica dell’amministrazione e l’estraneità dei documenti richiesti a quelli coperti da segreto, illustrate con i primi due motivi di ricorso, dovendo comunque rilevarsi, a monte, l’assenza, nella posizione prospettata, di "un interesse attinente all’azione amministrativa in relazione alla quale l’istanza di accesso è presentata" la cui ricorrenza consente, pur nell’ampiezza della nozione di "situazione giuridicamente rilevante", di ravvisare il necessario "carattere diretto, attuale e concreto cui la norma fa riferimento" per individuare i titolari del diritto di accesso (cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 08 marzo 2011, n. 2083).

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 750,00 (settecentocinquanta/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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