Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-07-2011) 21-07-2011, n. 29133

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 1 dicembre 2010, il Tribunale di Napoli ha dichiarato inammissibile, per genericità, l’appello de liberiate avanzato da B.D. avverso l’ordinanza emessa il 14 ottobre 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con la quale era stata respinta la richiesta di revoca della misura custodiale a norma dell’art. 297 c.p.p., comma 3, dovendo la custodia retrodatarsi al precedente titolo cautelare adottato per vari reati nei confronti dello stesso imputato, da ultimo sottoposto alla medesima misura custodiale per il reato di cui all’art. 416 bis c.p..

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato suddetto deducendo che nella specie sussisterebbe connessione per continuazione e connessione teleologica tra i vari reati-fine oggetto della precedente ordinanza ed il reato associativo contestato con la più recente misura. D’altra parte, le ordinanze sono state emesse nell’ambito del medesimo procedimento, sicchè i giudici del riesame dovevano applicare l’art. 297 c.p.p., comma 3, in quanto ai medesimi constava che l’autorità giudiziaria già disponeva al momento della emissione della prima ordinanza degli indizi idonei relativi ai fatti contestati con la seconda ordinanza.

Il ricorso è manifestamente inammissibile, in quanto i relativi motivi non fuoriescono dall’alveo della genericità nella quale era incorso l’atto di appello, già correttamente dichiarato inammissibile dai giudici del gravame de liberiate. In tema di retrodatazione della custodia in ipotesi di pluralità di titoli cautelari per fatti connessi, la giurisprudenza di questa Corte si è ormai attestata nel ritenere che nel caso di emissione nello stesso procedimento di più ordinanze che dispongono nei confronti di un imputato la medesima misura cautelare per lo stesso fatto, diversamente circostanziato o qualificato, o per fatti diversi, legati fra dal vincolo di connessione qualificata a norma dell’art. 12 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), vale a dire da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza, la retrodatazione dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive opera automaticamente, ossia senza dipendere dalla possibilità di desumere dagli atti, al momento dell’emissione della prima ordinanza, l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le successive misure. Nel caso, invece, in cui le ordinanze cautelari adottate nello stesso procedimento riguardino fatti tra i quali non sussiste la connessione prevista dall’art. 297 c.p.p., comma 3, la retrodatazione opera solo se al momento della emissione della prima ordinanza esistevano elementi idonei a giustificare le misure applicate con le ordinanze successive (Cass., Sez. un., 19 dicembre 2006, Librato). Peraltro, l’accertamento della esistenza della connessione qualificata costituisce apprezzamento riservato, quanto alla valutazione del materiale probatorio o indiziario, al giudice del merito che deve adeguatamente e logicamente motivare il proprio convincimento (Cass., Sez. 4, 18 gennaio 2010, Napolitano); il che è, nella specie, sicuramente avvenuto, proprio perchè è risultata del tutto carente da parte degli appellanti, qualsiasi deduzione in fatto alla stregua della quale valutare, in concreto, la sussistenza dei presupposti per ritenere integrato il dedotto vincolo di connessione qualificata tra le diverse regiudicande coinvolte nei titoli cautelari, non potendosi certo far riferimento alla semplice astratta correlabilità tra i titoli di reato, genericamente evocati.

Al riguardo, infatti, e contrariamente a quanto mostrano di opinare i ricorrenti, la semplice contestazione della aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 con riferimento a delitti diversi da quello di cui all’art. 416 bis c.p., non consente certo di ravvisare ex se la sussistenza del rapporto di connessione qualificata con la fattispecie associativa, e che rileverebbe, in ipotesi, ai fini della retrodatazione del dies a quo della custodia cautelare (Cass., Sez. 2, 18 dicembre 2007, Persico). Mentre è del pari pacifico che, nella ipotesi di adozione di più ordinanze cautelari nei confronti del medesimo indagato per fatti diversi tra i quali non vi è connessione qualificata, la regola della retrodatazione dei termini custodiali relativi al provvedimento più recente opera esclusivamente quando al momento della emissione della prima ordinanza l’autorità inquirente era già in possesso degli elementi sufficienti per richiedere l’adozione della misura cautelare anche per il reato oggetto del successivo provvedimento e non anche quando la stessa era solo a conoscenza dei relativi fatti, ma non aveva ancora provveduto al loro accertamento (ex plurimis, Cass., Sez. 4, 25 novembre 2008, Endrizzi). Evenienza, questa, che pacificamente ricorre nel caso di specie, posto che, come emerge dal provvedimento impugnato, la informativa utilizzata ai fini della contestazione associativa è di gran lunga posteriore alla primitiva contestazione cautelare.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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