Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-06-2011) 21-07-2011, n. 29280 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente è stato condannato irrevocabilmente perchè ritenuto colpevole di bancarotta fraudolenta impropria, patrimoniale e documentale, conseguente al fallimento di INIZIATIVE COMMERCIALI Srl, di cui per un qualche periodo fu amministratore formale.

Egli ha avanzato istanza di revisione, allegando copia di fatture di acquisto ed una relazione contabile a firma di tal dr. T. A., volta a fornire un quadro complessivo dello stato della contabilità della fallita società (produzione accompagnata dalla richiesta di audizione testimoniale).

L’istanza di revisione sottolinea la brevità del periodo di gestione del F. e, per quanto attiene alla bancarotta patrimoniale, la distrazione dei beni in epoca successiva al recesso del F. dalla conduzione sociale; per quanto trae alla bancarotta documentale la presenza di significativo corredo contabile.

La Corte d’Appello ha ritenuto l’istanza inammissibile, sia perchè protesa allo scrutinio di emergenze di fatto, ovvero inadatta a rimuovere il giudicato ormai formatosi.

Motivi della decisione

Il ricorso non è accolto, perchè infondato.

Per una parte esso è inammissibile, richiedendo una nuova valutazione di un compendio probatorio che avrebbe potuto esser tempestivamente dedotto: l’istituto della revisione è un mezzo straordinario di impugnazione che consente, eccezionalmente e nei casi tassativamente previsti, di rimuovere gli effetti del giudicato, dando priorità all’esigenza di giustizia sostanziale, sicchè non può avere come presupposto una diversa valutazione di quanto già dedotto ovvero o un’inedita disamina di quanto fosse nel giudizio di cognizione deducibile.

La portata dimostrativa delle fatture era già – nell’ottica del ricorrente – foriera di approdo valutativo, ove tempestivamente avanzata al giudice di merito, trattandosi di prova documentale.

Inoltre, come esattamente osservato dalla Corte capitolina, l’istanza di revisione risulta manifestamente infondata poichè si imputa agli amministratori della società l’omessa tenuta di registri e libri fondamentali per la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, non già l’irregolare conservazione di documentazione obbligatoria.

Del pari non giova ad invalidare il giudicato l’asserita dimostrazione dell’esitazione di cespiti societari in epoca posteriore alla conduzione del condannato: come ricordano i giudici d’appello, l’addebito formulato nei confronti dei gestori della fallita società era articolato sul previo concerto, di un disegno criminoso, volto al programmato depauperamento dell’asse attivo societario. In questa ottica la prova che si vorrebbe ottenere risulta inutile ed inconferente.

Infondata, infine, è la questione di legittimità: in tema di revisione, ai fini della declaratoria di inammissibilità, non è previsto il procedimento in camera di consiglio nelle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen., con conseguenti avvisi, notifiche ed intervento delle parti, nè alcuna forma di contraddittorio cartolare. Tanto non riesce a vulnerare il diritto di difesa e non integra alcun profilo di incostituzionalità (cfr. ex multis, Cass. Sez. 1, 11.12.2007, CED Cass. 238318).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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