T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 27-07-2011, n. 638

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente, proveniente dal Bangladesh, faceva clandestinamente ingresso in Italia negli ultimi mesi del 2008; in data 30 gennaio 2009 si presentava spontaneamente alla Polizia di Stato e, essendo minorenne (è infatti nato il 1° febbraio 1992), era affidato al centro di pronta accoglienza minori di "Morena"; era poi sottoposto alla tutela del Sindaco di Roma e inserito nella comunità "Il Monello" di Monte San Giovanni Campano.

Gli era pertanto rilasciato un permesso di soggiorno "per minori" valido sino alla data del 31 gennaio 2010 (cioè per il periodo anteriore al compimento del diciottesimo anno d’età).

In data 9 marzo 2010 il ricorrente, ormai divenuto maggiorenne e avendo trovato lavoro, chiedeva il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

2. Con il provvedimento impugnato la sua istanza era respinta nel presupposto che egli non soddisfacesse le condizioni richieste dall’articolo 32 del d.lg. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94; in concreto il ricorrente non vantava (né avrebbe potuto vantare dato che il suo affidamento era avvenuto allorchè aveva già compiuto i diciassette anni di età) la condizione, richiesta dal comma 1bis dell’articolo 32, dell’essere stato ammesso "per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394".

3. Ai fini della migliore comprensione del problema e della sostanza delle censure è opportune precisare che il testo dell’articolo 32 è stato profondamente innovato dalla legge n. 94 del 2009 citata.

3.1. Il testo precedente alla legge n. 94 dell’articolo 32 testualmente stabiliva: "1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23. 1bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. 1ter. L’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato".

La giurisprudenza aveva poi applicato in modo estremamente ampio il primo comma sulla scorta dell’interpretazione che di esso aveva formulato la Corte Costituzionale.

La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza n. 198 del 5 giugno 2003 aveva dichiarato infondata una questione d’incostituzionalità del primo comma dell’articolo 32, formulata in relazione alla circostanza che esso non assimilava ai minori destinatari di affidamento ex articolo 2 della legge n. 183 del 1984 i minori sottoposti a tutela, ritenendo al contrario che la disposizione dovesse "infatti ritenersi riferibile e applicabile anche ai minori stranieri sottoposti a tutela ai sensi del titolo X del Libro primo del codice civile, soluzione questa alla quale si può giungere, se non attraverso un’interpretazione estensiva, comunque attraverso un’integrazione in via analogica, sulla base della comparazione fra i presupposti e le caratteristiche del rapporto di tutela del minore e del rapporto di affidamento, entrambi finalizzati ad assicurare la cura del minore, nonché sulla base della sostanziale eguaglianza delle situazioni di fatto nelle quali si trovano i minori stranieri in affidamento o sottoposti a tutela".

Nel solco di questo principio la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che l’art. 32 comma 1, citato andasse interpretato nel senso che il permesso di soggiorno dovesse essere rilasciato nel caso di minore sottoposto a tutela ai sensi dell’art. 343 c.c. e ai minori destinatari di qualsivoglia tipo di affidamento ai sensi della l. n. 184 del 1983; quindi non solo in caso di affidamento cd. "amministrativo" e cd. "giudiziario" (rispettivamente, art. 4 commi 1 e 2, l. n. 184 del 1983) ma anche nel caso di affidamento "di fatto" ai sensi dell’art. 9 della medesima legge. Ciò nel presupposto che l’utilizzo dell’avverbio "comunque" non può avere altro significato se non quello di intendere l’affidamento in senso ampio, sia con riguardo all’affidamento effettuato in favore di una famiglia o una persona singola, sia con riguardo a quello in favore di una comunità (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2545).

Questa interpretazione produceva l’effetto pratico di ridurre l’ambito applicativo della (più restrittiva) previsione dei commi 1bis e 1ter, la cui applicazione comportava che, al raggiungimento della maggiore età, avessero la possibilità di rimanere in Italia soltanto minori stranieri non accompagnati (e non affidati) che vi avessero fatto ingresso prima del compimento del quindicesimo anno di età e che avessero partecipato per almeno un biennio a un progetto di integrazione sociale.

3.2. Questo è invece il testo attualmente vigente: "1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e fermo restando quanto previsto dal comma 1bis, ai minori che sono stati affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23. 1bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394".

3.3. Il confronto tra i due testi evidenzia che il legislatore ha voluto subordinare la possibilità di rilasciare ai minorenni "affidati" o "sottoposti a tutela" un nuovo permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età alle condizioni previste dall’articolo 32, commi 1bis e 1ter, e cioè che si tratti di minori che, al momento del compimento del diciottesimo anno di età: a) siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394; b) si trovino sul territorio nazionale da almeno tre anni (circostanza che deve essere provata con idonea documentazione dall’ente gestore del progetto).

In sostanza la legge n. 94 del 2009 (che è entrata in vigore il giorno 8 agosto 2009) ha novellato l’articolo 32 del d.lg. n. 286 nel senso di stabilire che gli unici minorenni che, raggiunta la maggiore età, hanno titolo a ottenere un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura senza particolari limitazioni (oltre ai requisiti richiesti in generale) sono quelli indicati nei primi due commi dell’articolo 31 (in pratica i minori conviventi con il genitore o con i genitori regolarmente soggiornanti in Italia); per tutti gli altri minori, sottoposti a tutela o destinatari di provvedimenti di affidamento, il permesso di soggiorno presuppone le particolari condizioni dei commi 1bis e 1ter dell’articolo 32 (l’applicazione dei quali implica – evidentemente – che, se fa ingresso in Italia dopo aver compiuto i quindici anni di età, ovvero, anche prima del compimento del quindicesimo anno di età ma senza essere ammesso a un progetto di integrazione per almeno due anni, il minorenne, una volta raggiunta la maggiore età, non potrà ottenere la conversione del permesso di soggiorno per minore età in un diverso tipo di permesso di soggiorno).

È importante aggiungere che la legge n. 94 del 2009 non reca alcuna disposizione di carattere transitorio (cioè disciplinante i minori stranieri già presenti sul territorio nazionale).

4. Quanto precede permette di comprendere quale sia la sostanza del problema.

Il ricorrente ha fatto ingresso in Italia dopo aver compiuto quindici anni (in concreto ne aveva quasi diciassette) e non è stato inserito in un progetto di integrazione sociale per un periodo di almeno due anni (dato che il suo affidamento in comunità è avvenuto quando ormai aveva compiuto diciassette anni).

Insomma il ricorrente non soddisfa le condizioni richieste per l’ottenimento del permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età dal nuovo testo dell’articolo 32 (né – occorre aggiungere – avrebbe mai potuto soddisfarle essendo entrato in Italia in tempi incompatibili con il loro conseguimento).

Tuttavia, allorchè è entrato in Italia ed è stato affidato alla comunità il Monello e sottoposto alla tutela del Sindaco di Roma, aveva l’aspettativa di beneficiare al raggiungimento della maggiore età del permesso di soggiorno in applicazione del testo allora vigente del primo comma dell’articolo 32, come interpretato dalla costante giurisprudenza.

5. Con il ricorso all’esame, il ricorrente in sostanza denuncia l’illegittimità del provvedimento sostenendo che nei suoi confronti si applicherebbe il primo comma dell’articolo 32 e non i due successivi. Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica egli ha chiarito che l’applicazione nei propri confronti della disciplina dell’articolo 32 del d.lg. n. 286, come modificata dalla legge n. 94 del 2009, darebbe luogo a una non consentita applicazione retroattiva della stessa e ha richiamato alcuni precedenti giurisprudenziali che si sono uniformati a tale principio.

6. Il ricorso dev’essere accolto in quanto il Collegio ritiene che la nuova disciplina dell’articolo 32 debba essere interpretata, pur nel silenzio del legislatore, nel senso che essa possa applicarsi solo nei confronti dei minorenni entrati in territorio nazionale dopo la data di sua entrata in vigore e non possa pertanto trovare applicazione nei confronti di minorenni stranieri che siano entrati in Italia in epoca precedente e che si trovino in una condizione che renda loro oggettivamente impossibile soddisfare le nuove condizioni per rimanere in Italia; quindi, a questi soggetti dovrà continuare ad applicarsi la normativa in vigore al tempo del loro ingresso in Italia (in questo senso si vedano Consiglio di Stato, sez. VI, 27 giugno 2007, n. 3690, Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2009, n. 2951).

Del resto il medesimo principio è stato affermato anche recentemente e su fattispecie in pratica identica a quella all’esame dalla sesta sezione del Consiglio di Stato (ordinanza n. 4332 del 15 settembre 2010 secondo cui "al ricorrente, cittadino del Bangladesh entrato minorenne in Italia, sottoposto a tutela, e aspirante, divenuto maggiorenne, a permesso di soggiorno per lavoro subordinato o studio, deve essere applicato l’art. 32, co. 1, d.lgs. n. 286/1998 nel testo anteriore alla l. n. 94/2009, che consente, in favore dei minori affidati, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio o lavoro a prescindere dalla partecipazione ad un progetto almeno biennale; invece, la nuova disciplina recata dalla l. n. 94/2009, che anche per i minori affidati consente il rilascio del permesso di soggiorno, dopo la maggiore età, a condizione della partecipazione ad un progetto almeno biennale, si applica ai minori "affidati" dopo la sua entrata in vigore, o anche affidati prima, ma che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l’entrata in vigore della citata legge, in modo da consentire a tali soggetti di partecipare al progetto biennale"). In termini analoghi si è anche espressa la sezione di Roma di questo Tribunale (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 aprile 2011, n. 3491).

7. Il ricorso va dunque accolto e l’atto impugnato annullato. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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