Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-06-2011) 21-07-2011, n. 29276

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza in data 29-12-2010 annullava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di B.R. e BA.Gi. (padre e figlio), emessa dal Gip del tribunale di quella città il 19-12-2010, con la contestazione provvisoria di usura e tentata estorsione continuata – aggravate dall’utilizzo del metodo mafioso, e commesse a far tempo dal 2008, in danno di R.V., imprenditore del luogo, che svolgeva l’attività di riparazione di carrelli elevatori.

Le indagini iniziavano con una perquisizione in data 12.11.2010 a carico di C.G. che portava al rinvenimento di documentazione bancaria relativa anche a R., il quale, contattato dai carabinieri di Cercola affinchè fornisse spiegazioni, denunciava di essere vittima di usura da parte di C.G. e Ge., di M.S. e degli attuali ricorrenti B.R. e Gi..

Il tribunale riteneva, in sostanza, che gli elementi indiziari alla base della misura, e cioè le dichiarazioni della p.o. e dei familiari, pur plausibili, non fossero sufficientemente corroborate, da un lato, dalla documentazione, che qualificava neutrale, attestante rapporti economici fra le parti, sequestrata in esito alla perquisizione di cui sopra (relativa ai rapporti con i C.), dall’altro dalla registrazione di conversazioni eseguita dallo stesso R. e da intercettazioni ambientali, il cui contenuto non appariva del tutto corrispondente alla versione della p.o. (il riferimento a terzi, contenuto nell’ambientale dell’11 dicembre, rendeva ipotizzabile un’intermediazione dello stesso R. in prestiti ad altre persone). Inoltre era ritenuta non convincente la vicenda relativa all’acquisto di carrelli elevatori (la p.o. aveva dichiarato di averli acquistati dai B. consegnando assegni che, nonostante li avesse coperti con denaro contante, erano stati messi all’incasso e protestati; a copertura aveva consegnato ulteriori assegni a garanzia, anche questi portati all’incasso e protestati), in quanto non omogenea al tipo di rapporti intercorrenti fra le parti, mentre la conoscenza da parte di R. dei legami degli indagati con la criminalità organizzata, era a tal punto profonda da destare il sospetto che egli non avesse detto tutto e che, in conclusione, i rapporti fossero più articolati di quanto aveva riferito.

Il tribunale censurava pure il modus procedenti della procura che, avendo preferito sottoporre l’indagato a fermo, poi non convalidato dal Gip, aveva omesso la verifica presso gli istituti bancari delle informazioni fornite da R. circa le modalità degli asseriti prestiti usurari.

Ricorre avverso l’ordinanza di annullamento della misura, il PM della DDA di Napoli deducendo vizio di motivazione, nonchè violazione degli artt. 384, 273, 309 e 192 c.p.p..

Il PM censura l’omessa, illogica e contraddittoria motivazione in ordine all’inattendibilità della p.o. (basata tra l’altro sulla non condivisibile considerazione che la vittima di usura potrebbe, per la natura stessa del reato, avere interesse a riferire circostanze non vere), senza tener conto del complessivo quadro probatorio a carico dell’indagato, e in particolare delle ragioni dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca di R. e dei riscontri alla sua versione.

Al riguardo si evidenzia il carattere preciso e ricco di dettagli – relativi a date, persone, luoghi, tassi d’interesse, delle sue dichiarazioni, sempre costanti e mai in contraddizione, sottolineando che l’iniziativa della denuncia non era partita da lui, ma era stata determinata dal ritrovamento, in occasione della perquisizione di cui sopra, di una matrice di assegno sulla quale erano indicati il suo nome, la data del 10-8-2009 e l’importo di Euro 2.000,00 il che lo aveva indicato come possibile vittima di usura.

L’approfondita conoscenza da parte di R. dei legami degli indagati con la criminalità organizzata, era poi tutt’altro che sospetta, essendo anzi in linea con il contesto in cui la p.o. è inserita, ed evidenziando la forte pressione esercitata su di lui, addirittura aggredito, dopo l’inizio delle indagini, per circostanze riconducibili ai prestiti.

Secondo il PM ricorrente, il tribunale aveva sottovalutato la valenza dei riscontri, rappresentati da un lato dalle dichiarazioni dei familiari di R., dall’altro dai colloqui di questi con gli usurai, registrati da lui stesso, e dalle intercettazioni disposte dal Gip, riscontrate dalle operazioni di osservazione dei carabinieri, da cui risulta un incontro, in data 11-12-2010, tra R. e B.R. presso la BGR in (OMISSIS).

Da conversazioni del 15 novembre era emerso che R., convocato più volte presso la BGR, aveva chiesto l’intermediazione di Ba.Gi. presso tal S., dipendente della S. Paolo IMI di (OMISSIS), per l’incasso di un assegno, ricevendo la risposta che la cosa era diventata più difficile a seguito dell’informatizzazione delle operazioni. Inoltre era stato minacciato di serie conseguenze da B.R. se non avesse regolato la posizione debitoria con lui e con il figlio Gi..

La richiesta è quindi di annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

Esso fa leva su elementi indizianti in massima parte relativi al rapporto di R. con i presunti usurai, Cu.Ge. e C. G., ivi compreso il ritrovamento presso quest’ultimo, pure valorizzato dal ricorrente, di una matrice di assegno recante il nome dalla p.o.. Elementi che, pur confermando l’attendibilità di R. in relazione a tale vicenda, non sono tuttavia pertinenti a quella in esame.

Non può dunque che concordarsi con la conclusione del tribunale secondo cui non è possibile privilegiare l’una o l’altra delle opposte versioni fornite dagli interessati, in ordine al rapporto relativo all’acquisto dei carrelli elevatori intercorso tra R. e gli attuali indagati, essendo non controllabile quella della p.o. di aver corrisposto il prezzo in contanti, e non priva di plausibilità la diversa spiegazione fornita dai B..

L’equivocità, allo stato, di tale rapporto, non consente poi di attribuire chiaro significato accusatorio – nonostante il rilievo del ricorrente che l’iniziativa della denuncia non era partita dalla p.o. e che questa poteva conoscere i legami dei B. con la criminalità organizzata in ragione del contesto nel quale operava, alla circostanza, risultante da una conversazione registrata, che R. avesse chiesto l’intermediazione di Ba.Gi. presso tale S., dipendente della S. Paolo IMI di (OMISSIS), per l’incasso di un assegno (apprendendo che la cosa era diventata più difficile a seguito dell’informatizzazione delle operazioni), come pure al fatto che lo stesso R. fosse stato minacciato di serie conseguenze da B.R. se non avesse regolarizzato la posizione debitoria con lui e con il figlio Gi., potendo tale posizione, e la relativa minaccia, ricollegarsi anche al mancato pagamento dei carrelli elevatori.

Con la conseguente conclusione che il tribunale ha correttamente ritenuto non raggiunta, allo stato, la soglia della gravità indiziaria.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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