T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 27-07-2011, n. 6721

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Costituisce oggetto di contestazione, nel presente giudizio, il provvedimento in data 23.9.2010, con il quale l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, all’esito di specifico procedimento attivato su segnalazione di C. spa, ha disposto l’annotazione, a carico dell’impresa I.I.M. spa, sul Casellario informatico delle imprese (con relativa pubblicazione di fatto avvenuta il 27.10.2010), dell’avvenuta esclusione dell’impresa stessa da gara per affidamento di pubblica fornitura, per avere reso dichiarazione mendace in sede offerta, ex art. 38 comma 1 lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006, essendo infatti risultate, "nei Certificati Giudiziali del Presidente e del vice Presidente del C.d.A. dell’O.e., acquisiti d’ufficio in sede di verifica dei requisiti", "rispettivamente n. 7 e n. 4 evidenze ulteriori rispetto a quelle dichiarate in sede di gara".

Al riguardo è effettivamente incontroverso, in punto di fatto, che nella dichiarazione di partecipazione alla gara indetta da C. per l’affidamento di fornitura mobili e servizi connessi e opzionali (di cui al bando pubblicato il 10.7.2009), il rappresentante legale di I.I.M. spa ha dichiarato che dal proprio certificato del Casellario Giudiziale e da quello di altro componente (Vice Presidente) del CdA, risultavano, rispettivamente, due condanne penali risalenti al 1994 e una condanna penale del 2000, mentre, dal certificato acquisito d’ufficio dalla stazione appaltante, sono risultate invece, a carico dei menzionati soggetti, nell’ordine, n. 9 e n. 5 condanne.

L’esclusione dalla gara, conseguentemente intervenuta, non è oggetto d’impugnativa.

La società ricorrente contesta invece la relativa annotazione sul Casellario informatico, comportante divieto di partecipazione per un anno a procedure pubbliche di affidamento, deducendo, avverso la stessa, quattro articolati motivi di censura ed instando altresì per il risarcimento dei danni.

Si sono costituite in giudizio sia C. spa, che ha rimarcato la legittimità del proprio operato, che l’AVCP, che ha argomentato per il rigetto dell’impugnativa.

Premesso quanto sopra, ritiene il Collegio che sia fondato ed assorbente, nei termini di cui alle considerazioni che seguono, il primo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, anche in relazione agli artt. 7 e segg. della legge stessa, eccesso di potere per insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, sviamento di potere e d ingiustizia manifesta.

In sede procedimentale la ricorrente aveva presentato invero reiterate memorie ed atti difensivi all’Autorità di Vigilanza (che correttamente aveva comunicato del resto l’avvio del procedimento di annotazione e attivato il relativo contraddittorio, sollecitando anche la presentazione di precisazioni e deduzioni da parte sia dell’impresa che della stazione appaltante) prospettando, in estrema sintesi, essersi trattato di un errore amministrativo – burocratico dell’Ufficio gare I. che aveva predisposto infatti la domanda sulla base delle testuali risultanze del richiesto certificato del Casellario giudiziale degli amministratori, in cui non comparivano alcune condanne riportate invece nel certificato acquisito d’ufficio da C., per cui non si configurerebbe alcun mendacio, in assenza di volontà e coscienza di dichiarare cose non vere e di sottacere evidenze penali. La buona fede, l’involontarietà dell’errore e l’assenza del dolo emergerebbero anche, aveva soggiunto la ricorrente, dal fatto che se vi fosse stato un comportamento doloso sarebbero stati occultati tutti i provvedimenti penali a carico degli amministratori, mentre le evidenze penali non dichiarate nella domanda sono risalenti nel tempo ed anche meno gravi di quelle dichiarate.

A fronte di tali giustificazioni, il provvedimento impugnato motiva la determinazione assunta con la laconica affermazione per cui: "sulla scorta del prevalente orientamento giurisprudenziale e dei precedenti dell’Autorità, il Consiglio ritiene che l’incompleta elencazione dei precedenti penali da parte dell’Operatore economico non possa essere qualificata come errore scusabile".

Si tratta tuttavia, rileva il Collegio, di una motivazione, come lamenta la ricorrente, effettivamente insufficiente, che non esplica in alcun modo l’iter logico seguito in relazione alle risultanze dell’istruttoria. Né chiarisce ed indica quali siano i precedenti giurisprudenziali e della stessa Autorità cui si sarebbe fatto riferimento ai fini della determinazione assunta. Sulla base di quanto affermato nel provvedimento, non si comprendono quindi le ragioni per cui gli apporti difensivi della ricorrente sono stati disattesi. In più, l’Autorità ha omesso del tutto di argomentare il proprio dissenso rispetto alla nota infraprocedimentale dello stesso Ufficio AVCP che aveva condotto l’istruttoria e che nella nota in data 9.7.2010 (presumibilmente ingenerando oltretutto anche un certo affidamento nella ricorrente) aveva espressamente rilevato, sulla base delle acquisizioni istruttorie intervenute, che "non sembra effettivamente potersi rilevare una condotta intenzionalmente colpevole da parte dell’O.e, piuttosto sembra riconoscersi un errore scusabile nell’operato dei legali rappresentanti, per aver reso in buona fede un’autocertificazione meramente incompleta circa i requisiti ex art. 38 del Codice degli Appalti Pubblici". In tale nota era stata addirittura prospettata la possibile archiviazione del procedimento, in difetto di controrepliche della Stazione appaltante. Ebbene quest’ultima, lungi dal contraddire l’orientamento espresso nella predetta nota AVCP, ne ha anzi esplicitamente condiviso il giudizio circa la "scusabilità dell’errore" (cfr. nota C. 21.7.2010). Peraltro, di tali apporti endoprocedimentali, il Consiglio dell’AVCP non ha tenuto minimamente conto, così come ha omesso di argomentare sufficientemente in ordine alle deduzioni difensive I., per cui l’atto impugnato appare viziato per difetto di motivazione ed insufficiente considerazione e valutazione di presupposti istruttori endoprocedimentali.

Il ricorso di cui in epigrafe, in base alle esposte considerazioni e con assorbimento dei profili di censura non esaminati, va quindi accolto, nella parte impugnatoria, con annullamento, per l’effetto, della contestata annotazione. Quanto al profilo risarcitorio, l’annullamento dell’atto suddetto (e prima ancora la relativa sospensione cautelare) costituiscono sufficiente reintegrazione in forma specifica del danno lamentato, non risultando peraltro, nella generica richiesta della ricorrente, alcun aspetto di danno residuo da risarcire per equivalente.

Sussistono giusti motivi, in relazione alla peculiarità della vicenda, per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, a termini di quanto risultante in motivazione, ed annulla per l’effetto, l’impugnata annotazione.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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