Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-06-2011) 21-07-2011, n. 29113 Sequestro conservativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 23 settembre 2010, il Tribunale di Taranto, 1 sezione penale, in funzione di giudice del riesame, in parziale riforma dell’ordinanza della Corte di Appello in sede disponeva il sequestro conservativo di tutti i beni mobili e immobili di S. A., fino alla concorrenza di Euro 30.000.000,00.

Il Tribunale, dato atto che la Corte di appello con sentenza contestuale all’ordinanza oggetto di riesame aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di S. per i reati a lui ascritti ai capi G, B1, C1, H1 ed I, limitatamente alle consumate truffe, in quanto estinti per intervenuta prescrizione e lo aveva assolto dalla truffa di cui al capo I perchè il fatto non sussiste con conferma delle statuizioni civili in favore della parte civile ASL TA/(OMISSIS) con il vincolo della solidarietà, osservava che, non sussistendo dubbio alcuno sul fumus commissi delicti, in ordine al periculum in mora ai fini dell’adozione del sequestro conservativo era sufficiente la condizione di inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto all’ammontare delle pretese creditorie indipendentemente da un depauperamento allo stesso ascrivibile.

Pertanto, ammontando il valore complessivo dei beni mobili e immobili riconducibili all’imputato ad Euro 1.114.513,98 a fronte di danni accertati dalla sentenza di primo grado nei confronti della ASL TA/(OMISSIS) di Euro 12.882.564,82, ricorreva il presupposto di legge per confermare il disposto sequestro conservativo, con limitazione tuttavia fino alla concorrenza di Euro 30.000.000,00.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso S. A., a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione ed erronea applicazione della legge processuale penale in relazione all’art. 309 c.p.p., comma 9 e art. 10 c.p.p. e L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 2 e art. 240-bis disp. coord. c.p.p., comma 2, perchè a fronte della richiesta di riesame proposta in data 31.7.2010 l’udienza è stata celebrata tardivamente il 23 settembre successivo in relazione a procedimento per il quale non è applicabile la sospensione feriale dei termini perchè concernente reati di criminalità organizzata; – inefficacia del sequestro conservativo per inosservanza delle forme prescritte dall’art. 675 c.p.c. in ragione dell’intervenuta decorrenza del termine di trenta giorni entro il quale avrebbe dovuto essere eseguito il provvedimento autorizzativo; – erronea applicazione della legge processuale penale in relazione ai presupposti della misura, soprattutto in relazione al quantum posto che il primo giudice aveva ritenuto provata l’entità del danno nella misura di 1.000.000,00 di Euro, senza inoltre alcuna considerazione del danno arrecato da ciascun reato; – inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale penale in riferimento all’individuazione per relationem dei beni assoggettati a sequestro in quanto in maniera impropria si fa coincidere il profitto con l’entità economica conseguente agli incarichi ricevuti e specularmente con quella di danno risarcibile senza tenere conto che si versa in ipotesi di "reato in contratto" sicchè si deve differenziare il vantaggio economico derivante direttamente dal reato e il corrispettivo incamerato per la prestazione lecita eseguita in favore della controparte, sicchè il profitto del reato va determinato al netto dell’effettiva utilità conseguita dal danneggiato nell’ambito del rapporto sinallagmatico. In relazione alla nozione di profitto discendente dal reato di truffa, la L. n. 300 del 2000, nel contemplare la possibilità di assoggettare a sequestro finalizzato alla confisca ex art. 322-ter c.p. e art. 321 c.p.p. il profitto ovvero le res corrispondenti al profitto, allude non già al generico profitto discendente dal reato ma allo specifico profitto conseguito con la singola condotta specificamente attribuibile all’imputato. Il Tribunale del riesame ha finito invece per attribuire al ricorrente tutto l’ammontare del profitto derivante dai reati sub C1 ed I, disattendendo l’insegnamento della Suprema Corte che delimita la nozione di profitto all’effettiva utilità economica dal reato e nei limiti di essa. Il richiamo per relazione effettuato rispetto ai beni oggetto del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente appare fuorviante ed inefficace in quanto afferenti res che ab origine non potevano essere assoggettate a sequestro per equivalente.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, posto che l’ordinanza oggetto di ricorso non è stata pronunciata nel corso delle indagini preliminari ma a seguito di istanza formulata contro ordinanza pronunciata dalla Corte di appello contestualmente alla pronuncia della sentenza dibattimentale di secondo grado. Non può quindi trovare applicazione l’invocata regola di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 2, comma 2 (come modificato dal D.L. n. 306 del 1992, art. 21-bis), che disciplina "la sospensione dei termini delle indagini preliminari", ma quella di cui al primo comma del medesimo articolo che esclude la sospensione dei termini procedurali durante il periodo feriale nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare.

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il Collegio condivide il canone ermeneutica, per il quale "la circostanza che l’art. 317 c.p.p., comma 3 preveda che il sequestro conservativo sia eseguito nelle forme del codice di procedura civile non vale a giustificare l’assunto secondo cui l’esecuzione del medesimo non dovrebbe essere affidata allo stesso giudice che lo ha emesso: invero la disposizione citata attiene esclusivamente alle modalità esecutive del provvedimento e non investe anche l’onere dell’iniziativa che rimane a carico del giudice penale. (si veda:

Cass. 11-7-00 n. 02757 imp. Pini) L’enunciato principio trova conforto nella lettera dell’art. 317 c.p.p., comma 3 e nella ratio della normativa in materia. In particolare, va puntualizzato che, pur presentando la misura conservativa penale affinità con quella civile, non sono applicabili alla prima tutte le disposizioni relative alla seconda, specie considerando che l’art. 317 c.p.p., comma 3, nel determinare le modalità di esecuzione del sequestro conservativo penale, si limita ad identificare l’organo deputato ad attuarla (l’ufficiale giudiziario) ed a prescrivere che l’esecuzione stessa debba avvenire rispettando le norme del codice di rito civile che regolano l’attività istituzionale del predetto organo: di conseguenza, sino a quando è in corso un procedimento penale, il giudice che procede è funzionalmente competente in ordine alla costituzione, alle vicende del sequestro conservativo ed alla relativa esecuzione, competenza che, con riguardo all’esecuzione, discende dall’art. 665 c.p.p." (Cass. Sez. 5, 19.9-3.12.2001 n. 43576; conf. Cass. Sez. 5, 12.5-11.7.2000 n. 2757); Cass. Sez. 2, 19.12.2008-27.1.2009 n. 3810; Cass. Sez. 2, 10.12.2008-21.1.2009 n. 2835).

3. Il terzo motivo di ricorso:

3.1. è inammissibile per genericità per la parte in cui deduce contrasto tra quanto affermato nel provvedimento impugnato in ordine all’entità del danno accertato dai giudici di merito per i delitti di truffa ascritti al ricorrente (capi C1 ed I), perchè assume che il Tribunale avrebbe invece ritenuta provata l’entità del danno nella misura di 1.000.000,00 di Euro, senza provvedere ad allegare il testo della detta sentenza;

3.2. è infondato per la parte in cui addebita al provvedimento impugnato di aver travalicato i limiti della competenza del tribunale laddove autonomamente avrebbe determinato i reati per i quali il ricorrente sarebbe chiamato a rispondere civilisticamente. Lo stesso ricorrente non contesta che in relazione alle ipotesi di truffa aggravata consumata, in concorso, di cui ai capi C1) ed I) è stata pronunciata sentenza proscioglimento per prescrizione in sede di appello e che la Corte territoriale ha confermato le statuizioni civili in favore della parte civile costituita in relazione a tali truffe nonchè in riferimento agli altri reati in relazione ai quali è stato confermato il giudizio di responsabilità civile.

L’eventuale specificazione in relazione alla "laconica" (definizione del ricorrente) motivazione della Corte di appello rientra invero nei poteri propri del giudice del riesame, stante la natura integralmente devolutiva del gravame;

3.3. è infondato per la parte in cui addebita all’ordinanza impugnata di aver quantificato il danno complessivo liquidabile "in riferimento ad una pluralità di imputazioni (almeno una cinquantina)..contestate ad una pluralità di imputati ritenuti responsabili", perchè il Tribunale ha proceduto all’analisi dei danni arrecati dalle truffe di cui ai capi C1) ed I), ascritti al ricorrente e solo di tali danni ha tenuto conto;

3.4. quanto alla ricorrenza del periculum in mora, si osserva che "ai fini dell’adozione di un provvedimento di sequestro conservativo su richiesta del creditore privato, la sussistenza del "periculum in mora" deve essere alternativamente valutata in riferimento all’originaria inadeguatezza o insufficienza del patrimonio dell’imputato in relazione all’ammontare delle pretese risarcitorie e del complesso dei crediti che gravano su tale patrimonio, tale da evidenziare la necessità di assicurare un privilegio ai creditori da reato, ovvero all’insorgenza di un rischio di dispersione o diminuzione della garanzia patrimoniale, capace di determinare, in riferimento ai medesimi parametri in precedenza indicati, l’esigenza di applicare un vincolo reale idoneo ad assicurarne la conservazione" (Cass. Sez. 6, 26.11-9.12.2010 n. 43660).

Il Collegio condivide tale canone ermeneutici, perchè conforme al dato testuale. Nè sussiste il rischio che tale interpretazione collida con i parametri costituzionali di cui all’art. 3 Cost., perchè si verte in situazione di responsabilità di natura civile derivante da condotta del soggetto agente per sua libera scelta.

L’esposizione al rischio risarcitorio per importi rilevanti, che trasmodano la capacità patrimoniale del soggetto agente, non è tutelabile in ragione del parametro costituzionale invocato.

4. L’ulteriore motivo di ricorso, che denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale penale nonchè penale sostanziale in riferimento all’individuazione per relationem dei beni assoggettati a sequestro, è ancora infondato, perchè il Tribunale ha spiegato (con riferimento sia al servizio di archiviazione ottica della documentazione amministrativa sia al servizio di archiviazione ottica delle cartelle cliniche) che la parte civile non ha tratto alcuna utilità da quanto apprestato in maniera fraudolenta, sicchè i costi sopportati non hanno alcuna incidenza sul danno arrecato. Giova raccontare che nel caso si verte in ipotesi di sequestro conservativo, disposto all’esito della pronuncia della sentenza di secondo grado che ha confermato le statuizioni civili di condanna generica, in solido, del ricorrente al risarcimento del danno arrecato alla ASL TA/(OMISSIS), sicchè privi di rilievo sono i riferimenti alla individuazione del profitto del reato, secondo l’elaborazione giurisprudenziale formatasi in riferimento al D.Lgs. n. 231 del 2011, art. 19. Comunque, l’ordinanza impugnata non ha trascurato di accertare quale sia stata l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione delle prestazioni imposte dal contratto ed è giunto alla conclusione (non criticata dal ricorrente) della totale inservibilità dei servizi di archiviazione realizzati.

4. Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere in conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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