Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-06-2011) 21-07-2011, n. 29102 Circostanze del reato Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Bologna, 1A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Forlì appellata da P.L. e S.N., li assolveva dal delitto di cui all’art. 605 c.p. perchè il fatto non sussiste; rideterminava la pena inflitta a P. per i residui reati a lui ascritti in tre anni due mesi di reclusione ed Euro 17.000 di multa e quella inflitta a S., tenuto conto della già concessa attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 per il delitto sub C) e della continuazione, in tre anni due mesi di reclusione ed Euro 16.000 di multa; confermava nel resto la sentenza impugnata, con la quale questi erano stati dichiarati colpevoli di concorso nei delitti di estorsione consumata in danno di F.A.M. (capo B) nonchè di detenzione di 360 grammi di hashish (capo C); la S. inoltre dei delitti di tentata estorsione e di cessione continuata di hashish al minore F.A.M..

La Corte territoriale, esclusa la sussistenza del delitto di cui all’art. 605 c.p. e rilevata l’inammissibilità dell’appello della S. per la parte in cui senza motivazione alcuna chiedeva l’assoluzione da tutti i reati a lei ascritti, riteneva fondata la prova della responsabilità di P. in ordine al delitto di estorsione solo in relazione all’ultimo episodio, quello avvenuto nel bar (unico fatto estorsivo del resto a lui contestato nel capo d’imputazione) e in ordine al concorso nel delitto di detenzione di hashish di cui al capo C), osservava che valevano le sue stesse ammissioni rese in fase di spontanee dichiarazioni, non efficacemente smentite in sede di interrogatorio, nonchè tutta la condotta da lui serbata per costringere F. a pagare la sostanza stupefacente che era stata ceduta dalla S., che usava il bar del P. per svolgere l’attività di spaccio (dove custodiva le relative dosi); non ricorrevano i presupposti dell’attenuante del risarcimento del danno sicchè la pena inflitta dal primo Giudice doveva essere confermata. Quanto alla posizione della S., riaffermata l’esistenza dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a) per esser nota e comunque evidente la minore età di F., si ribadiva, sempre in relazione al capo A), l’inesistenza dei presupposti dell’ipotesi attenuata di cui al cit.

D.P.R., art. 73, comma 5 e della prevalenza dell’attenuante di cui al comma 7 del medesimo articolo. Quanto al delitto di estorsione il risarcimento offerto era del tutto inadeguato. Le attenuanti generiche, in relazione al capo C, erano state già applicate nella massima estensione. La pena andava tuttavia ridotta per non avere il primo Giudice in concreto tenuto conto, per il calcolo della pena del delitto sub C), della pur riconosciuta attenuante di cui al cit.

D.P.R., art. 73, comma 7.

Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, che ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1) P.L.: – errata interpretazione della norma penale in relazione all’art. 110 c.p., violazione dell’art. 192 c.p.p., difetto di motivazione per illogicità della stessa, relativamente al supposto concorso nel delitto di cui all’art. 73 c.p.p., perchè la successiva partecipazione all’estorsione non crea automatico concorso nell’attività di detenzione della sostanza stupefacente;

2) S.N.: – manifesta illogicità e carenza della motivazione nella parte in cui ritiene l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a) per avere desunto la consapevolezza della minore età di F. per il fatto che lo chiamava "ragazzino"; manifesta illogicità e carenza della motivazione nella parte in cui ritiene insussistente l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 in misura prevalente sulla aggravante di cui al capo A, perchè la resipiscenza manifestata dalla ricorrente meritava maggiore indulgenza; – inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 62 c.p., n. 6 e manifesta illogicità della motivazione perchè l’offerta del risarcimento del danno non risultava preclusa nella fase del giudizio abbreviato nè era ascrivibile all’imputata l’assenza della persona offesa. Errata ed illogica era inoltre la pretesa inadeguatezza della somma offerta, tenuto anche conto della mancata costituzione di parte civile.

Motivi della decisione

1. Il ricorso di P.L. è infondato, perchè omette di considerare che la sentenza impugnata ha desunto il convincimento del concorso del ricorrente nell’attività di spaccio e detenzione illecita di sostanza stupefacente da parte della S., delle parole (oggetto di intercettazione) pronunciate da entrambi nella flagranza del delitto di estorsione, con le quali si faceva riferimento alle precedenti cessioni. E’ inammissibile per la parte in cui, al fine di criticare la sentenza impugnata, rinvia "alla lettura attenta degli atti di causa" e ne propone una interpretazione finalizzata a suffragare la tesi difensiva dell’inesistenza di concorso, sollecitando in tal modo una complessiva rivalutazione del materiale probatorio e quindi un ulteriore e non consentito, in questa sede, giudizio di merito.

L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

2. Ricorso di S.N..

2.1. Il primo motivo è infondato.

Va ribadito che "ai fini della attribuibilità della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a), inerente alla consegna delle sostanze stupefacenti a persone di minore età è necessario accertare, ai sensi dell’art. 59 c.p., comma 2, la colpevolezza del soggetto attivo anche in relazione alla circostanza contestata, dimostrando che la stessa sia da lui conosciuta, ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore dovuto a colpa" (Cass. Sez. 6, 29.1-22.5.2008 n. 20663).

La Corte territoriale ha dato congrua giustificazione della consapevolezza da parte della donna che F. fosse minorenne, desumendolo dalla circostanza che lo chiamava "ragazzino" e che aveva iniziato a vendergli hashish fin da quando aveva sedici anni e quindi la sua minore età era evidente.

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, perchè la sentenza impugnata ha spiegato le ragioni per le quali ha mantenuto fermo il giudizio di equivalenza, in relazione al capo A, fra l’aggravante del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 e l’attenuante dell’art. 73, comma 7. 2.3. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per il terzo motivo di ricorso.

Ed invero "la richiesta da parte dell’imputato del rito abbreviato comporta l’accettazione del giudizio "allo stato degli atti", con la conseguenza che il quadro probatorio già esistente non è suscettibile di modificazioni e con la precisazione che solo in base agli elementi già acquisiti deve formarsi la res iudicanda in essa compresi gli aspetti relativi anche alle circostanze attenuanti, per il riconoscimento delle quali non è possibile procedere ad ulteriori acquisizioni probatorie, neppure di tipo documentale. (Cass. Sez. 6, 12.6-15.12.1997 n. 11462).

Comunque la sentenza ha spiegato perchè l’offerta è inadeguata all’entità del danno, avendo valorizzato la gravità della condotta, definita "persecutoria", posta in essere ai danni di un minorenne, motivazione che non è stata oggetto di specifiche critiche e che quindi rimane come valido apparato argomentativo a sostegno della decisione adottata sul punto.

3. I ricorsi debbono essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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