Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 21-07-2011, n. 29205 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 23 settembre 2010 il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame formulata da A.G. e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 16 luglio 2010 dal gip del locale Tribunale in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p..

Ad A. si contesta di avere fatto parte del "locale" di Trunca Allai con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, di partecipare alle riunioni ed eseguire le direttivi dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio.

Ad avviso dei giudici gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto contestato erano costituiti dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, tra cui venivano illustrate le seguenti: a) conversazione intercorsa il 18 luglio 2008 tra O.M. (cl. (OMISSIS)) e G.N., personaggio di vertice della ‘ndrangheta operante nella zona sud di Reggio Calabria, con funzioni di collegamento tra il mandamento cittadino, di cui era parte, e il mandamento tirrenico, contenente l’esplicito riferimento alla carica di "padrino" di Reggio Calabria del ricorrente; b) colloquio tra gli stessi soggetti captato il 19 dicembre 2008 all’interno dell’auto Mercedes classe E targata (OMISSIS), contenente espliciti riferimenti alla distribuzione delle cariche all’interno del sodalizio e al ruolo di A.G.; c) conversazione intercorsa il 21 novembre 2008 tra G.N. e il "mastro" C.G. di Siderno, esponente di vertice del sodalizio, avente ad oggetto i commenti sulla "dote" di A. M., superiore a quella del padre e sulla necessità del conferimento di una carica di maggiore prestigio a A.G..

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, A.G., il quale lamenta violazione dei canoni di valutazione probatoria con riferimento alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto contestato, in assenza di elementi di riscontro al contenuto dei colloqui intercorsi tra terzi, non potendo qualificarsi quale indizio di appartenenza all’organizzazione il riferimento alla sua persona da parte di terzi soggetti, asseritamente titolari di cariche all’interno del clan la mera carica rivestita dai soggetti che prendono parte al colloquio in mancanza di qualsiasi condotta obiettivamente espressiva dell’adesione di A. al sodalizio, adesione smentita del resto dal fatto che, in occasione di una riunione di ‘ndrangheta tenutasi ad Allai, il ricorrente non ebbe nemmeno a partecipare.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

Il Tribunale ha attentamente analizzato, con motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici, le risultanze probatorie disponibili e ha desunto la gravità degli indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p. dal contenuto delle intercettazioni, intercorse fra terze persone, richiamate nella precedente parte espositiva.

Il provvedimento impugnato, con motivazione compiuta e logica, evidenziava l’operatività di un articolato sodalizio di stampo mafioso, dedito alla commissione di reati e al capillare controllo degli appalti pubblici e delle attività economico-produttive, caratterizzato da un forte radicamento sul territorio calabrese, da un’organizzazione gerarchica, all’interno della quale il ricorrente forniva, nella sua qualità di componente del "locale" di Croce Valanidi, Oliveto, Trunca e Allai, un pieno e consapevole contributo causale all’operatività dell’associazione, da tempo adusa ad avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà, per la commissione di una serie di reati, al fine di realizzare il controllo capillare del territorio e di conseguire ingenti profitti illeciti, funzionali, da un lato, ad accrescere la potenza del gruppo.

Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravita, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di A. in ordine al delitto di cu all’art. 416 bis c.p. a lui contestato.

Di talchè, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

La coerenza e univocità del quadro indiziario non può ritenersi, d’altra parte, inficiata o sminuita dalla circostanza che il giudice a quo lo abbia ricavato prevalentemente dalle risultanze delle conversazioni intercose fra terzi, contenenti chiari riferimenti alla persona del ricorrente. Invero alle indicazioni di reità provenienti dalle conversazioni intercettate non si applica il canone di valutazione previsto dall’art. 192 c.p.p., comma 3, perchè non sono assimilabili alle dichiarazioni che il coimputato del medesimo reato o la persona imputata in procedimento connesso rende in sede di interrogatorio dinanzi all’Autorità giudiziaria (Sez. 6, 5 ottobre 2005 n. 41203). Per esse vale, invece, la regola generale del prudente apprezzamento del giudice (Sez. 1, 23 settembre 2010, n. 36218; Sez. 5, 26 marzo 2010, n. 21878; Sez. 4, 28 settembre 2006, n. 35860; Sez. 5, 14 ottobre 2003, n. 603; Sez. 5, 19 gennaio 2001, n. 13614) che, nella fattispecie, è stato debitamente esercitato.

In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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