T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. I, Sent., 27-07-2011, n. 52 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con concessione edilizia n. 2317 del 22 settembre 2004 il Comune di Antey Saint André autorizzava la L. s.r.l. al compimento di lavori di sistemazione ed ampliamento dell’edificio alberghiero denominato "Residence Bellevue" sito in frazione Fiernaz n. 27.

La G. s.r.l., in qualità di proprietaria di un immobile frontistante, impugnava il titolo edilizio, che veniva annullato con sentenza di questo Tribunale n. 109 del 18 ottobre 2005, confermata con decisione del C.d.S., sez. IV, n. 3032 del 14 maggio 2010, per mancato rispetto delle norme sulle distanze dalla sede stradale e della disciplina sul numero minimo di parcheggi o posti auto.

Col ricorso in esame la S.B. s.r.l., in qualità di nuova proprietaria dello stabile della G. s.r.l. a seguito di scissione di quest’ultima società, agisce nei confronti del Comune di Antey Saint André e della società L. domandando il risarcimento in forma specifica, mediante riduzione in pristino del fabbricato alberghiero, e il risarcimento per equivalente del pregiudizio asseritamente patito per il periodo dalla realizzazione fino alla demolizione del manufatto illegittimo (una sopraelevazione), indicando quali voci di danno le maggiori spese giornaliere per riscaldamento (la sua proprietà sarebbe posta in ombra dalla sopraelevazione) ed il deprezzamento dell’immobile per perdita del panorama; ovvero, in via subordinata, ove fosse impossibile la riduzione in pristino, il solo risarcimento per equivalente.

Ha resistito in giudizio il Comune di Antey Saint André, sostenendo l’assenza di colpa nel rilascio del titolo edilizio illegittimo per l’oggettiva incertezza dell’interpretazione della normativa vigente e la mancanza di prova del danno.

Si è altresì costituita in giudizio per resistere al ricorso la L. s.r.l., che nella memoria di costituzione ed in quelle successive ha sollevato questioni di rito e formulato difese nel merito, in particolare eccependo, in ordine logico, difetto di giurisdizione, carenza di legittimazione a ricorrere della società S.B. per nullità del trasferimento dell’immobile della G., inammissibilità della domanda di demolizione per la sanabilità delle opere, difetto di prova del danno, insussistenza dello stesso e, comunque, intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento per avvenuto decorso del termine quinquennale, decorrente dal giorno della ultimazione della sopraelevazione; ha eccepito altresì la compensazione con i danni che essa resistente avrebbe subito in ragione di opere abusive realizzate, a loro volta, nel fabbricato della ricorrente.

Ha replicato la società ricorrente, insistendo nelle domande e chiedendo che, ove ne ricorrano le condizioni, il ricorso sia qualificato come azione di ottemperanza, provvedendosi all’adozione delle conseguenti statuizioni giurisdizionali, compresa la nomina di un commissario ad acta.

Alla pubblica udienza del 15 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. – La ricorrente S.B. s.r.l., quale avente causa nella proprietà di un immobile della G. s.r.l., che aveva ottenuto l’annullamento in sede giurisdizionale della concessione edilizia n. 2317 del 22 settembre 2004 rilasciata alla L. s.r.l. dal Comune di Antey Saint André per l’ampliamento di un edificio frontistante, agisce con cumulo di azioni nei confronti dell’amministrazione comunale e della stessa L. s.r.l. per ottenere, da un lato, il ripristino di una situazione di fatto conforme alla situazione giuridica derivante dalla sentenza costitutiva di annullamento (mercé la proposizione di una "domanda di risarcimento in forma specifica") e, dall’altro, il ristoro pecuniario del pregiudizio economico cagionato dall’opera illegittima per maggiori spese e deprezzamento dell’immobile.

Nel corso del giudizio, la stessa ricorrente ha chiesto che sia valutata la ricorrenza delle condizioni perché la domanda di risarcimento in forma specifica sia qualificata, piuttosto, come domanda di esecuzione della sentenza di annullamento del titolo edilizio ai sensi dell’art. 112 c.p.a.

2. – Preliminarmente, deve esaminarsi la questione della sussistenza o meno della giurisdizione del giudice amministrativo, espressamente revocata in dubbio dalla parte privata resistente per ciò che concerne le domande proposte nei suoi confronti, oltre che, più in generale, per il risarcimento in forma specifica.

2.1 – Per quanto riguarda la domanda risarcitoria nei confronti del Comune, essa va rivolta al giudice amministrativo ai sensi degli artt. 7, co. 4, e 30, co. 2, c.p.a., in quanto la condotta causativa di danno si riconnette direttamente all’illegittimo esercizio di attività provvedimentale, consistente, nel caso di specie, nel rilascio di concessione edilizia.

Ove poi, come si dirà, la domanda proposta contro l’amministrazione locale dovesse più correttamente qualificarsi come azione di ottemperanza, in parte qua la controversia rimane attratta nella più ampia giurisdizione amministrativa di merito ai sensi dell’art. 134, co. 1 lett. a), c.p.a.

2.2 – L’eccezione è, invece, fondata con riferimento alle azioni promosse contro la L. s.r.l..

La Corte regolatrice ha più volte ribadito il principio secondo cui la giurisdizione amministrativa può ravvisarsi solo nell’ipotesi di controversia proposta nei confronti di soggetti titolari di poteri amministrativi, affermando la sussistenza della giurisdizione ordinaria nel caso di azione risarcitoria esercitata contro soggetti privati distinti dall’amministrazione, anche quando quest’ultima possa essere ritenuta solidalmente obbligata, non costituendo tale ultima circostanza ostacolo alla devoluzione al giudice ordinario della controversia avente ad oggetto la pretesa risarcitoria nei confronti di soggetti privati fondata sulla deduzione di un fatto illecito extracontrattuale (ex ceteris, Cass. SS.UU., 12 marzo 2008, n. 6535, in materia di risarcimento del danno derivante da una costruzione assentita in difformità rispetto al regolamento edilizio comunale).

Tale principio rimane pienamente condivisibile, nulla avendo innovato al riguardo il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

Deve precisarsi a tal fine che le azioni promosse nei confronti della L. s.r.l. vanno inquadrate nell’alveo dell’art. 872 c.c., che attribuisce al soggetto leso dalla violazione delle norme in materie di distanze fra costruzioni e di quelle contenute nei regolamenti edilizi locali e nei piani regolatori generali, che disciplinano la stessa materia e che sono integrative delle prime, sia un’azione diretta alla eliminazione della situazione di fatto lesiva (riduzione in pristino mediante l’abbattimento della costruzione), sia una specifica azione risarcitoria.

Può aggiungersi peraltro, per mera completezza, che neppure a voler ravvisare nell’azione nei confronti della L. una domanda di esecuzione del precedente giudicato amministrativo potrebbe giungersi a ritenere la giurisdizione di questo Tribunale.

Non ignora il Collegio che è stato ipotizzato nella letteratura giuridica che l’azione di ottemperanza sia esperibile anche nei confronti del privato soccombente, traendo argomento dal fatto che l’art. 112 c.p.a. stabilisce ora al primo comma che i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti (oltre che dalla pubblica amministrazione, anche) "dalle altre parti" e che, al successivo comma, la precisazione, astrattamente idonea ad esattamente delimitare l’ambito della legittimazione passiva, secondo cui l’azione di ottemperanza è proposta al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi al giudicato compare unicamente con riferimento alle ipotesi di cui alle lettere c), d) ed e) (cioè alle decisioni dei giudici diversi dal giudice amministrativo) e non anche con riferimento all’attuazione delle sentenze e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo (lettere a e b).

La soluzione, tuttavia, lascia perplessi, poiché il sistema di tutela apprestato dagli artt.112 c.p.a. mal si attaglia ad una controversia tra privati, in quanto costruito sulla necessità di assicurare che la pubblica amministrazione inadempiente provveda all’esecuzione della decisione, se del caso mercé la sostituzione del giudice all’amministrazione – direttamente (art. 114, co. 4, lett. a e c) od indirettamente, attraverso un suo ausiliario (artt. 21 e 114, co. 2, lett. d) – nell’esercizio di una giurisdizione che è estesa al merito amministrativo (art. 134, lett. a).

L’ordine del giudice di ottemperare alla sentenza passata in giudicato, pur accompagnato dalla prescrizione delle relative modalità, qualora rivolto ad un soggetto privato finirebbe per non costituire altro che il contenuto di una sentenza di condanna, non altrimenti eseguibile che attraverso gli ordinari strumenti di cui al libro III del codice di rito civile: cioè l’esito di un giudizio anch’esso (puramente) cognitorio, che vertendo tra privati spetta, come si è detto, al giudice civile, al quale pure appartiene il giudizio ordinario di esecuzione forzata.

Opinando diversamente si perverrebbe ad una forzatura della logica del sistema sulla sola base dei labili indizi normativi che si sono richiamati, che non sono accompagnati da un altrimenti indispensabile adattamento della struttura tradizionale del giudizio amministrativo di esecuzione ad una ipotetica ottemperanza tra privati (a meno di non restringerne lo sbocco alla sola applicazione delle sanzioni per ritardo ex art. 114, co. 4 lett. e), delineando un plausibile scenario di contrasto con i limiti della legge di delega e, ancor prima, con quelli costituzionali sul riparto di giurisdizione.

2.3. – Per queste ragioni, va ritenuta la giurisdizione sulle domande proposte contro il Comune, mentre va dichiarato il difetto di giurisdizione, in favore dell’autorità giudiziaria ordinaria, per quelle formulate avverso il privato.

3. – Contestata è anche la legittimazione a ricorrere della società S.B. per l’asserita nullità del titolo di trasferimento dell’immobile frontista a quello illegittimamente sopraelevato che determinerebbe il permanere della legittimazione attiva in capo alla società G., cui l’odierna ricorrente avrebbe erroneamente assunto di essere validamente succeduta nella proprietà dell’immobile per scissione societaria.

La questione è stata sollevata dalla L. s.r.l. e, nonostante quest’ultima non conservi interesse al suo esame una volta acclarato il difetto di giurisdizione sull’azione proposta nei suoi confronti, deve essere comunque esaminata, basandosi su documenti agli atti di causa e concernendo una ipotesi di nullità rilevabile di ufficio che si riflette sulla sussistenza di una delle condizioni dell’azione.

La questione, che riguarda l’esatta osservanza delle formalità stabilite per i trasferimenti immobiliari dalla disciplina urbanistica ed edilizia, da un lato, e profili di abusività dell’immobile trasferito, dall’altro, è infondata, per le ragioni di seguito esposte.

3.1 – In base all’art. 46 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, gli atti tra vivi aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici,o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.

Per gli edifici o parti di edifici realizzati tra il 1° settembre 1967 ed il 17 marzo 1985 si applica la analoga previsione contenuta nel primo periodo del secondo comma dell’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che richiede la dichiarazione degli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria (ovvero la produzione di copia della relativa domanda e l’indicazione degli estremi di pagamento delle prime due rate dell’oblazione).

Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, infine, il secondo periodo del medesimo comma consente che in luogo degli estremi della licenza edilizia possa essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante che l’opera risulti iniziata prima di tale data.

Entrambe le leggi prevedono che, qualora le predette indicazioni siano state omesse e tale mancanza non sia dipesa, a seconda dei casi, dall’insussistenza del titolo edificatorio o dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967, a ciò possa ovviare anche una sola delle parti mediante un atto successivo che, redatto nella medesima forma del precedente, contenga la menzione omessa (ovvero rechi in allegato i documenti mancanti) (art. 46, comma 4, d.p.r. 380/01; art. 40, co. 3, legge n. 47/85).

Il primo problema che si pone è se le disposizioni in parola, che riguardano gli atti tra vivi "aventi per oggetto" il trasferimento di diritti reali relativi ad edifici o loro parti, trovino applicazione anche alle operazioni societarie di scissione (o fusione) che importino trasferimento di beni immobili.

In dottrina, l’orientamento prevalente è nel senso di una lettura restrittiva delle disposizioni citate, che troverebbero applicazione ai soli negozi causalmente indirizzati al trasferimento, alla costituzione ed allo scioglimento di diritti reali immobiliari, con esclusione quindi delle operazioni societarie straordinarie in cui la circolazione di diritti reali immobiliari costituirebbe un mero effetto accessorio e riflesso, e non invece la funzione economicosociale dell’atto posto in essere.

Appare, però, preferibile la contrapposta opinione che pone in luce come scopo della legge sia piuttosto quella di sanzionare e dissuadere, con l’incommerciabilità del bene, il fenomeno dell’abusivismo edilizio e che tale finalità finirebbe per essere depotenziata se occorresse volta a volta verificare il profilo causale dell’operazione traslativa, consentendo che le prescrizioni urbanistiche possano essere aggirate attraverso operazioni societarie appositamente costruite.

Nel caso di specie, l’atto di scissione parziale della G. s.r.l., rogato il 15 dicembre 2008, con contestuale costituzione della beneficiaria S.B. s.r.l. si limita, in effetti, ad una generica individuazione del patrimonio immobiliare attribuito alla nuova società.

Peraltro, l’atto di scissione contiene una clausola con cui Vianello Pier Giacomo, legale rappresentante della S.B. (nonché legale rappresentante della G.) era espressamente autorizzato ad intervenire all’atto identificativo necessario alla trascrizione presso i registri immobiliari ed alle volture catastali degli immobili trasferiti alla società beneficiaria della scissione, ed in particolare ad "identificare censuariamente con confini e consistenze i beni in oggetto" e ad "emettere dichiarazioni e produrre documenti, enunciare le menzioni previste dalla legge 28 febbraio 1985, numero 47 e successive modificazioni ed integrazioni, e DPR 6 giugno 2001 numero 380".

Al riguardo, la ricorrente ha prodotto agli atti di causa copia dell’atto identificativo di beni immobili del 23 febbraio 2010, parimenti rogato in forma pubblica, con il quale il legale rappresentate delle due società ha individuato i singoli beni costituenti il patrimonio immobiliare trasferito alla S.B. s.r.l. per effetto della scissione parziale della G. s.r.l., tra cui, per quanto qui interessa, gli immobili siti nel Comune di Antey Saint André, località Fiernaz, rendendo in proposito le prescritte dichiarazioni ex lege 47/85 ed in particolare dichiarando che la costruzione del fabbricato era iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967 e che successivamente è stata rilasciata per la realizzazione di una veranda una concessione edilizia in sanatoria del 27 luglio 1988.

Tale atto, contenendo nella medesima forma le dichiarazioni in origine mancanti, è idoneo ad integrare l’atto di scissione ai sensi e per gli effetti dell’art. 40, co. 3, legge n. 47/85 e dell’art. 46, co. 4, d.p.r. 380/01, sopra richiamati, evitando la nullità, per tale verso, del trasferimento dei beni.

3.2 – Per altro verso, la validità ed efficacia del trasferimento è stata revocata in dubbio in ragione degli abusi edilizi che sarebbero stati commessi nell’immobile trasferito e, precisamente, degli interventi descritti nella documentazione depositata in giudizio il 10 marzo 2011.

Si tratta di opere eseguite in difformità rispetto ad una concessione edilizia rilasciata al precedente proprietario dell’immobile in data 27 luglio 1988, n. 1080, per la esecuzione di lavori di "sistemazione fabbricato di civile abitazione".

Per tali opere la G. s.r.l. ha presentato domanda di concessione edilizia in sanatoria in data 11 novembre 2005, che è stata negata con provvedimento sindacale 24 gennaio 2006, prot. 575; quest’ultimo provvedimento è stato impugnato dall’interessata e, unitamente al presupposto parere della commissione edilizia, annullato con sentenza di questo Tribunale n. 107 del 12 luglio 2007.

Tanto premesso, occorre innanzitutto rammentare che nell’atto identificativo degli immobili trasferiti alla S.B. è stato dichiarato, ai sensi dell’art. 40 della legge 47/85, che la costruzione del fabbricato è iniziata anteriormente al 1° settembre 1967.

La giurisprudenza ha ritenuto che secondo il disposto dell’art. 40 della legge 47/85 gli immobili costruiti in epoca anteriore al 2 settembre 1967 sono liberamente commerciabili, qualunque sia l’abuso edilizio commesso dall’alienante, a condizione che nell’atto pubblico di trasferimento risulti inserita (come appunto nel caso di specie, ancorché in via di integrazione ex art. 40, co. 3, legge 47/85) una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, senza dunque che rilevi, ai fini della legittimità del trasferimento, la mancanza dell’attestazione di conformità della costruzione alla licenza edilizia o la esistenza di una concessione in sanatoria (Cass., sez. II, 20 marzo 2006, n. 6162; Cass., sez. II, 22 agosto 1998, n. 8339).

Costituisce, inoltre, orientamento consolidato quello secondo cui la disposizione sanziona la sola violazione di un obbligo formale, sicché nessuna invalidità deriva al negozio di trasferimento dalla difformità della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione e, in generale, dal difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche (Cass., sez. II, 5 marzo 2009, n. 5422; Cass., sez. II, 7 dicembre 1005, n. 26970; Cass., sez. II, 24 marzo 2004, n. 5898).

Vero è che, secondo un più severo orientamento, sarebbero da considerarsi irregolari e, come tali, non commerciabili i fabbricati, ancorché anteriori al 2 settembre 1967, su cui siano stati realizzati interventi di trasformazione edilizia per i quali è necessario il rilascio della concessione o del permesso di costruire, essendo al riguardo sufficiente che l’opera abbia subito modifiche nella sagoma o nel volume rispetto a quello preesistente (Cass., sez. II, 7 gennaio 2010, n. 52, con riferimento alla realizzazione di una veranda in epoca successiva al 1967).

Sennonché, nel caso in esame non risulta provato agli atti del presente giudizio che le opere realizzate sul preesistente edificio, per la loro consistenza sotto il profilo sia funzionale che volumetrico, ne abbiano modificato la sagoma ovvero determinato un incremento di volumetria tale da sottrarle all’ambito di quelle soggette al regime dell’assenso meramente autorizzativo di cui all’art. 10 legge 47/85 all’epoca vigente.

Quanto alla veranda realizzata sul fabbricato, essa è stata oggetto di apposita concessione edilizia in sanatoria del 27 luglio 1988, come dichiarato nell’atto di individuazione dei beni trasferiti in sede di scissione.

Per tali ragioni va riconosciuta la legittimazione a ricorrere della società S.B., quale avente causa della G. s.r.l.

4. – Può, a questo punto, passarsi all’esame delle domande proposte dalla ricorrente nei confronti del Comune.

La ricorrente, in via principale, ha chiesto, innanzitutto, la condanna dell’amministrazione comunale a demolire la sopraelevazione del fabbricato alberghiero "Residence Bellevue" della L. s.r.l. edificata in forza della concessione edilizia n. 2317 del 22 settembre 2004 che, come si è detto, è stata annullata in sede giurisdizionale.

Nonostante tale domanda sia stata qualificata nel ricorso introduttivo come domanda di risarcimento in forma specifica, si tratta non di una istanza risarcitoria, ma di ottemperanza alla sentenza di annullamento del titolo edilizio e al conseguente obbligo dell’amministrazione di conformarsi al giudicato.

Posto, infatti, che spetta al giudice il potere di qualificare l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali (cfr. ora art. 32, co. 2, c.p.a.), nel caso in esame è agevole rilevare che il fatto dedotto a fondamento dell’azione contro l’amministrazione (la causa petendi) non è costituito solo dall’avere illegittimamente assentito i lavori di sopraelevazione, ma anche dall’avere omesso di ordinarne la demolizione a seguito ed in esecuzione della sentenza n. 109 del 2005 di questo Tribunale (pag. 7 del ricorso introduttivo), e che sotto tale luce deve essere interpretata la richiesta di un provvedimento di condanna alla riduzione in pristino (il petitum dell’azione), la quale, nel caso dell’amministrazione, passa necessariamente attraverso l’adozione di una ordinanza di demolizione.

Anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 104/10, merita invero condivisione la ricostruzione sistematica per la quale l’adozione da parte dell’amministrazione di un determinato atto amministrativo attiene più ai profili di adempimento e di esecuzione che non a quelli risarcitori (C.d.S., sez. VI, 31 maggio 2008, n. 2622) e, nel caso di specie, ciò di cui l’odierna ricorrente, in definitiva, si duole è che il Comune di Antey Saint André, a fronte delle richieste di dare esecuzione alla sentenza, si sarebbe limitato a diffidare la L. s.r.l. a ripristinare lo stato dei luoghi, prorogando ripetutamente il termine concesso e non assumendo, dopo la sua scadenza, alcuna iniziativa per ripristinare la situazione di legalità (cfr. memoria dell’11 maggio 2011).

D’altronde, se è vero che il giudice, nell’esercizio del potere di qualificazione, deve non interferire col potere dispositivo delle parti e non alterare nessuno degli elementi obiettivi di identificazione della azione, è altresì vero che la stessa ricorrente ha da ultimo espressamente chiesto che, sussistendone tutti i requisiti di forma e di sostanza, l’azione proposta sia qualificata come azione per ottenere l’ottemperanza alla sentenza n. 109 del 2005 cit. (cfr. memoria del 25 maggio 2011).

Per tali ragioni, l’azione in esame, proposta in via ordinaria, deve essere convertita in azione di ottemperanza; tuttavia, poiché ad essa è connessa una domanda in via principale di risarcimento del danno patrimoniale subìto nelle more, resta ferma l’applicazione al processo del rito ordinario, ai sensi dell’art. 32, co. 1, c.p.a.

5. – Nel merito, la domanda deve essere accolta, non avendo l’amministrazione comunale dato esecuzione alla sentenza di annullamento della concessione edilizia n. 2317 del 22 settembre 2004.

L’annullamento della concessione, determinando una situazione di illegittimità della sopraelevazione realizzata sulla sua base, ha comportato sul piano degli effetti conformativi l’obbligo della amministrazione di determinarsi in merito alla sua sorte: imponendo – se l’opera non dovesse essere assentibile in sanatoria – la restituzione in pristino dell’immobile, ove possibile, ovvero l’applicazione di una sanzione pecuniaria pari al valore venale dell’opera abusiva, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 82 della l.r. 6 aprile 1998, n. 83, e dall’art. 38 DPR 6 giugno 2001, n. 380.

Già in passato questo Tribunale ha avuto occasione di chiarire che quando un intervento edilizio è stato realizzato sulla base di un titolo poi rimosso in sede giurisdizionale, se l’annullamento è avvenuto per insanabile conflitto col regime normativo di riferimento l’amministrazione comunale è tenuta ad adottare provvedimenti a carico dell’autore dell’intervento, disponendo in primo luogo la riduzione in pristino oppure, quando ciò è impossibile, la predetta sanzione pecuniaria, con disciplina meno grave rispetto a quella riguardante opere eseguite in assenza di titolo in ragione dell’affidamento riposto dall’interessato sulla legittimità del provvedimento autorizzatorio successivamente annullato (TAR Valle d’Aosta, 12 febbraio 2010, n. 12).

Ciò non risulta essere avvenuto, essendo incontrastata in giudizio l’affermazione della ricorrente secondo cui il Comune di Antey Saint André si sarebbe limitato semplicemente a diffidare la L. s.r.l. al ripristino dello stato dei luoghi (note prot. 3544 del 26 giugno 2009 e prot. 1779 del 29 marzo 2010, versate agli atti di causa) senza poi procedere, dopo l’inutile scadenza del termine concesso, all’adozione dei conseguenti provvedimenti di cui all’art. 77 della l.r. 11/98.

Deve aggiungersi che il Comune non risulta neppure avere esitato la domanda di sanatoria "per sistemazione e ampliamento Residence Bellevue" che la L. ha presentato in data 15 luglio 2010.

In accoglimento della domanda, deve perciò ordinarsi al Comune di Antey Saint André di ottemperare alla sentenza di questo Tribunale n. 109 del 18 ottobre 2005 entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa, ovvero dalla notifica a cura di parte, se anteriore, della presente decisione.

In particolare, il Comune dovrà preliminarmente valutare se, alla luce delle disposizioni vigenti, la istanza di concessione in sanatoria presentata dalla L. s.r.l. possa essere accolta; qualora ciò non sia possibile, dovrà, previa rituale conclusione del procedimento aperto con la predetta istanza, ordinare il ripristino dello stato dei luoghi ovvero, se il ripristino sia impossibile, comminare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. dall’art. 82 della l.r. 83/98.

Resta fermo che, decorso inutilmente il predetto termine, su istanza di parte potrà provvedersi alla nomina giudiziale di un commissario ad acta affinché si sostituisca all’amministrazione inadempiente.

6. – La ricorrente ha altresì chiesto il risarcimento del danno per maggiori spese di riscaldamento e per deprezzamento dell’immobile per perdita di panorama, relativamente a tutto il periodo di mantenimento della sopraelevazione.

La domanda non può essere accolta.

La ricorrente non ha, infatti, provato l’asserito maggior utilizzo dell’impianto di riscaldamento e dell’impianto di illuminazione, che pure avrebbe potuto agevolmente dimostrare, ad esempio, con la produzione di bollette di data anteriore e di data posteriore a quella di costruzione della sopraelevazione, né al mancato assolvimento dell’onere della prova (che trova integrale applicazione in tutti i casi nei quali siano nella piena disponibilità della parte gli elementi atti a sostenere la fondatezza della domanda giudiziale azionata) si può sopperire con la consulenza tecnica richiesta dalla ricorrente, giacché la consulenza tecnica di ufficio ha di norma la funzione di fornire al giudice la valutazione dei fatti già probatoriamente acquisiti, e può costituire fonte oggettiva di prova soltanto quando si risolva anche in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili soltanto con ricorso a determinate cognizioni tecniche (tra le quali, evidentemente, non rientrano le maggiori spese in tesi sopportate per il minor irraggiamento solare).

La documentazione fotografica dei danni che sarebbero stati prodotti dall’umidità all’interno dell’appartamento della ricorrente, prodotta in giudizio in data 3 maggio 2011, nulla prova in proposito, non solo perché si tratta di fotografie di cui non è nota l’epoca di realizzazione, ma anche in quanto esse non attengono alle voci di danno di cui si chiede il ristoro.

Per quanto riguarda, poi, l’asserito danno da deprezzamento per la perdita di panorama, esso non risulta essersi concretizzato, allo stato, in alcuna effettiva lesione patrimonialmente apprezzabile, posto che la ricorrente non ha, nelle more, alienato l’immobile ad un prezzo inferiore né ha allegato alcuna perdita di occasioni contrattuali favorevoli in ragione del mutato stato di fatto.

Può incidentalmente osservarsi, a tale proposito, che il consolidarsi o meno del pregiudizio lamentato potrà essere apprezzato, anche sotto il profilo della sua ingiustizia, all’esito della adozione dei provvedimenti conseguenti alla più volte richiamata sentenza di annullamento del titolo edificatorio della L..

7. – L’accoglimento della domanda principale esonera, infine, dall’esame della domanda subordinata di risarcimento per equivalente della diminuzione complessiva di valore del fabbricato, quantificato dalla ricorrente in Euro 91.200,00.

8. – In conclusione, per le ragioni tutte sin qui esposte, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario sulle domande proposte nei confronti della L. s.r.l., mentre, per ciò che concerne le domande nei confronti del Comune di Antey Saint André, deve essere accolta la domanda principale di "risarcimento in forma specifica", previa conversione della stessa in domanda di ottemperanza, ordinando per l’effetto all’amministrazione comunale di ottemperare alla sentenza di questo Tribunale n. 109 del 18 ottobre 2005 con le modalità innanzi precisate, ed al contrario respinta la domanda di risarcimento del danno subito nel periodo di mantenimento della sopraelevazione del fabbricato.

8. – La novità e complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite, fermo il rimborso del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 2/2011), così provvede:

– dichiara il difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario sulle domande proposte nei confronti della L. s.r.l., compensando nei suoi confronti le spese di giudizio;

– previa sua conversione, accoglie la domanda di ottemperanza e, per l’effetto, ordina al Comune di Antey Saint André di ottemperare, nei sensi di cui in motivazione, alla sentenza di questo Tribunale n. 109 del 18 ottobre 2005 entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa, ovvero dalla notifica a cura di parte, se anteriore, della presente decisione;

– respinge la domanda di risarcimento del danno, proposta nei confronti del Comune di Antey Saint André, per il periodo di mantenimento della sopraelevazione del fabbricato.

Compensa le spese di giudizio tra la ricorrente S.B. s.r.l. ed il Comune di Antey Saint André, fermo, a carico di quest’ultimo, il rimborso del contributo unificato come per legge.

Manda alla Segreteria per la comunicazione alle parti della presente sentenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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